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SOPRA ALCUNE EPISTOLE DI DANTE ALIGHIERI NovellamentE RITROVATE ARTICOLO DEL SIG. PROF. Carlo witte, INSERITO IN UN GIORNALE DI GERMANIA, DAL TEDESCO IN LINGUA FRANCESE TRADOTTO DAL SIG. N., E DAL FRANCESE IN ITALIANO DA PIETRO FRATICELLI.

La grande lacuna che incontrasi nella storia della vita di Dante, lacuna che coloro, i quali cercano le vere cause da cui fu mosso a dettare il Sacro Poema, priva di un mezzo il più efficace per giungere al fine d'una tale ricerca, dee principalmente attribuirsi a una singolar circostanza, voglio dire alla perdita del suo Epistolario, che, secondo la testimonianza de' suoi primitivi biografi, fu sì ricco pel volume e si interessante pel con

tenuto.

vita a riportare la Sedia Apostolica in Roma; 2.° L'originale latino della sua Lettera a Cino da Pistoia scrittagli per risolvere una questione di galanteria, che da Cino era stata a Dante proposta.

Da indi in poi non pretermisi un momento le cure, affine di pervenire a discoperte di simil fatta, e l'insistenza delle mie indagini mi condusse, pel mezzo de' cortesi officii d'alcun amico lontano, sulle traccie d'una scoperta altrettanto ricca che inopinata, della quale una breve e preliminare notizia, ancorché fosse esposta sopra un piano più vasto, non potrebbe a meno di presentare a'Lettori un qualche interesse.

Un mezzo secolo fa noi non possedevamo che solo una Lettera, quella cioè intorno la Cantica del Paradiso, dedicato a Can della Scala; e questa, di cui alcuno volle pur contrastare l'autenticità, merita piuttosto il no- Fra i Manoscritti, i quali facean parte del me d'una Prefazione che quello d'un' Episto- sacco d'Heidelberg, e dei quali Massiliano la. Poco appresso il Dionisi (1) pubblicò una di Baviera fece nel 1622 un presente a GreLettera, che sebbene sia breve, pure è assai gorio XV, trovavasi un Volume membranainteressante, nella quale l' Alighieri con un ceo in 4, segnato di num. 1729. Questo Conobile disdegno rinunzia al suo ritorno in pa- dice, scritto, com' apparisce, nell' estate del tria, che venivagli offerto ad umilianti con- 1394 in Perugia per mano di Francesco da dizioni. Oltre di queste ne avevamo, ben è Monte Pulciano, contiene le dieci Egloghe vero, altre due, ma non nel loro originale del Petrarca, il noto Trattato di Dante intorlatino; sibbene in un'italiana traduzione fatta no la Monarchia, e nove Epistole latine, una senza dubbio da Marsilio Ficino. Nella pri- sola delle quali, (quella cioè di Dante ad ma Dante invita i Principi e gli Stati liberi Arrigo da me primamente nel suo originale d'Italia a mostrarsi benevoli ed uniti inverso prodotta ) era stata data alle stampe. Pur Arrigo VII, che allor moveva alla volta d'I- questa Epistola, siccome leggesi nel MS. talia, e nella seconda egli esorta l'Impera- presenta una quantità di varianti migliori. tore stesso a lasciare la Lombardia, i cui Un' altra di queste Epistole ( ed è quella intrighi e i combattimenti aveangli fatto per- scritta a' Principi d'Italia ) non avevasi in dere un anno di tempo prezioso, e a venire prima se non nella traduzione, di cui abbiairrompendo sulla Toscana per isvellere di mo toccato più sopra, ed il MS. ce ne preFirenze il Guelfismo fino dalle sue più pro- senta finalmente l'originale. Le altre sette fonde radici. erano rimase fino al presente sconosciute afQuando, or son più di dieci anni, io pub-fatto; ed in questo antico Codice è detto poblicai una Raccolta delle Lettere di Dante, impressa nel numero di soli 60 esemplari, fra le altre cose non ancor messe in luce, potei venturosamente comprendervi 1.° Una missiva a' Cardinali Italiani riuniti al Conclave di Carprentas, nella quale Dante rappresentando loro la corruzione del Clero, gl'in

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sitivamente che tre fra di esse appartengono al nostro Poeta le altre quattro, sebbene scritte sotto altri nomi, appariscono egualmente come pertinenti a Dante, sì per la loro classificazione, si per il lor contenuto. E dunque agevol cosa il vedere che per questo ritrovamento aumenta sufficientemente quanto noi fino dal 1827 possedevamo delEpistolario di Dante Alighieri.

Noi troviamo nel MS. una Lettera, che ivi | E aderendo a quanto il Cardinal domandava, non è attribuita precisamente a Dante. È la promisero ancora d'astenersi da ogni rapprima, se si abbia risguardo alla data; è l'ot- presaglia contro i Neri, e di lasciare alla sola tava se si guardi al posto che occupa nella interposizione del Cardinale il regolamento classificazione stabilita nel MS.: essa porta definitivo delle condizioni della pace. « No l'indirizzo al Cardinale Niccolò d'Ostia ( Al( » dunque diceano eglino nella fine) prebertini di Prato.) Questa Lettera è stata >> ghiamo di cuore e d'una voce supplichescritta a nome d'Alessandro da Romena (Ca- » vole la vostra benignità a voler procurare po del Consiglio de' 12 Ghibellini di cui Dan- » la tranquillità della pace nella nostra Fiote faceva parte (1)), e a quello pure del» renza così a lungo lacerata e divisa, e di Consiglio stesso e dei banditi e fuorusciti di » prendere da qui in avanti sotto la vostra Firenze (Capitaneus, Consilium et Univer-» protezione il suo popolo. Quanto a noi, e a sitas etc.). Benedetto XI, ch'era stato eletto» quelli di nostra parte, a noi che non abin Pontefice il 22 Ottobre del 1303, avea in» biamo un momento lasciato di sentir l'asul principio del 1304 inviato quel Cardinale» more della patria, e che non abbiamo punin Toscana e in Romagna colla missione di» to pensato di trapassare i segni che ci aprocurarvi la pace fra i Ghibellini ed i Guel-» vete prefissi, ma che invece promettiamo, fi, fra í Bianchi ed i Neri, e fra tutti gli al-» e per ossequio e per dovere, d' obbedire tri divisi per nomi di simil genere, che da- » a' vostri, qual ch'e' si sieno, comandamenvansi alle parti inimiche le quali in ogni città» ti, vi preghiamo a volere egualmente acsi combatteano. Il 10 Marzo egli giunse in »cordare si come padre amorevole la vostra Firenze, e tosto seppe guadagnarsi una gran- protezione e benevolenza ». dissima confidenza: ma alcune Lettere scritte segretamente, e accortamente diffuse sparsero ben presto la voce che egli favoriva i fuorusciti Bianchi in pregiudizio de' Neri che eran rimasti padroni in Firenze: cosicchè, avendo nell' 8 Maggio acconsentito di far un viaggio a Pistoia, non gli venne più fatto al suo ritorno di riacquistare alcun favore presso i diffidenti cittadini della Repubblica fiorentina.

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La seconda Epistola è una Lettera di condoglianza a Oberto e Guido Conti di Romena, per la morte del loro Zio paterno il Conte Alessandro, del quale, si come capo de' Ghibellini in Arezzo, abbiamo fatto parole qui sopra. Il Troya (2) ricorda Alessandro da Romena come vivente in sulla fine ancora del 1308, ma nella venuta d' Enrico VII a Roma (nel 1311) non fa menzione che degli altri Conti Guidi, di lui congiunti. La nostra Lettera data precisamente da quest' intervallo, tempo, nel quale l' Alighieri era più accuorato di quel che lo losse stato giammai, e nel quale il Convito e il Trattato de Vulgari Eloquio debbono aver avuto senza dubbio il loro cominciamento (3). Quanto alle relazioni fra il poeta e il defunto, delle quali non avevamo finora alcuni notizia, noi veggiamo nella Lettera il passo seguente:

L'Epistola in discorso debb'essere, senza dubbio, del Marzo 1304, essendo scritta dal Valdarno superiore, ov'eransi refugiati i più de' fuorusciti: attalchè siamo mossi a credere che l'addebito, dato da' Neri al Cardinale negoziator della pace, non fosse punto privo di fondamento. Apparisce infatti, che il Cardinale avesse preso a dimostrare agli esiliati la sua attiva benevolenza, inviando loro un certo frate L*** con questa promessa in iscritto: ch'eglino sarebbono pienamente ri- » Il vostro Zio fu mio Capitano, e fino a messi ne' loro antichi diritti, e che la patria » ch'io spiri l'aure di vita, egli non caderà loro sarebbe riordinata secondo i loro voti » giammai della mia memoria; perciocchè la medesimi. Eglino protestavan pertanto, non » sua magnanimità, ch'ora è ne' cieli retrisaper trovare parole bastanti ad esprimergli >> buita con una degna e larga ricompensa, la loro gratitudine, e l'assicuravano ch'e' non » fece si ch'io già da gran tempo me gli proavrebbono profittato dell'umiliazione de' loro » fessassi devoto. E questa virtù, congiunt avversari se non che pel vantaggio e per la» in lui a tutte l'altre, fu quella che lo pose salvezza della patria comune (adversarios » al di sopra degli altri Eroi dell' Italia. .. nostros ad sulcos bonae civilitatis remeare). >> Fate voi dunque lamento, faccia dunque

tato De Vulgari Eloquio non è contempora neo al Concito, ma posteriore. E di questo ne fa certi quanto dice Dante medesimo nel Convito colle seguenti parole: Del trasmu

(1) Finalmente (i fuorusciti ghibellini) fermarono la sedia loro in Arezzo e quivi ferono campo grosso, e crearono loro Capitano il Coute Alessandro da Romena; e ferono 12 consiglieri, del numero de' quali fu Dante» tamento delle lingue si parlerà altrove pia ec. -Leonardo Bruni, Vita di Dante.

(2) Del Veltro allegorico di Dante, pag. 96. (3) Per questa opinione del Witte vedi la mia nota 9. Qui dirò soltanto, che il Trat

» compiutamente in un Libro ch' to intendo » di fare, Dio concedente, di volgare eloquenzia. »

>> lamento la famiglia più grande della To- secondo la quale Dante non avrebbe dato fuo» scana, quella famiglia che da si grand'uo- ri la prima parte del suo Poema che nell' an>>mo era resa famosa e chiarissima. Gli a- no 1314, opinione già dapprima propugnata >> mici di lei, i di lei servitori dovrebbono dal Dionisi, e poscia da me stessa nel Par>> lamentarsi pur essi, dappoichè le loro spe- naso Italiano, non ha finora, per quanto io >> ranze morte crudele tronco. Fra questi mi sappia, altro valido appoggio che l'im>> ultimi traggo lamenti pur io, io, che son portante suffragio di Blanc. Ma egli è affatto » di tutti il più povero, respinto dalla mia impossibile, che il poeta abbia potuto par>> patria, e dannato ingiustamente d'esilio; lare a' Conti Guidi, sul proposito del loro »>io, che pensando alle mie sventure avea Zio Alessandro, colle parole riportate qui » posto in Alessandro ogni mia speranza... sopra, e che abbia potuto nel tempo stesso » A voi frattanto, che fra' padroni miei siete porre all' Inferno tre fra di essi sì come fal» i più cari, faccio quanto più so e posso sificatori di moneta (1). Se noi ci richiame» preghiera, perchè vogliate por modo al vo- remo alla memoria, come i Conti Guidi giu>>stro dolore, e vogliate torcer la mente dal-stificassero ben poco le speranze che Dante >> la perdita che in questa terra avete fatta, aveane concepite, e come e con quanta dub» quando non fosse per vederne un modello biezza, anzi talvolta inimicizia, e' si diportas» della vostra condotta. Pregovi infine d'a- sero nel 1311 e 1312 contro Arrigo VII, » dornarvi da qui in avanti de' di lui costu-l' Eroe di Dante, non ostante le loro buone, >> mi nobili e senza macchia, nella guisa ma ipocrite promesse, allora noi comprende>> stessa ch' egli, siccome voi unito stretta-remo per qual ragione il poeta intorno l'an» mente di sangue, e siccome, voleva ra- no 1314 sottoponesse al flagello dell'ira sua »> gione, havvi istituiti eredi d'ogni suo a- quelle persone ch' egli aveva poco innanzi » vere e d'ogni sua possessione. Io faccio encomiate. A queste ragioni, che portano >> fine confidando alla vostra chiaroveggenza il compimento della prima Cantica fino al>> il rammarico ch' io provo del non potere l'anno 1314, puossi aggiungere ancora l' alprender parte a queste tristi funebri pom-tra del vedervi fatta menzione di Clemente » pe. Non è la negligenza, non è l'ingrati-V con modi ingiuriosi (2). Per tutto quel »tudine che mi rattiene, ma solamente l'i-tempo in cui questo papa, che pur passava >> nopinata povertà, nella quale m' ha getta- per ghibellino, tenne intelligenza col parti>>to l'esilio. Essa è quella che ovunque e to del poeta, e principalmente con Arrigo » senza posa mi persegue, che mi priva di medesimo, era impossibile che Dante par» cavalli e d'armi, e che crudele fino ad op- lasse del capo visibile della Chiesa coi modi >> primermi, non lascia, malgrado gli sforzi che veggionsi nel passo dell' Inferno sopra» miei, di tenermi finora fra' suoi barbari ar- indicato, tanto più che nella sua Lettera ai » tigli. » Principi Italiani, scritta intorno la fine del Oltre il molto interesse, che questa Let-1310 (della quale l'originale è or ritrovatera di per sè stessa presenta, chiarisce an-to), egli dice in parlando dell' Imperatore : cora un punto importante della origine sto- Quem (Henricum) Clemens, nunc Petri rica della Divina Commedia. Credesi gene- successor, luce apostolicae benedictionis ilralmente che la Cantica dell' Inferno fosse luminat (3). pubblicata nel 1308: l'opinione contraria,

(1) Inf. XXX, 77. (2) Inf. XIX, 82.

(3) Gli argomenti prodotti dal Dionisi a sostegno della sua opinione, che l'Inferno non fu compiuto e pubblicato innanzi l'anno 1314, sono pochi di numero, e nella lor pochezza deboli e vacillanti. Interpretando que' versi della Commedia (Inf. XV, 70 ):

La tua fortuna tanto onor ti serba,

La terza lettera, ch'è indirizzata al Mar

farassi parte per sè stesso, come gli predice pur Cacciaguida. Or quando fu ch'e» gli si sequestrasse totalmente da' Bianchi del pari che da' Ghibellini? Ciò fu dopo la morte d'Arrigo ». Veramente il Dionisi mette qui fuori un'opinione troppo azzardata, perciocchè non veggiamo ragione per la quale non potessero usarsi da Dante quelle espressioni se non dopo la morte del magnanimo Impe. ratore: anzi egli s'inganna a partito tenenChe l'una parte e l'altra avranno fame do che la frase l'aversi fatta parte per sẻ Di te; ma lunge fia dal becco l' erba; stesso abbia relazione alle altre, e sia questa dice il Dionisi che qui Dante parla de' Fio-un corollario di quelle, si perché questa leg> rentini fuorusciti o cacciati, i quali erano gesi non nell' Inferno, ma nel Paradiso (XVII, › Ghibellini propriamente detti, e de' Bianchi, 69), si perchè essa allude al fatto dell' esser⚫ gli uni e gli altri de' quali ( chiamati qui si l'Alighieri separato nel 1304 dagli altri » per ischerno bestic fiesolane) vorranno dal-esuli e fuorusciti, che mattamente operavano. la loro l'Autore esiliato; ma lunge fia dal In ció son concordi quasi che tutti i biografi becco l'erba, perchè egli se ne forbirà, e e comentatori di Dante, frai quali mi piace

chese Moroello Malaspina, cui l'Alighieri dà | questa è alquanto più lunga di quella, conil titolo di padrone, ed egli stesso si nomina tien pure eguali proteste di devozione inverso suo servitore, fu scritta senza dubbio poco di Moroello. Per ciò che avevamo potuto rac tempo appresso la precedente. Ed oltrechè cogliere intorno la vita di questo personag

per brevità citar soltanto l'Anonimo, che co-ch'oggi è quasi divenuta certezza, non resta si dice: «Ciò addivenne quando egli si oppo- per nulla smentito, che la prima cantica del » se a che la parte bianca, cacciata di Firen- poema fosse compiuta e pubblicata fra gli anni » ze, e già guerreggiante, non richiedesse di 1308 e 1309; perciocchè la Lettera a'Conti > gente gli amici nel verno (1303 al 1304) Guidi io la ritengo scritta al più tardi nel >> mostrando le ragioni del picciolo frutto; on- 1306, e non negli anni 1308-1311 come il » de poi, venuta l'estate, non trovarono l'a-Witte vorrebbe. Nè ciò ritengo gratuitamen>> mico com' egli era disposto il verno; onde >> molto odio ed ira ne portarono a Dante; di >> che egli si parti da loro, (fecesi parte per sé stesso.). E questo è quello che seguita, > ch'essa parte della sua bestialitade e del suo » processo farà la prova. E certo elli ne fu> rono morti e diserti in più parti grossamen>te, si quando elli vennero alla cittade colli » Romagnoli (Luglio 1304 ), si a Piano, si a » Pistoia ed altrove. >

te, si perchè il Troya, dal Witte citato, non allega fatti o documenti che dimostrino Alessandro da Romena vivo tuttora nel 1308, ma solo incidentemente lo ricorda, si perchè un Documento del 19 Agosto 1306 che sta nelle Riformagioni (Lib. Prov. N. 14. pag. 33) nomina come capo de'conti Guidi da Romena Aghinolfo, lo che stato non sarebbe se pur in quel tempo era vivo Alessandro. I conti Guidi erano di coloro che, per usare la frase del nostro poeta, mutavan parte dalla state al verno. Nel 1304 con Alessandro alla testa li abbiamo già veduti ghibellini; nel 1306. dopo la morte di quel personaggio, appariscono dal Documento or citato tornati guelfi novellamente, e guelfi pure e nemici d' Arri

Altro non so se debba dirmi argomento trae il Dionisi dal vedersi nell' Inferno (XXI, 42) fatta menzione di Buonturo siccome di gran barattiere. «L'insigne furberia di costui fu » ( egli dice) nella sorpresa de' Lucchesi fat» ta lor da' Pisani il 18 Novembre 1313, sic› come asserisce Albertino Mussato »: ma que-go VII appariscono dal Documento del 7 Lusto argomento riman distrutto dalle parole glio 1311 citato dal P. Ildefonso nelle Dech'egli stesso soggiunge, dicendo, essere op- lizie degli Eruditi Toscani, vol. VIII, pag. posizion ragionevole l'obbiettare che il demo 182. Ghibellini li veggiamo tornati ben prenio quivi introdotto a parlare non predice il sto, cioè nel 6 settembre dello stesso anno futuro, ma narra solo il presente, nè d'altron 1311, essendochè sono eccettuati dalla Ride sembrar meraviglia, che chi fu traditore forma o Amnistia di Baldo d' Aguglione, per nel 1313, fosse già famoso barattiere nel 1300. cui vedi l' or ricordato P. Ildefonso, Vol. XI, Sembra per di più al Dionisi che la prima pag. 89; e ghibellini manteneansi pure l'anCantica non fosse compiuta che dopo la morte no appresso, poichè nelle Riformagioni (Clasdi Filippo il Bello, vale a dire dopo il 29 No- se V, Num. 56 pag. 125) e nella Biblioteca vembre del 1314. Il ragionamento da lui fat- Rinucciniana trovasi un Diploma dato in Roto per venire in questa sentenza è così stra-ma appresso le milizie 7 Giugno 1312 Ind. no e ridicolo che non abbisogna di sottile con-X, col quale Arrigo VII prende sotto la sua futazione. Eccone la somma: Il Pluto dall' A- protezione la persona e beni d'Aghinolfo da lighieri posto nel Canto VII dell' Inferno è Romena Conte Palatino di Toscana, ed in simbolo di Filippo il bello. Perchè? perchè ispecie il Castello di Caprese, Rocca Anghiaquel demone grida non in italiano, non in la- rà, la Pieve S. Stefano e Castellari, e confertino, ma sibbene in francese: Pe pe, Satan, ma ad esso tutti i privilegi e preminenze conpe pc, Satan, alẻ, pe. Or egli conchiude che cesse al di lui padre Guidone dall' Imperator non volea la politica, o per dir meglio la Federigo II con Diploma datato da Cremona » pelle di Dante, che in vita di quel Monar-nell' Aprile del 1247 Ind. V. Nonostante tut> ca vendicativo e potente ei ne sparlasse a toció li veggiamo nel 3 Ottobre 1318 tornati >>tal segno; e perciò la Cantica dell' Infer-di nuovo guelfi, e questo apparisce da un Dono dover esser posteriore alla morte di esso. cumento pure delle Riformagioni (Lib. Prov. Nel vero non risolvono di questa guisa le qui-Num. 16. pag. 240). stioni in fatto di critica, nè da premesse gra- Non fa dunque d'uopo di ricorrere, come tuite, fluttuanti e false può dedursi conseguen-il Witte vorrebbe, al modo ambiguo, coa cui za alcuna, che abbia sembianza di vero.

L'opinione di uomini dottissimi, fra' quali il Troya, si è che nel 1309 l'Inferno fosse omai pubblicato: non infatti fra i tanti avvenimenti, cui per modo di predizione trovasi nell'Inferno fatta allusione, riscontrasene alcuno che passi quell'anno. Or dirò che dall'argomento messo qui in campo dal Witte contro questa opinione,

i Conti Guidi si diportarono inverso d' Arrigo, per giustificare lo sdegno contr' essi concetto dal Ghibellino poeta; perciocchè da quanto ho riportato qui sopra n'apparisce chiarissima la ragione. Se nel 1306 i Guidi aveano già cambiato partito, Dante mentre nel 13061308 scriveva la sua prima cantica, non potea a meno d'esser contr essi indignaté a

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