Sayfadaki görseller
PDF
ePub

ni. Il Gadd. 134: ha in sè ragioni. L'ediz.
Biscioni: ha in sè tre ragioni di continui-
tà; e prosegue, malamente punteggiando: e
questa ha in sè ragione di numero infini-
to; e della naturale scienza. La sua consi-
derazione principalissima ecc. E. M.
(27) Cioè la principalissima considera-

mento a provare che Dante abbia scritto questo suo libro del Convito prima della Divina Commedia. « Nè (soggiunge egli) dall'es>> sere il Convito opera imperfetta altro si può » dedurre se non che, lasciato il Convito im>> perfetto, si applicasse tutto alla Commedia.» D'essersi ingannato nella sua opinione sull'ombra della Luna Dante ritorna a parla-zione della naturale Scienza è considerare re, ne' seguenti versi del C. 22 del Para

diso:

» Vidi la figlia di Latona incensa
» Senza quell'ombra, che mi fu cagione
» Per che già la credetti rara e densa.

E vedesi che stavagli molto a petto di mo-
strarsi ricreduto di quell'errore. E. M.

(13) Cioè: giungere al termine o al fondo di quella rarità, ombra, oscurità. E. M.

ecc. Forse va levato dal testo quel sua, senza di cui la costruzione corre più spedita. E. M.

(28) Dice che in ciascuno delli tre principii è numero; forse perciocchè nelle cose corteria ne forma, senza composizione, e conporali pare che non si possa intendere nè maseguentemente senza numero di parti; e così che non si possa intendere privazione, senza alcuna idea di numero relativo per alcun modo delle parti componenti. P. (29) Per la qual cosa. P.

(30) Intendi: Del qual numero è scienza

(14) nella sua luminosità, pr. ed. E. M. (15) E queste due ecc. fino a che ancor saranno, passo seguato in margine da Tas-l'Aritmetica. P. so. E. M.

(16) Assai bene la pr. ed., i codici Marciani ed i Gadd. 134, 3. Il Biscioni: ne nasceranno. E. M.

(17) Così correttamente. Tutte le stampe hanno Alfagrano. V. le citazioni in fine. E. M. (18) Cioè, va più coperta e quasi nascosa sotto i raggi del sole, e conseguentemente e meno cospicua che nulla altra stella. P.

(19) Questo dovett'essere il titolo di qualche antico trattato di Dialettica. P.

(20) Cioè, è meno evidente. P.
(21) che null'altra scienza, pr. ediz. e cod.

Gadd. 135 secondo. E. M.

(22) Probabili e però non certi. P.

(23) Ad essere soavissima, cioè, ad essere quanto mai possa abbellita, dolce, piacente e dilettosa, e per dire a modo nostro, persuadente. P.

(24) Cioè: quando per lettera (ossia per iscritto) da parte remota ( lontana da colui a cui il parlare è diretto) si parla per lo Rettorico. E. M.

Io intenderei piuttosto il testo così: quando la lettera (qui personificata) per la parte remota (in paese separato e lontano, prendendo per come preposizione di luogo) sì e non si senza l'accento) parla per lo Rettorico (parla in servigio ed in vece del Rettorico). P.

(25) Questa clausola, e la seguente che comincia E della naturale, portano come tutto un corpo d'esempio in due parti rispondenti alle due parti della proposizione, cioè, che i suggetti delle scienze sono tutti sotto alcun numero considerati, e che nelle considerazioni de' suggetti delle scienze, sempre con numero si procede. Egli era dunque bene non partire queste due clausole così per punto fermo. P.

(26) Così la pr. ediz. ed i codici Marcia

(31) Cioè, l'essere la sua relazione, la più bella di tutte che s'abbiano gli altri cieli mobili tra di loro. P.

(32) Intendi: Mezzo di tutti i cieli mobili, cioè delli primi, che sono (cominciando a contare insiememente dalle due estremità) il cielo della luna e la nona spera; delli secondi, che sono il cielo di Mercurio e l'otta va spera ecc. P.

(33) colore è l'ottima lezione de' codici Marciani, che s'accorda a quello che Dante dice nel Purg. sul rosseggiare di Marte. (V. la nota seg.) E nel Par. 14. 85:

>> Ben m'accors' io ch'i' era più levato, » Per l'affocato riso della stella, » Che mi parea più roggio che l'usato. Le stampe invece di colore leggono calore. E. M.

(34)» Ed ecco, qual sul presso del mattino >> Per li grossi vapor Marte rosseggia ecc. (Purg. 2. 13). E. M.

(35) o trasmutamento, pr. ed. E. M. (36) Vedi simil pensiero nell' Inferno. PERTICARI.

Il pensiero di cui qui parla il chiariss. postillatore debb' essere nel C. 24, v. 145, ove Dante si fa predire da Vanni Fucci la cacciata de' Bianchi da Firenze, sicchè quella città rinnova genti e modi:

>> Tragge Marte vapor di Val di Magra;
» Ch'è di torbidi nuvoli involuto,
>> E con tempesta, impetuosa ed agra
>> Sopra campo Picen fia combattuto;
» Ond'ei repente spezzerà la nebbia,
>> Si ch'ogni Bianco ne sarà feruto:

» E detto l' ho, perchè doler ten debbia. E. M.
(37) perocchè, il Biscioni malamente. E. M.
(38) grandissima, pr. ed. E. M.

(39) Chiama principio della distruzione di Firenze il tempo appresso la venuta in quella città di Carlo di Valois, che fu a' di 4 di novembre 1301. Ecco come è raccontato il fatto della croce dal contemporaneo e degno concittadino dell'Allighieri, Dino Compagni (Ist. Fior. L. 2). » La sera appari in cielo un segno maraviglioso; il qual fu una croce vermiglia sopra il Palagio de' Priori. Fu la sua lista ampia più che palmi uno e mezzo, l' una linea era di lunghezza braccia venti in apparenza, e quella attraverso un poco minore; la quale durò per tanto spazio, quanto penasse un cavallo a correre due arringhi; onde la gente che la vide, e io che chiaramente la vidi, potemmo comprendere, che Iddio era fortemente contro alla nostra Città crucciato. » P.

(40) si cessano, pr. ed. E. M.

(41) Così i codici Marc., il Vat. Urb., il Barb., ed il Gadd. 134—Il Biscioni: sia l'anima in terra; pessima lezione. Nel SAGGIO, pag. 123, noi avevamo proposta l'emendazione: si è l'anima intenta, o pure intesa; ma vedi il Canto 4, v. 11 del Purgatorio, per uscire d'ogni dubbio sulla lezione qui adottata. E. M.

Molto utile è confrontare questo che dice qui co' seguenti versi del Purg. c. iv.

(45) Della Geometria. P.

(46) Questo passo in addietro leggevasi scorrettamente così; che siccome dice Euclide, il punto è principio di quella; secondochè dice: il cerchio è perfettissima figura in quello, ecc. L'ultima correzione di quello in quella è proposta anche dal sig. Witte. E.M. (47) Sottintendi cose. Se pure di questa parola non havvi laguna per colpa de' copisti. E. M.

(48) Sotto il nome generale d' astrologia si vuole qui intendere solo quella parte della scienza, la quale ha per oggetto tutte le condizioni della natura ne'corpi celesti, ed ora si direbbe unicamente astronomia. P.

(49) tardezza pr. ediz., codici Marc., Vat. Urb. Gadd. 134, 135 secondo.-Il Biscioni: tardanza. E. M.

(50) Supplisci: ad essere girato. P. (51) Tutti i codici e le stampe con manifesto solecismo: essa è alta. Il solecismo scompare però nel cod. Vat. 4778, in cui leggesi: l'altra si è, che esso Saturno è alto sopra tutti gli altri pianeti. E. M.

(52) le sue dimostrazioni,cod. Marciano secondo. Tutti gli altri testi mss. e stampati hanno laguna della parola dimostrazioni. E. M.

(53) Intendi: l'altezza di nobiltà nella scienza si misura e per la nobiltà del suo sug

» Quando per dilettanze, ovver per doglie, getto, e per la sua certezza. P.

» Che alcuna virtù nostra comprende,

» L'anima bene ad essa si raccoglie,

n Par, ch'a nulla potenzia più intende:ecc.
» E però, quando s'ode cosa, o vede,

>> Che tenga forte a sè l'anima volta,
>> Vassene 'l tempo, e l'uom non se n'avvede.
>> Ch'altra potenzia è quella, che l'ascolta;
» E altra è quella, ch'ha l'anima intera:
» Questa è quasi legata, e quella è sciolta. P.

(42) Di tutti gli spiriti. Nota come queste grandi e degnissime laudi date alla musica dall' Allighieri, per chi potesse non credere a' suoi versi divini, vagliono a fare testimonianza del vero a quello che racconta il Boccaccio, dove dice di lui, che sommamente si dilettò in suoni e in canti nella sua giovinezza, e a ciascuno, che a que' tempi era ottimo cantore o sonatore, fu amico ed ebbe sua usanza: e assai cose, da questo diletto tirato, compose, le quali di piacevole e maestrevole nota a questi cotali facea rivestire. Vita di Dante facc. 242. P.

(43) Cioè facenti contrasto. P.
(44) Perciò nel Par. C. 18, v. 67.

» Tal fu negli occhi miei, quando fui volto,
» Per lo candor della temprata stella
>> Sesta, che dentro a sè m'nvea raccolto.

E C. 22, v. 245:

» Quindi m'apparve il temperar di Giove » Tra 'l padre e 'l figlio. E. M. DANTE. Opere Minori.

(54) e da regolarissimo, pr. ed. E. M.

CAPITOLO XV.

(1) ch'ello, cod. Barb. Il Biscioni e le altre stampe che lo, errore provenuto dal non avere saputo ben leggere il chelo di alcuni mss. E. M.

(2) La Via lattea credeva il volgo anticamente essere contrassegno la notte ai pellegrini, i quali andavano a San Jacopo di Gallizia: e forse diede ansa a questo errore la voce Galassia, la quale ha qualche similitudine colla voce Gallizia. BISCIONI.— la via da Sa'Jacopo, legge il Biscioni; di Sa'Jacopo, i codici Marc. primo, e Barberino; di Santo Jacopo, il Vat. Úrb. E. M.

(3) Intendi: delle quali mille ventidue corpora di stelle io parlo, e non di qualunque altro numero fosse posto da altri Filosofi. E di questo ora si vedrà il perchè. P.

(4) alterando, i codici Barb. e Gadd. 134, 135 secondo, 3. Gli altri testi e le stampe alternando. Ma alterando è la vera lezione; perchè nel passare dal dieci all' undici, al dodici, e così successivamente, non si alterna già esso dieci coll'uno, col due ecc., ma si altera coll'accrescimento de' nuovi numeri. Dante infatti soggiugne subito: la più bella alterazione ecc. E. M. (5) si è la sua, legge il codice Vat. Urb.Il Biscioni: sia la sua. E M.

39

i nostri scrittori adoperano la voce mille per numero infinito. PERTICARI.

La mutazione de'Sigg. E. M., a mio pa

(6) Per lo mille, ediz. Biscioni. E. M. (7) E questa è forse la ragione, per cherere, non fa nè pro nè danno alla sentenza; ma si fa qualche danno all'espressione, perciocchè per essa ne scade l'identità dei termini nelle proposizioni, onde su la volgata si rendea vie meglio evidente il punto di convenienza di essa circolazione e delle cose incorruttibili, cioè, l'avere avuto incominciamento e il non dovere avere fine. P.

(8) Cioè, il movimento locale, il movimento d'alterazione e il movimento del crescere.P. (9) » Come distinta da minori e maggi

>> Lumi biancheggia tra i poli del mondo
» Galassia sì,che fa dubbiar ben saggi.
Par. 14. 97. E. M.

(10) Parlando della Via lattea. PËRTICARI. (11) del suo Metamorfoseos, Biscioni. Alcuni altri testi semplicemente: nel Principio di Metamorfoseos. La correzione però non ha d'uopo di prove, dacchè è nel principio del secondo libro delle Metamorfosi che Ovidio parla di Fetonte, e non già assolutamente nel principio di quel Poema. E. M.

(12) in quella parte, i codici Mar., Vat. Urb., Gadd. 134, 135 secondo, 3, e le pr. ediz. Il Biscioni: in parte. E. M.

(13) Questo passo dalle parole E queste opinioni fino a con Aristotile, Avicenna e Tolommeo, sono contrassegnate in margine dal Tasso, ed havvi a lato la postilla: Galassia. E. M.

(14) riprovarono, cioè provarono di nuoto, riconfermarono. E. M.

(22) Da occidente in oriente. P.

(23) Ognuno che abbia alcuno uso delle nostre istorie de'bassi tempi, sa bene quante volte e con quali disordini si fu messa nei popoli la falsa idea della vicinanza della fine del mondo; e però non è da maravigliare se vi rimase preso ancora l'Allighieri. Il quale certamente ne dovette sofferire una secreta ma altissima passione; Egli che, per conto della sua fama, si sentiva tante ragioni da dovere piuttosto desiderare il mondo eterno. P.

(24) Io intendo, la giustizia naturale espressa in leggi, che sono come parte della morale Filosofia. P.

(25) Cioè, in modo da potere essere apprese. P.

(26) Cotidiana rivoluzione. P.

(27) In tempo ch'io non aveva ancora volto l'animo a questo mio qualsivoglia lavoro; (15) Di qui è chiarissimo Dante non aver trovando il passo presente inintelligibile, ne conosciuto la lingua greca; perchè altrimenti chiesi lume agli egregi Sigg. editori Trivulnon confesserebbe la sua ignoranza sul pa-zio e Maggi; ed Essi mi risposero d'aggiunrere d'Aristotile per la discrepanza delle tras-gere la frase e mandano tra le parole ricelazioni. PERTICARI.

(16) Cioè, lo ferma contro sè, e lo ribatte

indietro. P.

(17) e questo tratta la Fisica, ediz. Biscioni. E. M.

vono e quaggiù: sicchè venisse letto: ogni di tutti quelli ricevono e mandano quaggiù la virtù ecc. E tale emendazione, siccome bella e soddisfacentissima, deve restare per loro ad obbligo di gratitudine in tutti (18) Questo passo parve notabile al Tasso, gli studiosi del Convito, come rimane in me il quale lo contrassegnò con linea in margi- essa, e la singolare cortesia, colla quale si ne fino alle parole: si può comparare alla degnarono ascoltare le mie parole. P. Fisica e alla Metafisica; e vi appose il di- (28) non ordinasse cioè poco ecc., stintivo N.-Lo stesso egli fece, poche li-il Biscioni con tutte le ediz. E l'errore pronee dopo le parole qui trascritte di quell'al- viene dall'avere divisa la parola cioè dei cotro luogo: chè morale Filosofia, secondo di- dici, ed accentato l'è; laddove quella parola ce Tommaso ecc.. . . . . quelle essere appre-va intesa all'antica per ciò. V. la Crusca. se e ammaestrate, interlineando ancora tutto E. M. il periodo: Chè. . . . . . la giustizia legale ecc. E. M.

(19) La volgata ha: da Oriente in Occidente; lezione sbagliata. Vedi il principio del Capitolo. E. M.

(29) starebbe, cod. Barberino. E. M. (30) E di vero, pr. ed. E. M.

cos!

(31) degli altri, tutti i mss. e le stampe. Ma l'universo e gli altri è linguaggio eguale a quello d'un tale che soleva dire: Tutte le cose, ed altre ancora; nè Dante era uomo di questa fatta; sicchè teniamo per fermo ch'egli abbia scritto degli astri. E. M.

(20) Così molto bene le pr. ediz.; ed è cattiva lezione quella del Biscioni: e non ebbono vero fine. Îl cod. Gadd. 134: e non averanno fine. Così pure il Vat. Urb. E.M. (32) La voce sè in questo luogo non sta, (21) e non avrebbe fine, così tutti i te- ch'io vegga, a nessuna utilità nè del senso sti. Correggiamo e in che, perocchè Dante nè della dicitura. Io invece leggerei si, ed in questa clausola determina la condizione avremmo in essa allora il pleonasmo, che della circulazione di cui parla; e subito sog-si trova tanto frequentemente, e con tanta giugne per opposizione quello che si dee in- buona grazia ne'trecentisti. P. tendere per fine di una circulazione. E M. (33) La Teologia. P.

(34) chiama colomba, leggono le pr. ediz. il codice Barberino, il Vat. Urb., il Trivulziano, ed i Gaddiani 134, 135 secondo, e confermano l' emendazione da noi fatta nel SAGGIO, pag. 124, correggendo lo strafalcione del Biscioni, che legge e questa umana colomba. E. M.

(14) Malamente in tutte le stampe leggesi: a quello, che segue, di più Amore. E. M.

(15) Intendi: per la quale onesta lamentanza l'uomo dà cagione all'amico novello, non d'avversione a sè, ma di più amore. Così nel caso presente, non sarebbe stato bello che l'anima per voler seguitare Filosofia, mettesse (35) « Nel Vero, in che si queta ogni intel-in ingrata dimenticanza le dolcezze gustate (letto. » Par. 28. 108. E. M. nella passione di Beatrice; ma piuttosto se (36) de'cieli, i codici Marc. secondo, Vat. essa muove alcun lamento dell'essere come Urb., Gadd. 134, 135 secondo. Il Biscioni: costretta d'abbandonare Lei, la medesima Fidel cielo. E. M. losofia per questo stesso le crescerà vie meglio l'amore. P.

(37) appare. Questa lezione dei codici Trivulz., Gadd. 135 secondo e 3, ne piace più che la comune pare. E. M.

CAPITOLO XIV.

(1) Le similitudini de'cieli colle scienze, ed in ispecie del terzo cielo colla Rettorica. P. (2) Sottintendi cielo. E. M.

(3) invitarono, pr. ed. E. M.
(4) Vedi il principio del cap. XIII.
(5) Della Filosofia P.

(6) per, cioè, mediante. P.

(7) Sottintendi umane. E vale quello che il Petrarca disse: Sciolti da tulle qualitati umane. E. M.

(8) Dante ha già detto che le dimostrazioni sono gli occhi della Filosofia: temiamo adunque che queste parole nelle dimostrazioni siano qui un glossema. E. M.

(16) Alta, potente. P.

(17) Cioè, della salute che è a mirare gli occhi di questa donna. P.

(18) Per tutta la sposizione letterale. P. (19) Cioè, nel verso: Chi vuol vedere la salute. P.

(20) Chi sale a governare il ragionamento; che là è il pensiero amoroso della Filosofia; qui è l'anima tuttavia passionata di Beatrice. P.

(21) Da queste parole fino a Poi quando dice, tutto il passo è interlineato dal Tasso. E. M.

(22) Cioè: è applicazione a quella cosa dell' animo innamorato della cosa. E. M. (23) Per la filosofia. P.

(24) le cagioni, i codici Marc., Vat. Urb., Gadd. 134, 3, e le pr. ediz. Malamente il Biscioni: le cognizioni. V. il SAGGIO, p. 125. | E. M.

(25) In queste parole cioè maraviglia, che leggonsi senza alcuna varietà in tutti i testi, ci sembra di ravvisare un grave errore de' copisti. Dante in nessun luogo del Trattato seguente non parla del vocabolo maraviglia;

(9) negli occhi della Filosofia apparve, tutti i mss. e le stampe. Essendo però il discorso in via di ammirazione e di apostrofe ai sembianti che appariscono negli occhi di questa mistica donna, e Dante parlando a loro in seconda persona, è chiaro che questo apparve è sproposito, e che dee emendarsi in appa-e. benchè nel Capitolo vi ei favelli de' mi

rite. E. M.

racoli, dal che taluno potrebbe inferire che (10) Nella volgata leggesi salva. Non co- la vera lezione fosse cioè miracolo, non ne noscendo però noi altro esempio, in cui sal- favella però in quanto a vocabolo. Onde la vare sia usato in modo neutro assoluto, co- sincera lezione ne pare che sia cioè Filosome scampare, adottiamo la bella emendazio-fia, perocchè di essa parlasi in tutto il prene che ci venne proposta dalla Biblioteca Italiana. Così la costruzione procede regolarmente: per la quale si fa beato chi vi guarda, e (si fa) salvo dalla morte ecc. E. M.

(11) Quando si e no tenzonano nella menle. P.

(12) Qui tutti i testi leggono erroneamente delle quali. E. M.

(13) Cioè, l'intelletto fatto già familiare della❘ Filosofia. P.

sente Capitolo, e più pienamente, o come suol dirsi ex professo, si ragiona del suo vocabolo nel Capitolo xi. del seguente Trattato. E. M.

(26) Così il cod. Barb. Le stampe hanno e per l'altra sposizione manifesto è. Il cod. Triv. con buona lezione: ho per l'altra sposizione manifesto. E. M.

[blocks in formation]

308

TRATTATO TERZO

QHOHO

Amor, che nella mente mi ragiona
Della mia donna, disïosamente
Move cose di lei meco sovente,
Che lo 'ntelletto sovr'esse disvia.
Lo suo parlar si dolcemente sona,
Che l'anima ch'ascolta, e che lo sente,
Dice: oh me lassa, ch'io non son possente
Di dir quel ch' odo della donna mia!
E certo e' mi convien lasciar in pria,
S'io vo' trattar di quel ch'odo di lei,
Ciò che lo mio intelletto non comprende,
E di quel che s'intende,

Gran parte, perchè dirlo non saprei.
Però se le mie rime avran difetto,
Ch'entreran (1) nella loda di costei,
Di ciò si biasmi il debole intelletto,
E'l parlar nostro, che non ha valore
Di ritrar tutto ciò che dice Amore.
Non vede il Sol, che tutto 'l mondo gira,
Cosa tanto gentil, quanto in quell'ora,
Che luce nella parte ove dimora
La donna, di cui dire Amor mi face.
Ogni 'ntelletto di lassù la mira:
E quella gente, che qui s'innamora,
Ne lor pensieri la trovano ancora,
Quando amor fa sentir della sua pace.
Suo esser tanto a Quei, che gliel dà, piace,
Che 'nfonde sempre in lei la sua vertute,
Oltre il dimando di nostra natura.
La sua anima pura,

Che riceve da lui questa salute,
Lo manifesta in quel, ch'ella conduce;
Chè in sue bellezze son cose vedute,
Che gli occhi di color, dov' ella luce,
Ne mandan messi al cor pien di disiri,
Che prendon aere e diventan sospiri.

In lei discende la virtù divina,
Siccome face in Angelo, che 'l vede (2)
E qual donna gentil questo non crede
Vada con lei, e miri gli atti sui.
Quivi, dov' ella parla, si dichina
Un Angelo dal ciel (3), che reca fede
Come l'alto valor, ch'ella possiede,
E oltre a quel che si conviene a nui.
Gli atti soavi, ch'ella mostra altrui,
Vanno chiamando Amor, ciascuno a prova,
In quella voce che lo (4) fa sentire.
Di costei si può dire:

Gentil è in donna ciò che in lei si trova;

E bello è tanto, quanto lei simiglia.
E puossi dir che il suo aspetto giova
A consentir ciò che par maraviglia.
Onde la fede nostra é aiutata;
Però fu tal da eterno creata (5).

Cose appariscon nello suo aspetto,
Che mostran de' piacer del Paradiso;
Dico negli occhi, e nel suo dolce riso,
Che le vi reca Amor com'a suo loco.
Elle soverchian lo nostro intelletto,
Come raggio di Sole un (6) fragil viso:
E perch'io non le posso mirar fiso,
Mi convien contentar di dirne poco.
Sua beltà piove fiammelle di fuoco,
Animate d'un spirito gentile,
Ch'è creatore d'ogni pensier buono;
E rompon come tuono

Gl'innati vizii, che fanno altrui vile.
Però qual donna sente sua beltate
Biasmar, per non parer queta ed umile,
Miri costei, ch'è esemplo d'umiltate.
Quest' è colei, ch'umilia ogni perverso:
Costei pensò chi mosse l'universo.

Canzone, e' par che tu parli contraro
Al dir d'una sorella che tu hai;
Chè questa donna, che tant' umil fai,
Ella la chiama fera e disdegnosa.
Tu sai che 'l ciel sempr'è lucente e chiaro,
E quanto in sè non si turba giammai;
Ma li nostr' occhi per cagioni assai
Chiaman la stella (7) talor tenebrosa;
Così quand'e' la chiama orgogliosa,
Non considera lei secondo 'l vero,
Ma pur secondo quel che a lei parea:
Chè l'anima temea,

E teme ancora sì, che mi par fero
Quantunque io veggio dov' ella mi senta (8).
Così ti scusa, se ti fa mestiero:
E quando puoi a lei ti rappresenta
E di' (9): Madonna, s'ello vi è a grato,
Io parlerò di voi in ciascun lato.

CAPITOLO I.

Così come nel precedente Trattato si ragiona, lo mio secondo Amore prese cominciamento dalla misericordiosa sembianza d'una donna (1); lo (2) quale Amor poi, trovando la mia (3) vita disposta al suo ardo

« ÖncekiDevam »