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EPISTOLA VII.

A MESSER GUIDO DA POLENTA SIGNOR DI RAVENNA.

semi

Ogni altra cosa m' arei piuttosto creduto ca; perchè non si tosto pronunziai parte delvedere, che quello che corporalmente ho l'esordio, ch' io m' avea fatto a rallegrarmi trovato e veduto delle qualità di questo ec- in nome vostro della novella elezione: Lex celso Dominio: Minuit praesentia famam, orta est iusto, et rectis corde laetitia, che acciocchè io mi vaglia di quel passo di Ver- mi fu mandato a dire, o ch' io cercassi d'algilio. Io m' avea fra me medesimo imma- cuno interprete, o che mutassi favella. Coginato di dover trovar qui que' nobili e ma- si mezzo fra stordito e sdegnato, nè so qual gnanimi Catoni e que' rigidi Censori de' de- più, cominciai alcune poche cose a dire in pravati costumi, in somma tutto quello ch'es- quella lingua che portai meco dalle fasce : si con abito pomposissimo simulando voglio- la quale fu loro poco più familiare e domeno dar credere alla Italia, misera ed afflit-stica che la latina si fosse. Onde in cambio ta, di rappresentare in sè stessi; e forse d' apportar loro allegrezza e diletto, che non si fanno chiamare Rerum dominos, nai nel fertilissimo campo dell' ignoranza di gentemque togatam? Misera veramente e quelli, abbondantissimo seme di maraviglia mal condotta plebe, da che tanto insolente- e di confusione. E non è da maravigliarsi mente oppressa, tanto vilmente signoreggiata punto, ch' essi il parlare italiano non intene tanto crudelmente vessata sei da questi uo- dano; perchè da progenitori Dalmati e Gremini nuovi, destruttori delle leggi antiche ci discesi, in questo gentilissimo terreno aled autori d'ingiustissime corruttele! Ma che tro recato non hanno che pessimi e vitupevi dirò io, Signore, della ottusa e bestiale rosissimi costumi, insieme col fango d'oignoranza di così gravi e venerabili padri ? gni sfrenata lascivia. Perchè m'è paruto darIo, per non defraudare così la grandezza vi questo breve avviso della Legazione, che vostra, come l'autorità mia, giungendo al- per vostra parte ho eseguita; pregandovi, la presenza di sì canuto e maturo Collegio, che quantunque ogni autorità di comandarvolli fare l'officio mio e l'ambasciata vostra mi abbiate, a simili imprese più non vi piacin quella lingua, la quale insieme collo im- cia mandarmi: dalle quali ne voi riputazioperio della bella Ausonia è tuttavia andata ne, nè io per alcun tempo consolazione ale andrà sempre declinando: credendo forse cuna spero. Fermerommi qui pochi giorni, ritrovarla in questo estremo angulo, sedere per pascere gli occhi corporali, naturalmenin maestà sua, per andarsi poi divulgando te ingordi della novità e vaghezza di questo insieme collo stato loro per tutta Europa sito: e poi mi trasferirò al dolcissimo porto almeno; ma oimè! che non altramente giun- dell' ozio mio, tanto benignamente abbracsi nuovo e incognito pellegrino, che se te- ciato dalla reale cortesia vostra. stè fossi giunto dalla estrema ed occidentale Tile; anzi poteva io assai meglio qui ritrovare interprete allo straniero idioma, s' io fossi venuto da' favolosi Antipodi, che non fui ascoltato colla facondia romana in boc

Di Vinegia alli xxx di Marzo MCCCXIV.

L'umil servo vostro DANTE ALIGHIERI FIORENTINO.

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LA

VITA NUOVA

A CORRETTA LEZIONE RIDOTTA

E CON ILLUSTRAZIONI DICHIARATA

DA P. I. FRATICELLI

La Vita Nuova di Dante Alighieri è un'in- | ri, cittadino di ottima fama, e di molte facoltà genua storia de'giovenili suoi amori con Bea- provvisto, aveva accolto nella sua casa i contrice Portinari, da lui dettata in forma di giunti e gli amici, e fra questi Allighiero AlComento sopra alcune sue poesie. In que-lighieri padre di Dante, onde, a dimostraziosto elegante Libretto, l'Autore brevemente ne del giubilo che infonde nell' animo l'anarrato il principio del suo innamoramento, spetto della ridente stagione, festeggiare il riporta, secondo l'ordine del tempo in cui primo giorno di Maggio. Dante, abbenchè furono scritti, i suoi poetici componimenti; non avesse per anco oltrepassato il nono anno e dando a conoscere in quante parti sian essi dell'età sua, era stato condotto dal padre ad divisi, dispiega ciò che ha voluto dir nella una tal festa, quando in sul finire di quella, prima, ciò che ha inteso nella seconda; e le essendosi cogli altri fanciulli tratto in discircostanze dell'un componimento facendo suc- parte a trastullarsi, s' imbattè in una piccocedere e legando a quelle dell'altro, tesse la figlia di Folco, la quale, come dice il Bocl'istoria della sua vita giovanile, dall'età cioè caccio, era assai leggiadretta secondo la sua di nove anni fino ai ventisei o ventisette. Dei fanciullezza, e ne'suoi atti gentile, e piacetratti interessanti per una graziosa sempli-vole molto, con costumi e parole assai più cità, e per un sentimento di malinconia > gravi e assennate, di quello che il suo picch'è lo stato abituale dell'anima dello Scritciol tempo, d'ott'anni allora compiuti, non tore, rinvengonsi frequentemente in questo richiedesse: ed oltre a questo aveva le fatLibretto, il quale considerato anche per il tezze del volto ottimamente disposte, e piene solo lato della lingua e della elocuzione, co-di tanta onesta vaghezza, che quasi un'Anmechè nella prima apparisca una non co-gioletta rassembrava. Il nome di questa fanmune purità, nella seconda una non usitata ciulla era Beatrice, che per vezzo sincopanobiltà, non può a meno d' aversi in gran pregio. Ed essendo che l'Amore è stato sempre quello che ha inspirato i giovani poeti, non dovrà recar meraviglia se i poetici componimenti che quivi stanno inseriti, e che sono i primi parti della Musa Dantesca, abbiano Amore per argomento. Quanto possa aver sembianza di vero ciò che dice il Ginguéné, che cioè Dante scrisse il presente Libretto per aver luogo di collocarvi i suoi versi, non potrà esser men vero che egli il facesse per erigere un piccolo monumento alla memoria di colei che egli amò con un affetto si costante e sì puro.

Era in Firenze antica costumanza, che con feste e conviti si solennizzassero i primi giorni della Primavera. L'anno 1274 Folco Portina

tamente dicevasi Bice; e o fosse la confor mità de'loro sentimenti, o quella violenza di simpatia che ci forza ad amar l'un oggetto piuttostochè l'altro, Dante, quantunque fanciullo, s'accolse nel cuore la bella immagine di lei con tanta affezione, che fin da quel giorno dee dirsi che incominciasse ad esser signoreggiato dalla passione d'Amore. Ma lasciando di parlare degli accidenti della puerizia, dice il Boccaccio, che coll' età moltiplicarono l'amorose fiamme cotanto, che niun' altra cosa gli era piacere, riposo o conforto, se non il vedere quel caro oggetto delle sue affezioni. Quali e quanti fossero poi i pensieri, i sospiri, le lagrime e le altre passioni gravissime da lui per questo amore nella giovenile età sostenute, egli medesimo il rac

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