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CAPITOLO V.

zogna (15): e Aristotile pare ciò sentire, chi esso è chiamato uno Cielo, e dinominansi l'ubene lo 'ntende, nel primo di Cielo e Mon-no e l'altro dalla Stella. Come gli altri Cieli do. Questo è il sovrano edificio (16) del e le altre stelle sieno non è al presente da Mondo, nel quale tutto il Mondo s' inchiu- trattare; basti ciò ch'è detto della verità del de; e di fuori dal quale nulla è, ed esso non terzo Cielo, del quale al presente intendo, è in luogo (17), ma formato fu solo nella e del quale compiutamente (38) è mostrato prima Mente, la (18) quale li Greci dicono quello che al presente n'è mestiere. Protonoe (19). (20) Questa è quella magnificenza, della quale parlò il Salmista quando dice a Dio: «Levata è la magnificenza tua sopra li Cieli. » E così ricogliendo ciò che Poich' è mostrato nel precedente Capitolo ragionato è, pare che dieci Cieli siano (21), quale è questo terzo Cielo, e come in sè mede' quali quello di Venere sia (22) il terzo, desimo è disposto, resta a dimostrare chi sodel quale si fa menzione in quella parte che no questi che 'l muovono. E adunque da samostrare intendo. Ed è da sapere che ciascu- pere primamente (1), che li movitori di quelno Cielo, di sotto del Cristallino, ha due poli lo sono sustanze separate da materia, cioè fermi, quanto a sè. e lo nono gli ha fermi e Intelligenze, le quali la volgare gente chiamafissi e non mutabili, secondo alcuno rispet-no (2) Angeli: e di queste creature, siccome to: e ciascuno, sì lo nono, come gli altri, delli Cieli, diversi diversamente hanno senhanno un cerchio, che si puote chiamare tito: avvegnachè la verità sia trovata (3). FuEquatore del suo Cielo propio; il quale egual-rono certi filosofi, de' quali pare essere Arimente in ciascuna parte della sua revolu- stotile nella sua Metafisica (avvegnachè nel zione è rimoto dall' uno polo e dall' altro, co-primo di Cielo e Mondo incidentemente paia me (23) può sensibilmente vedere chi vol- sentire altrimenti), che (4) credettero solage un pomo, od altra cosa tonda (24). E mente essere tante queste (5), quante cirquesto cerchio ha più rattezza (25) nel muo- colazioni fossero nelli Cieli, e non più; divere, che alcuna parte del suo Cielo, in cia- cendo che l'altre sarebbono state eternalscuno Cielo, come può vedere chi bene con-mente indarno, sanza operazione (6); ch'esidera: e ciascuna parte, quant' ella è più ra impossibile, conciossiacosachè il loro espresso ad esso, tanto più rattamente (26) si sere sia (7) loro operazione (8). Altri furomuove; quanto più (27) rimota e più pres-no, siccome Plato (9) uomo eccellentissimo, so al polo, più è tarda, perocchè la sua re- che puosono (10) non solamente tante Involuzione è minore, e conviene essere in uno telligenze, quanti sono li movimenti del Ciemedesimo tempo di necessitade colla maggio-lo, ma eziandio quante sono le spezie delle re (28). (29) Dico ancora, che quanto il Cie- cose, cioè le maniere delle cose; siccome lo è più presso al cerchio Equatore, tanto è una spezie tutti gli uomini, e un'altra tutto più nobile per comparazione alli suoi poli(30); l'oro, e un' altra tutte le larghezze (11), e perocchè ha più movimento e più attualitade così di tutto: e vollero, che siccome le Ine più vita (31) e più forma, e più tocca di telligenze de' Cieli sono generatrici di quelquello che è sopra sè, e per conseguente più li (12), ciascuna del suo; così queste fossevirtuoso. Onde le stelle del Cielo stellato so- ro generatrici dell' altre cose, ed esempli no più piene di virtù tra loro, quanto più ciascuna della sua spezie (13): e chiamale sono presso a questo cerchio. E in sul dosso Plato Idee, ch'è tanto a dire, quanto fordi questo cerchio nel Cielo di Venere, del me e nature universali. Li Gentili le chiaquale al presente si tratta, è una speretta che mano Dei e Dee; avvegnachè non così filoper sè medesima in esso Cielo si volge; lo soficamente intendessero quelle, come Placerchio della (32) quale gli Astrologi chiama- to: e adoravano le loro immagini, e facevano no epiciclo (33): e siccome (34) la grande loro grandissimi templi, siccome a Giuno, la spera due poli volge, così questa piccola: e quale dissero Dea di potenza; siccome a Vulcosì ha (35) questa piccola lo cerchio Equa-cano, lo quale dissero Dio del fuoco; siccotore: e così è più nobile, quanto è più pres-me a Pallade, ovvero Minerva, la quale disso di quello: è in su l'arco, ovver dosso di sero Dea di sapienza; ed a Cerere, la quale questo cerchio è fissa la lucentissima Stella dissero Dea della biada. Le quali cose e opidi Venere. E avvegnachè detto sia essere nioni manifesta la testimonianza de' Poeti, dieci Cieli, secondo la stretta verità questo che ritraggono (14) in parte alcuna lo monumero non li comprende tutti; chè questo do (15) de' Gentili e ne' sacrificii e nella lore di cui è fatta menzione cioè l'epiciclo, nel fede; e anche si manifesta in molti nomi anquale è fissa la Stella, è uno Cielo per sè, ov- tichi rimasi o per nomi o per soprannomi vero spera; e non ha una essenza con quel-alli luoghi e antichi edificii, come può bene lo (36) che'l porta, avvegnachè più sia con- ritrovare chi vuole. E avvegnachè per ragio naturale (37) ad esso che agli altri, e con ne umana queste opinioni di sopra fossono

fornite (16) e per isperienza (17) non lieve, | verchia gli occhi della mente umana, siccola verità ancora per loro (18) veduta non me dice il Filosofo nel secondo della Metafu e per difetto di ragione, e per difetto d' am- fisica, (43) ed afferma loro essere; poichè maestramento; chè pur per ragione (19) ve- non avendo di loro alcuno senso, dal quale der si può in molto maggior numero essere cominci (44) la nostra conoscenza, pure rile creature sopraddette, che non sono gli splende nel nostro intelletto alcuno bene effetti (20) che gli uomini possono intende- della vivacissima loro essenza, in quanto vere. E l'una ragione è questa: Nessuno du- demo le sopraddette ragioni e molte altre, bita, nè Filosofo, nè Gentile, nè Giudeo, nè siccome afferma (45), chi ha gli occhi chiusi, Cristiano, nè (21) d' alcuna setta, che el- l'aere essere luminosa per un poco di splenle (22) non sieno piene di tutta beatitudi- dore, (46) o come raggio che passa per le o tutte o la maggior parte (23); e che pupille del vispistrello; chè non altrimenti quelle beate non sieno in perfettissimo stato. sono chiusi li nostri occhi intellettuali, menOnde, conciossiacosachè quella che è qui l'u-tre che l'anima è legata e incarceratá (47) mana natura, non pure una beatitudine ab- per gli organi del nostro corpo.

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CAPITOLO VI.

Detto è, che, per difetto d'ammaestramento, gli antichi la verità non videro delle creature spirituali, avvegnachè quello popolo d'I

bia, ma due; siccome quella della vita civile, e quella della contemplativa; irrazionale sarebbe se noi vedessimo (24) quelle (25) avere beatitudine della (26) vita attiva, cioè civile, nel governo (27) del mondo, e non avessero quella della contemplativa, la quale è più eccellente e più divina. E conciossia-srael fosse in parte da' suoi Profeti ammaecosachè quella (28) che ha la beatitudine strato, nelli quali per molte maniere di parladel governare, non possa (29) l' altra ave- re e per molti modi Dio avea lor parlato, sicre, perchè lo 'ntelletto loro è uno e perpe- come l'Apostolo dice. Ma noi semo di ciò amtuo (30), conviene essere altre di fuori di maestrati da Colui che venne da Quello (1) : questo ministerio, che solamente vivano spe- da Colui che le fece (2), da colui che le conculando. E perchè questa vita (31) è più serva, cioè dallo 'mperadore dell'Universo divina, e quanto la cosa è più divina, è più che è Cristo, figliuolo del sovrano Iddio, e fidi Dio simigliante, manifesto è che questa gliuolo di Maria Vergine, (femmina veramenvita è da Dio più amata; e s' ella è più amata, te, e figlia di Giovacchino e d'Anna (3), ) uopiù le è la sua beatanza (32) stata larga; e mo vero (4), il quale fu morto da noi perchè se più l'è stata larga, più viventi l'ha da- ci recò vita: il quale fu luce che allumina noi to, che all' altra (33); per che si conchiu- nelle tenebre, siccome dice Giovanni Evangede, che troppo maggior numero sia quello lista; e disse a noi la verità di quelle cose che di quelle creature, che gli effetti non dimo- noi sapere sanza lui non potevamo, nè vedere strano. E non è contro a quello che pare di- veramente. La prima cosa e'l priino segreto re Aristotile nel decimo dell' Etica, (34) che che ne mostrò, fu una delle creature predetalle sustanze separate convegna pure la spe- te: ciò fu quel suo grande Legato (5), che culativa vita; come che pure l'attiva conve- venne a Maria giovinetta donzella di tredici gna loro. Pure alla speculazione di certe se- anni, da parte del Senatore celestiale. Questo gue la circolazione del Cielo, che è del Mon- nostro Salvatore colla sua bocca disse, che'l do governo; il quale è quasi una ordinata ci- Padre gli potea dare molte legioni d'Angioli. vilitade intesa nella speculazione delli mo- Questi non negò, quando detto gli fu chel tori (35). L'altra ragione si è, che nullo ef- Padre aveva comandato agli Angeli che gli fetto è maggiore della cagione; perocchè la ministrassero e servissero. Per che manifesto cagione non può dare quello che non ha (36); è a noi quelle creature essere (6) in lunghisonde, conciossiacosache 'l divino 'ntelietto sia simo numero; perocchè la sua sposa e secrecagione di tutto, massimamente dello intel-taria Santa Chiesa (della quale dice Salomone: letto umano, che l'umano quello non soper- « Chi è questa che ascende dal diserto, piena chia, ma da esso è improporzionalmente so- » di quelle cose che dilettano, appoggiata soperchiato; dunque se noi, per la ragione di sopra, e per molt' altre, intendiamo Dio avere potuto fare innumerabili quasi creature spirituali, manifesto è lui (37) aver fatto questo maggior numero (38). Altre ragioni si possono vedere assai; ma queste bastino al presente. Nè si maravigli alcuno, se queste (39) e altre ragioni, che di ciò avere potemo, non sono del tutto dimostrate (40); chè però medesimamente dovemo ammirare (41) loro eccellenza (42), la quale so

» pra l'amico suo?») dice, crede e predica quelle nobilissime creature quasi innumerabili: e partele per tre (7) Gerarchie, ch'è a dire, tre Principati santi, ovvero divini: e ciascuna Gerarchia ha tre Ordini,sicchè nuovi Ordini di creature spirituali la Chiesa tiene e afferma. Lo primo è quello degli Angeli; lo secondo degli Arcangeli; lo terzo de'Troni; e questi tre Ordini fanno la prima Gerarchia non prima quanto a nobiltà, non a creazione (che più sono l'altre nobili, e tutte furono insieme crea

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muove, seguendo il movimento della stellata spera, da Occidente a (30) Oriente, in cento anni uno grado. Sicchè a questi tre movimenti sono tre movitori. Âncora si muove tutto questo cielo, e rivolgesi coll' epiciclo,

te), ma prima quanto al nostro salire a loro mare (25), secondo la loro disposizione. E altezza (8). Poi sono le Dominazioni; appresso perchè gli antichi s'accorsono che quel cielo le Virtuti; poi li Principati; e questi fanno la era quaggiù cagione d'Amore, dissono Amoseconda Gerarchia. Sopra questi sono le Po- re essere figliuolo di Venere; siccome testitestati e li Cherubini, e sopra tutti sono li Se-monia Virgilio nel primo dell' Eneida, ove rafini; e questi fanno la terza Gerarchia. Ed è dice Venere ad Amore: Figlio, virtù mia, potissima (9) ragione della loro speculazio- figlio del sommo Padre, che li dardi di Tine (10), e il numero in che sono le Gerarchie feo (26) non curi. E Ovidio, nel quinto di e quello in che sono gli Ordini. Chè, concios- Metamorfoseos, quando dice che Venere dissiachè la Maestà Divina sia in tre Persone,che se ad Amore: Figlio, armi mie, potenza hanno una sostanza, di loro si puote triplice-mia (27). E sono questi Troni, che al gomente contemplare. Chè si può contemplare verno di questo Cielo sono dispensati (28), in della potenza somma del Padre, la quale mira numero non grande, del quale per li Filola prima Gerarchia, cioè quella che è prima sofi e per gli Astrologi diversamente è senper nobiltade, e ch'ultima (11) noi annoveria- tito, secondochè diversamente sentiro delle ino: e puotesi contemplare la somma sapien- sue circolazioni; (29) avvegnachè tutti siano za del Figliuolo; e questa mira la seconda Ge- accordati in questo, che tanti sono, quanti rarchia e puotesi contemplare la somma e movimenti esso fa; li quali, secondochè nel ferventissima carità dello Spirito Santo; e que-Libro dell' aggregazione delle Stelle epilo sta mira la terza Gerarchia, la quale più pro-gato si trova dalla migliore dimostrazione depinqua a noi porge delli doni ch' essa riceve. gli Astrologi, sono tre. Uno, secondochè la E conciossiacosachè ciascuna Persona nella Stella si muove verso lo suo epiciclo; l'alDivina Trinità triplicemente si possa conside-tro, secondochè lo epiciclo si muove con rare, sono in ciascuna Gerarchia tre Ordini tutto il cielo ugualmente con quello del Soche diversamente contemplano. Puotesi con-le; il terzo, secondochè tutto quel cielo si siderare (12) il Padre, non avendo rispetto se non ad esso; e questa contemplazione fanno li Serafini, che veggiono più della prima Cagione, che nulla Angelica natura. Puotesi considerare il Padre, secondochè ha relazione al Figliuolo, cioè come da lui si parte, e co-da Oriente in Occidente, ogni di naturale me con lui (13) si unisce; e questo contem- una fiata; lo quale movimento, se esso è da plano li Cherubini. Puotesi ancora considera- Intelletto alcuno (31), o se esso è dalla rare il Padre, secondochè da lui procede lo pina del primo mobile, Iddio lo sa, chè a Spirito Santo, e come da lui si parte, e come con lui si unisce; e questa contemplazio-vitori muovono, solo intendendo (32), la cirme pare presuntuoso a giudicare. Questi mone fanno le Potestadi. E per questo modo si colazione in quello suggetto propio che ciapuote speculare (14) del Figliuolo e dello Spi- scuno muove. La forma nobilissima del cierito Santo. Per che convengono essere novelo, che ha in sè principio di questa natura maniere di Spiriti contemplanti (15), a mira-passiva (33), gira toccata da virtù motrire nella Luce (16) che sola sè medesima vede compiutamente (17). E non è qui da tace-non corporalmente, per tanto (35) di virtù, ce (34) che questo intende: e dico toccata, re una parola. Dico, che di tutti questi Ordi- la quale si dirizza in quello. E questi moni si perderono alquanti tosto che furono crea-vitori sono quelli, alli quali s'intende di ti, forse in numero della decima parte; alla parlare, ed à cui io fo (36) mia domanda. quale restaurare fu l'umana natura poi creata. Li numeri, gli Ordini, le Gerarchie narrano li cieli mobili, che sono nove (18); e'l decimo annunzia essa unitade e stabilitade di Dio. E però dice il Salmista: « I cieli narra» no la gloria di Dio, e l'opera delle sue ma» ni annunzia (19) lo firmamento. » Per che ragionevole è (20) credere che li movitori del c'elo della Luna siano dell'Ordine degli Angeli; e quelli di Mercurio siano gli Arcangeli; e quelli di Venere siano li Troni, (21) li quali, naturati dell'Amore del Santo Spirito (22), fanno la loro operazione connaturale ad esso (23), cioè lo movimento di quello cielo pieno d'Amore; dal quale (24) prende la forma del detto cielo uno ardore virtuoso, per lo quale le anime di quaggiù s'accendono ad a

CAPITOLO VII.

questo Trattato si disse, a bene intendere Secondochè di sopra nel terzo Capitolo di la prima parte della proposta Canzone convenia ragionare di quelli Cieli, e de' loro motori; e (1) nelli tre precedenti Capitoli è ragionato. Dico adunque a quelli (2) ch' io mostrai (3) che sono movitori del cielo di Venere: Voi, che intendendo, ( cioè collo 'ntelletto solo, come detto è di sopra ) il terzo ciel movele, Udite il ragionar; e non dico udite, perch' egli odano alcuno suono; ch' elli non hanno senso; ma dico udite, cioè, con quello udire ch' elli hanno, che è intendere per intelletto. Dico: Udite il ragio

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TRATTATO II.

CAPITOLO VIII.

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nar ch'è nel mio core, cioè dentro da me, ma (28) sentenza della mente, cioè lo sentichè ancora non è di fuori apparito. (4) È da mento, si tenea per questo pensiero che (29) sapere che in tutta questa Canzone, secon- la memoria aiutava, chiamo lui anima, e do l'uno senso e l'altro(5), il cuore si pren- l'altro spirito; siccome chiamare solemo la e non per altra cittade (30) quelli che la tengono de per lo secreto dentro spezial parte dell' anima e del corpo. Poi (6) quelli che la combattono; avvegnache l'uno e l'altro sia cittadino. Dico anche, che quegli ho chiamati a udire quello che dire voglio, assegno due ragioni, per che io con- sto spirito viene per li raggi della stella ; venevolmente deggio (7) loro parlare: l' una perchè sapere si vuole che li raggi di ciasi è la novità della mia condizione (8), la scuno cielo sono la via per la quale discenquale, per non essere dagli altri uomini sperde la loro virtù in queste cose di quaggiù. (31) la (9), non sarebbe così da loro intesa, co- E perocchè i raggi non sono altro che un me da coloro che 'ntendono i loro effetti nel-lume che viene dal principio della luce per la loro operazione(10). E questa ragione toc-l'aere insino alla cosa illuminata, e luce non co quando dico: Ch'io nol so dire altrui, sia se non nella parte della stella, perocsi mi par nuovo. L'altra ragione è: Quan- che l' altro cielo è diafano (cioè trasparendo l' uomo riceve beneficio, ovvero ingiuria, te (32)), non dico che venga questo spiriprima dee (11) quello retraere a chi gliele to (cioè questo pensiero) dal loro cielo in fa, se può, che ad altri; acciocchè se egli è tutto (33), ma dalla loro stella; la quale per beneficio (12), esso, che lo riceve, si mostri la nobiltà delli suoi movitori è di tanta virconoscente vêr (13) lo benefattore; e s'el-tute, che nelle nostre anime e nell' altre nol'è (14) ingiuria, induca lo fattore (15) a buo-stre cose ha grandissima podestà, non ostanna misericordia colle dolci parole. E questa te che ella ci sia lontana, qualvolta più (34) ragione tocco quando dico Il ciel, che segue ci è presso, cento sessanta sette volte tanto lo vostro valore, Gentili Creature che voi quanto è più al mezzo della terra, che ci sete, Mi tragge nello stato ov' iv mi trovo; ha di spazio tremila dugento cinquanta micioè a dire: l'operazione vostra, cioè la voglia. E questa è la litterale sposizione della stra circulazione, è quella che m' ha tratto prima parte della Canzone. nella presente condizione: perciò conchiudo e dico, che 'l mio parlare a loro dee essere (16) siccom'è detto; e questo dico qui: Inteso può essere sufficientemente, per le Onde 'l parlar della vita, ch'io provo, Par che si drizzi degnamente a vui. E dopo prenarrate parole, della litterale sentenza delqueste ragioni assegnate, prego loro dello la (1) prima parte; per che alla seconda è da intendere quando dico: Però vi priego che lo intendere, nella quale si manifesta quello che m' intendiate (17). Ma perchè in ciascuna dentro io sentia della battaglia. E questa parmaniera di sermone lo dicitore massimamente ha due divisioni (2): chè in prima, cioè te dee intendere alla persuasione, cioè al nel primo verso, narro la qualità di queste l'abbellire(18) dell'audienza, siccome(19)quel- diversità (3), secondo la loro radice ch'era la ch'è principio di tutte l'altre persuasio- dentro a me; poi narro quello che diceva (4) ni, come li Rettorici fanno (20), e potentis-l'una e l'altra diversità. E però prima quello sima persuasione sia (21), a rendere l'udi- che dicea la parte che perdea: ciò è nel vertore attento, promettere di dire nuove e gran- so ch'è il secondo di questa parte, e 'l terdiose cose (22), seguito io alla preghiera fat-zo (5) della Canzone. (6) Ad evidenza dunque ta dell'audienza questa persuasione, cioè (23) della scienza della prima divisione (7) è da abbellimento, annunziando loro la mia inten- sapere che le cose deono essere denominate zione, la quale è di (24) dire nuove cose, dall'ultima nobiltà della loro forma (8); siccome l'uomo dalla ragione, e non dal senso, cioè la divisione che è nella mia anima; e cioè lo valore della loro stella: nè da altro che sia meno nobile; onde quangran cose, e questo dico in quelle ultime parole di que-do si dice l'uomo vivere, si dee intendere, sta prima parte: Io vi dirò del cor la no-l'uomo usare la ragione; ch'è sua spezial vivitale, Come l'anima trista piange in lui; ta, ed atto della sua più nobile parte (9). E E come un spirto contra lei favella, Che però chi dalla ragione si parte, e usa pur (10) rien pe' raggi della vostra stella. E a pie-la parte sensitiva, non vive uomo, ma vive no intendimento di queste parole, dico che bestia (11); siccome dice quello eccellentisquesto (25) non è altro che uno frequentesimo Boezio: «< asino vive » (12). Dirittamente pensiero a questa (26) donna commendare e abbellire; e questa anima non è altro che un altro pensiero, accompagnato di consentimento, che repugnando a questo (27), commenda é abbellisce la memoria di quella gloriosa Beatrice. Ma perocchè ancora l'ulti

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dico (13), perocchè il pensiero è propio atto della ragione, perchè le bestie non pensano, che non l'hanno; e non dico pur delle minori bestie, ma di quelle che hanno apparenza umana, e spirito di pecora, o d'altra bestia abbominevole. Dico adunque, che vita

del mio cuore, cioè del mio dentro, suole es- | Amore (1), e la diversità che mi combatter, sere un pensiero soave (soave è tanto, quanto procedere si conviene ad aprire la sentenzia suaso, cioè abbellito, dolce, piacente, diletto di quella parte (2), nella quale contendono so (14)), questo pensiero (15) che se ne gìa in me diversi pensamenti. Dico che prima si spesse volte a'piè del Sire di costoro, a cui conviene dire della parte dell'anima, cioè delio parlo, ch'è Iddio; ciò è dire, ch'io pen- l'antico pensiero (3), e poi dell' (4) altro, per sando contemplava lo regno de' Beati. E dico questa ragione, che sempre quello che masla final cagione incontamente, perchè lassù simamente dire intende lo dicitore (5), si dee io saliva pensando, quando dico: Ove una riservare di dietro; perocchè quello che uldonna gloriar vedia, a dare a intendere timamente si dice, più rimane nell'animo delch'io (16) era cerlo, e sono per sua graziosa l'uditore. Onde (6) conciossiacosachè io inrevelazione, che ella era in Cielo; onde io tenda più a dire e ragionare quello che l'opensando spesse volte come possibile m'e- pera di costoro, a cui io parlo, fa, che essa disra (17), me n'andava quasi rapito. Poi sus-fa, ragionevole fu prima dire è ragionare le seguentemente dico l'effetto di questo pensiero, a dare a intendere la sua dolcezza, la quale era tanta, che mi facea disioso della morte, per andare là dov'elli gia (18); e ciò dico quivi: Di cui parlava a me si dolcemente, Che l'anima dicea: i'men vo' gire. E questa è la radice dell'una delle diversitadi, ch'era in me. Ed è da sapere (19) che qui si dice pensiero, e non anima, di quello che salia a vedere quella beata, perchè era spezial pensiero a quell'atto. l'anima s'intende, come detto è nel precedente Capitolo, per lo general pensiero col consentimento. Poi, quando dico: Or apparisce chi lo fa fuggire, narro la radice dell'altra diversità, dicendo siccome questo pensiero di sopra suole essere vita di me, così un altro apparisce, che fa quello (20) cessare. Dico fuggire, per mostrare quello essere contrario, chè naturalmente l'uno contrario fugge l'altro; e quello che fugge, mostra per difetto di virtù fuggire. E dico che questo pensiero, che di nuovo apparisce, è poderoso in prendere me, e in vincere l'anima tutta, dicendo che esso signoreggia si, che il cuore, cioè il mio dentro, trema (21), e 'l mio di fuori lo mostra (22) in alcuna nuova sembianza. Susseguentemente mostro la potenzia di questo pensiero nuovo per suo effetto, dicendo che esso mi fa mirare una donna, e dicemi parole di lusinghe, cioè ragiona dinanzi agli occhi (23) del mio intelligibil affetto (24) per meglio inducermi, impromettendomi che la vista degli occhi suoi è sua salute (25). E a meglio fare ciò credere all'anima sperta (26), dice che non è da guardare negli occhi di questa donna per persona che tema angoscia di sospiri (27). Ed è bel modo rettorico, quando di fuori (28) pare la cosa disabellirsi (29), e dentro veramente s'abbellisce. Più non potea questo nuovo pensiero d'Amore inducere la mia mente a consentire, che ragionare della virtù degli occhi di costei profondamente (30).

condizioni della parte che si corrompea (7), e poi quella dell' altra che si generava. Veramente qui nasce un dubbio, il quale non è da trapassare sanza dichiarare. Potrebbe dire alcuno: Conciossiacosachè amore (8) sia effetto di queste Intelligenze (a cui io parlo), e quello di prima (9) fosse amore, così come questo di poi (10), perchè la loro virtù corrompe l'uno, e l'altro genera? (conciossiacosachè (11) innanzi dovrebbe (12) quello salvare, per la ragione, che ciascuna cagione ama lo suo effetto; e amando quello (13), salva quell' altro.) A questa quistione si può leggiermente rispondere, che lo effetto di costoro è amore, come è detto; e (14) perocchè salvare nol possono se non in quelli suggetti che sono sottoposti a loro circulazione, esso trasmutano (15) di quella parte ch'è fuori di loro potestà, in quella che v'è dentro, cioè dell' anima partita d'esta vita, in quella ch'è in essa (16); siccome la natura umana trasmuta nella forma umana la sua conservazione (17) di padre in figlio, perchè non può (18) esso padre perpetualmente col suo effetto conservare; dico effetto, in quanto l'anima col corpo, congiunti, sono effetto (19) di quella che perpetualmente dura, che e', partita, in natura più che umana (20): e così è soluta la quistione (21). Ma perocchè della immortalità dell'anima è qui toccato, farò una digressione, ragionando di quella; perchè di quella ragionando, sarà bello terminare lo parlare di quella viva Beatrice beata, della quale più parlare (22) in questo libro non intendo. Per proponimento (23) dico, che intra tulte le bestialitadi quella è stoltíssima, vilissima e dannosissima chi crede, dopo questa vita, altra vita non essere; perciocchè se noi rivolgiamo tutte le scritture, sì de' Filosofi, come (24) degli altri savii scrittori, tutti concordano in questo, che in noi sia parte alcuna perpetuale. E questo massimamente par volere (25) Aristotile in quello dell' anıma; questo par volere massimamente ciascuno Stoico; questo par volere Tullio, spezialmente in quello libello della Vecchiezza (26); questo par volere ciascuno poeta, che seconOra ch'è mostrato come e perche nasce do la fede de' Gentili hanno parlato; questo

CAPITOLO IX.

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