Sayfadaki görseller
PDF
ePub

quale, è altra cosa, quest'altra cosa da quel essere venuta alla Chiesa; ma da nessuno di lo non dipende: ma non esistendo la Chiesa, costoro ha questo; adunque non l'ha in alovvero non dando virtù, l'imperio ebbe tutta cun modo. E che da nessuno di costoro l'abla virtù sua: adunque la Chiesa non è cagio- bia, così si mostra. Imperocchè se l'avesse ne della virtù dello imperio nè della sua da Dio ricevuta, questo sarebbe stato per autorità, essendo tuttuno la virtù e l'autori- legge divina o naturale, perchè quello che tà sua; e questo così si mostra. Sia la Chic- si riceve da natura si riceve da Dio, ma non sa A, l'imperio B, l'autorità o virtù dell'im- | per contrario. Ma non la riceve per naturale perio C. Se non esistendo A, C è in B, è im- legge, perchè la natura non pone legge, se possibile che A sia cagione dello essere C non a' suoi effetti, conciossiachè Iddio non in B, perchè egli è impossibile che l'effetto sia insufficiente a potere produrre alcuno efpreceda la cagione sua nello essere. Ancora, fetto senza gli agenti secondi. E non essense mentre che A nulla adopera, C è in B, è do la Chiesa effetto di natura ma di Dio, dinecessario che A non sia cagione dell'essere cente: Sopra questa pietra edificherò la C in B; perchè egli è necessario che alla pro- Chiesa mia; e altrove: Io ho finita l'opera duzione dello effetto la cagione innanzi ado- che tu mi desti a fare; è manifesto che la peri, specialmente la cagione efficiente, della natura non gli dette la legge. Neanche la riquale al presente parliamo. La maggior pro- ceve per legge divina. Imperocchè ogni legposizione di questa dimostrazione è dichia-ge divina nel grembo de' due Testamenti si rata ne'termini; la minore è confermata da Cristo e dalla Chiesa: da Cristo quando nacque e quando morì, come di sopra è detto: dalla Chiesa, dicendo Paolo negli Atti degli Apostoli: Io sto dinanzi al tribunale di Cesare, ove mi conviene esser giudicato. E poco di poi l'angiolo di Dio disse a Paolo: Non temere, Paolo; innanzi a Cesare ti conviene comparire. E disotto disse Paolo a' Giudei che erano in Italia: Contradicendomi i Giudei, io sono costrello appellare a Cesare, non per accusare in alcuna cosa la gente mia, ma per rimuovere l'anima mia dalla morte. E se Cesare non avesse allora avuto autorità di giudicare le cose temporali, nè Cristo avrebbe questo persuaso, nè l' angiolo avrebbe quelle parole an- | nunziate, nè colui che diceva, lo desidero di morire ed essere con Cristo, avrebbe appellato incompetente giudice. Ancora, se Costantino non avesse avuto autorità in patrocinio e aiuto della Chiesa, quelle cose dell'imperio che deputò alla Chiesa, non avrebbe potuto di ragione deputare; e così la Chiesa ingiustamente userebbe quel dono; conciossiachè Iddio voglia l' offerte essere immaculate, secondo quel detto del Levitico: Ogni offerta che farele a Dio sarà senza formento. Il quale comandamento, benchè paia che sia diretto agli offerenti, nientedimeno è ancora a'recipienti. Stolto è credere che Iddio voglia che si riceva quello che vieta dare, massime perchè nel medesimo libro si comanda a'Leviti: Non vogliate contaminare le anime vostre, e non toccale alcuna di quelle cose, acciocchè non siate immondi. Ma il dire che la Chiesa così usi male il patrimonio a sè deputato, è molto inconveniente; adunque era falso quello da che questo séguita.

S. XIII. Oltre a questo, se la Chiesa avesse virtù di dare autorità al principe romano, o l'avrebbe da Dio, o da sè, o da altro imperadore, o da tutto il consentimento dei mortali, o almeno dalla maggior parte. Non c'è altra via per la quale questa virtù possa

contiene; nel qual grembo non posso trovare la cura delle cose temporali al primo o novissimo sacerdozio essere commessa; ma piuttosto trovo i primi sacerdoti da quella per comandamento essere rimessi, come apparisce per le parole di Dio a Mosè; ed i sacerdoti ultimi per le parole di Cristo a'discepoli. La qual cura non sarebbe possibile che da loro fusse rimossa, se l'autorità del temporale governo dal sacerdozio dipendesse: conciossiachè nel dare autorità vi sarebbe sollecitudine di provedere, e dipoi cautela continova, acciocchè chi avesse ricevuto autorità, dalla retta via non si partisse. E che non l'abbia ricevuta da sè, facilmente apparisce. Nessuna cosa è che possa dare quello che non ha. Onde qualunque fa alcuna cosa, deve essere in atto tale, quale quello che intende fare, secondo che si ha nella Metafisica. Sicchè se la Chiesa si dette quella virtù, non l'avea prima che ella se la desse: e cosi avrebbesi dato quello che ella non avea, e questo non è possibile. E che ella non l'abbia da alcuno imperadore ricevuta, ' di sopra abbiamo dichiarato. E chi dirà che ella l'abbia avuta dal consenso di tutti gli uomini o della maggior parte, essendochè non solo gli Affricani ed Asiani tutti, ma ancora la maggior parte degli Europei abbiano questo in odio? Egli è fastidiosa cosa nelle materie manifestissime addurre le prove.

S XIV. Oltre a questo, quello che è contro alla natura d'alcuna cosa, non è del numero delle sue virtù: conciossiachè le virtù di qualunque cosa conseguitino alla natura sua per acquistare il fine: ma la virtù di dare autorità al regno della nostra mortalità è contro alla natura della Chiesa: adunque non è del numero delle virtù sue. Per dichiarazione della minore, è da sapere che la natura della Chiesa è la forma della Chiesa. Imperocchè, benchè la natura si dica della materia e della forma, nientedimeno principalmente della forma s'intende, secondo Aristotele nella Fisica. E la forma della Chiesa non è altro che la vita di Cristo, nei

detti e fatti suoi compresa. Infatti la vita sua condo il corpo è corruttibile, secondo l'anifu uno esempio della Chiesa militante spe- ma non corruttibile. E però bene disse Aricialmente de'pastori, e massime del sommo stotele di lui nel secondo dell' Anima, che pontefice, l'officio del quale è pascere gli a- egli è incorruttibile in questo modo, dicengnelli e le pecore. Onde egli in Giovanni, do: E questo solo si può separare come lasciandoci la forma della sua vita. disse: perpetuo da corruttibile. Adunque se l'uoDato v'ho l'esempio che come ho fallo io, mo è in mezzo tra queste due cose corrutticosì ancora voi facciate; e specialmente bili ed incorruttibili, ed ogni mezzo tiene la disse a Pietro, poichè l' officio del pastore natura degli estremi, è necessario che l'uogli ebbe commesso, come in Giovanni si mo tenga del'una e dell'altra natura. E per legge: Pietro, sèguita me. Ma Cristo in pre- cagione che ogni natura a uno ultimo line senza di Pilato questo regno dinegò dicendo: si riduce, bisogna che l'uomo si riduca a Il regno mio non è di questo mondo; se due cose. E come quegli che solo fra lulli regno di questo mondo fusse, i ministri gli enti partecipa della corruttibilità e incormiei combatterebbono, che da Giudei non ruttibilità, cosi, solo fra tutti gli enti, a due fussi preso; ma ora, qui non è il regno ultimi fini sia ordinato de' quali l'uno sia mio. Non s'intende questo così, che Cristo, fine dello uomo secondo ch'egli è corruttiche è Iddio, non sia di questo regno signo- bile, l'altro fine suo secondo ch'egli è in-. re, perchè dice il salmo così: Di Dio è il corruttibile. Adunque l'ineffabil providenza mare, ed egli lo fece, e le sue mani fon- di Dio propose all'uomo due fini : l'uno la dorno la terra; ma disselo come esempio beatitudine di questa vita, che consiste neldella Chiesa, che così non aveva cura di que- le operazioni della propria virtù, e pel tersto regno, nella guisa che uno suggello d'o-restre paradiso si figura; l'altra la beatitudiro di sè parlando dicesse: Io non sono misura in genere alcuno: il quale detto non ha luogo in quanto egli è oro, perchè egli è misura del genere de'metalli, ma in quanto egli è uno certo segno, che si può ricevere per impressione. Adunque egli è formale officio della Chiesa dire ed intendere quello medesimo; ma dire o intendere l'opposto è contrario alla forma, come è manifesto, ed alla natura sua, che è il medesimo. Di qui apparisce che la virtù di dare autorità a questo regno è contro alla natura della Chiesa: perciocchè la contrarietà nell'opinione e nel detto séguita dalla contrarietà che è nella cosa detta o opinata; come il vero ed il falso, dall'essere della cosa o dal non essere nello intelletto procede, secondochè la dottrina de' Predicamenti c'insegna. Sufficientemente adunque per gli argomenti sopraddetti, dimostrando quello che l'opinione ha d'inconveniente, abbiamo provato che l'autorità dell'imperio dalla Chiesa non punto dipende.

S. XV. Benchè nel precedente capitolo, riducendo a inconveniente, abbiamo provato l'autorità dello imperio dal pontefice non dipendere, non s'è però interamente mostro, se non per conseguenza, essa senza mezzo venire da Dio. Egli è conseguente cosa, che se non viene dal vicario di Dio, che venga senza mezzo da Dio. E però a perfettamente dichiarare il proposito, per affermativa dimostrazione proveremo, che lo imperadore immediatamente dipende dal principe dell'universo, ch'e Iddio. Ad intender questo si vuole sapere, che solo l'uomo nell'ordine delle cose tiene il mezzo tra le cose corruttibili e le non corruttibili; sicchè rettamente lo assomigliano i filosofi all'orizzonte, che è il mezzo de' due emisferi. Imperocchè se l'uomo si considera secondo l'una e l'altra parte essenziale, cioè anima e corpo; se

[ocr errors]

ne di vita eterna, la quale consiste nella fruizione dello aspetto divino, alla quale la propria virtù non può salire se non è dal divino lume aiutata, e questa pel paradiso celestiale s' intende. A queste due beatitudini, come a diverse conclusioni, bisogna per diversi mezzi venire. Imperocchè alla prima noi pervegnamo per gli ammaestramenti filosofici, pure che quegli seguitiamo, secondo le virtù morali e intellettuali operando. Alla seconda poi per gli ammaestramenti spirituali che trascendono l'umana ragione, purchè quegli seguitiamo, operando secondo le virtù teologiche, Fede, Speranza e Carità. Adunque queste due conclusioni e mezzi, benchè ci sieno mostre, l'una dalla umana ragione, la quale pe' filosofi c'è manifesta, l'altra dal santo Spirito, il quale pe'profeti e sacri scrittori, per l'eterno Figliuolo di Dio GESU' CRISTO, e pe' suoi discepoli, le verità soprannaturali, e le cose a noi necessarie ci rivelò; nientedimeno la umana cupidità le posporrebbe, se gli uomini come cavalli, nella loro bestialità vagabondi, con freno non fussino rattenuti.Onde e' fu di bisogno all' uomo di due direzioni secondo i due fini, cioè del sommo pontefice, il quale secondo le rivelazioni dirizzasse la umana generazione alla felicità spirituale, e dello imperadore, il quale secondo gli ammaestramenti filosofici alla temporale felicità dirizzasse gli uomini. Ed essendo che a questo porto nessuni o pochi e difficilmente potrebbono pervenire, se la generazione umana, sedate e quietate l'onde della cupidità, non si riposasse libera nella tranquillità della pace; questo è quel segno al quale massime debbe risguardare l'imperadore della terra, principe romano, acciocchè in questa abitazione mortale liberamente in pace si viva. E perchè la disposizione di questo mondo séguita la disposizione delle

celesti sfere, è necessario a questo, affinchè gli universali ammaestramenti della pacitica libertà comodamente a' luoghi ed a' tempi s'adattino, che questo terreno imperadore sia da colui spirato, il quale presenzialmente vede tutta la disposizione de' cieli. Questi è solo colui che ordinò questa disposizione, acciocchè egli per mezzo di essa provedendo, tutte le cose a'suoi ordini collegasse. E se egli è così, solo Iddio elegge, solo Iddio conferma, non avendo egli superiore. Onde ancora vedere si può, che nè questi che ora si dicono, nè altri che mai si sieno detti elettori, così si debbono chiamare, ma piuttosto denunziatori della provvidenza divina. Di qui avviene che spesso insieme si discordano quelli a'quali è data una tale facoltà di denunziare; o perchè tutti loro, o perchè alcuni di loro, ottenebrati dalla nebbia della cupidità, non discernono la faccia della disposizione divina. Così adunque apparisce che l'autorità del temporale monarca senza mezzo alcuno in esso discende dal fonte del la universale autorità; il quale fonte nella sommità della semplicità sua unito, in varii

rivi spartisce liquore della bontà divina abbondante. E già mi pare assai avere tocco il proposto termine. Imperocchè è dichiarata la verità di quella quistione, per la quale si cercava, se al bene essere del mondo fosse l'officio del monarca necessario; ed ancora di quella che cercava, se il popolo romano per ragione s' attribui l' imperio, non meno che dell'ultima, nella quale si domandava, se l'autorità del monarca, senza mezzo da Dio ovvero da altri dipendesse. Ma la verità di quest'ultima quistione non si deve così strettamente intendere, che il principe romano non sia al romano pontefice in alcuna cosa soggetto: conciossiachè questa mortale felicità alla felicità immortale sia ordinata. Cesare adunque quella reverenza usi a Pietro, la quale il primogenito figliuolo usare verso il padre debbe, acciocchè egli illustrato dalla luce della paterna grazia, con più virtù il circolo della terra illumini. Al quale circolo è da colui solo preposto, il quale è di tutte le cose spirituali e temporali governatore.

LA QUESTIONE DELL'ACQUA E DELLA TERRA.

NOTIZIE PRELIMINARI

che efficacia, e questi pienamente confutò.

La tesi filosofica fu da lui sostenuta colle forme scolastiche di quel tempo nella città di Verona, nel tempietto di sant'Elena, il di 20 gennaio dell'anno 1320, alla presenza di tutto il clero veronese. Dopo di che, affinchè il livore di molti (son pur queste parole di Dante), i quali sogliono fabbricar menzogne a danno degli assenti, non abbia a trasmutare le cose dette bene, ho voluto sopra queste carte, scritte di mio pugno, lasciar ciò che da me fu determinato, e disegnare colla penna la forma di | tutta la disputa.

Trovandosi Dante in Mantova, insorse, secondo ch' egli stesso racconta, una questione, la quale, quantunque trattata assai volte, era rimasta indeterminata. Aggiravasi essa intorno al sito e alla figura dell'Acqua e della Terra; ma più particolarmente restringevasi a questo, di ricercare se l'Acqua nella sua sfericità, vale a dire nella sua propria circonferenza, fosse in qualche parte più alta della Terra. E per i più risolvevasi la questione affermativamente. Laonde essendo io, dice Dante medesimo, fin dalla fanciullezza nutrito nello studio della verità, non soffersi di lasciare indecisa la prefata questione; ma piacquemi_dimo- Rispetto all'autenticità di questo scritto strare il vero intorno ad essa, e gli argo-giudico, come pur giudicò il Torri, tempo menti addotti in contrario risolvere si per perduto il sostenerla contro i pochi opposiamore della verità, come per avversione tori, dappoichè la massima parte de'biografi alla falsità. E degli argomenti addotti per ed espositori di Dante sono concordi a ricola risoluzione affermativa, tralasciatine al-noscerlo per lavoro di lui. « E se a persuacuni per la loro leggerezza, cinque Dante «derne di ciò (dice il citato Torri) non vane ritenne, che sembravano avere una qual- | « lessero lo stile e i modi, in tutto conformi

[ocr errors]

del tutto ignoto all' infaticabile Panzer. La prima edizione, ch'è in forma di 4o, e composta di pagine 23, fu fatta in Venezia nel 1508. Impressum fuit Venetiis, ivi è detto,

<< a quelli delle altre sue prose latine, do- | <<vrebbero convincerne le belle moralità che «nel S XXII egli traè da varii passi della « Bibbia a lui tanto familiare, e di cui pure << fece uso nelle epistole. Ed ove ciò non ba-per Manfredum de Monferrato, sub inclyto «stasse, si confrontino i §§ 3 del lib. 1, 2 principe Leonardo Lauredano, anno Dom. «<e 12 del lib. II della Monarchia, come pu- MDVIII sexto calen, novembris. Ed il titolo «re il 8 della lettera a' principi e signori n'è il seguente: Quaestio florulenta ac peru« d'Italia col§ XVIII dell'opuscolo, e nessu- tilis de duobus elementis Aquae et Terrae «no negherà che la stessa mente li abbia tractans, nuper reperta, quae olim Man« dettati, attesa la coincidenza de' pensieri, tuae auspicata, Veronae vero disputata et << de'raziocini e delle espressioni. Non vorrò decisa, ac manu propria scripta a Dante « già dire che per questo scritto si accresca florentino poeta clarissimo. Quae dili<< qualche raggio alla corona luminosa di genter et accurate correcta fuit per rece<< gloria, che brilla sul capo di Dante. E se, rendum magistrum Joannem Benedictum « compresi i tratti di fisica e astronomia che Moncettum de Castilione Arretino, Regen« leggonsi anche nel suo Convito, nessun tem Patavinum, Ordinis Eremitarum Di<< vantaggio può trarne la scienza pervenuta vi Augustini, sacraeque Theologiae docto<< all'attuale suo incremento, tuttavia non rem excellentissimum (2). << affatto inutile tornerà alla storia di essa, << emergendo altresì da queste pagine l'acu«tezza dell'intelletto di lui framezzo alla co<<mune ignoranza di que' tempi. Ove non « fosse cosa estranea allo scopo delle mie << lucubrazioni il mettere in mostra fino a << qual segno si estendessero le cognizioni << fisiche d'un tanto genio, il predetto tratta« tello mi porgerebbe occasione e materia « d'entrare nella enumerazione de'saggi ma«ravigliosi, ch'egli lasciò di varia e profon<< da dottrina ne'diversi suoi scritti, giacchè << anche in questo, astronomia, cosmografia, « geografia, matematica, fisica, filosofia, << tutte insomma le scienze v' ebbero più o « meno parte. Ed è poi notabile, come da «<lui siasi in certo modo presagita la sco<< perta della legge universale d'attrazione « fra i grandi corpi nello spazio ; ma segna-jusdem Stimulus philosophorum; 7. Ejus<< tamente l'ipotesi della formazione di certe << montagne operata per via di sollevamento << della scorza terrestre, per la forza com<< pulsiva di vapori sotterranei... » (1)

[merged small][ocr errors]

Una seconda edizione ne fu fatta in Napoli nel 1576 da Francesco Storella, inserendola in una serie d'opuscoli filosofici e scientifici, ch'egli raccolse ed uni insieme. Il volume che porta la data Neapoli apud Horalium Salvianum MDLXXVI, è in folio, e contiene le operette seguenti: 1. Asclepii ex voce Ammonii Hermae in Metaphysicam Aristotelis Praefatio; 2. Dantis Alagherii florentini, poetae atque philosophi celeberrimi, profundissima Quaestio de figura elementorum Terrae et Aquae; 3. Hyeronymi Girelli franciscani Disceptatio de speciebus intelligibilibus adversus Zimaram; 4. Ambracii de Alis Gravinatis Speculatio de scientia quam Deus habel aliorum a se; 5. Francisci Storellae Adnotationes in Praefationem Asclepii; 6. E

dem prima Lectio, dum in Gymnasio Neapolitano librum de ortu et interitu aggressus est (3).

La traduzione italiana è del chiarissimo signor professore Francesco Longhena, e fu primamente stampata dal Torri nella sua edizione del 1843.

Italia: l'uno è nella Trivulziana di Milano, donde il
Torri potè trar la copia per farne la sua edizione

(1) Manifestum est, quod virtus elevans est illis stellis, quae sunt in regione coeli istis duobus circulis contenta (cioè tra la linea equinoziale e quell'altro è nella Marucelliana di Firenze; ma questo la che descrive il polo dello zodiaco intorno al polo del mondo ) sive elevet per modum attractionis, ut magnes attrahit ferrum, sive per modum pulsionis, generando vapores pellentes, ut in particularibus montuositatibus. § XXI verso la fine.

[ocr errors]

(2) Due soli esemplari se ne conoscono oggi in

giacque per varii anni smarrito, onde a me non fu dato d'arricchirne la mia prima edizione Jelle Opere minori di Dante: fu poscia ritrovato incluso in un volume d'antiche miscellanee.

(3) Di questo volume, assai raro anch'esso, esiste un esemplare nell'Ambrosiana di Milano.

LA QUESTIONE DELL'ACQUA E DELLA TERRA.

AUREA QUISTIONE ED UTILISSIMA PUBBLICATA DALL'ECCELLENTISSIMO POETA FIORENTINO DANTE ALIGHIERI INTORNO ALLA NATURA DE' DUE ELEMENTI ACQUA E TERRA.

A tutti ed a ciascuno in particolare, che questo scritto vedranno, Dante Alighieri, il | minimo fra' veri filosofi, augura salute in Colui, ch'è principio e lume della verità.

§ I. Sia manifesto a voi tutti, come, essendo io in Mantova, insorse una certa quistione, la quale assai volte largamente discussa più a fine d' apparenza che di verità, rimanevasi indeterminata. Laonde, essendo io fin dalla fanciullezza continuamente nutrito nello studio della verità,non soffersi di lasciare indiscussa la prefata quistione; ma piacquemi dimostrare il vero intorno ad essa, e gli argomenti addotti in contrario risolvere, si per amore della verità,come per avversione alla falsità. Ed affinchè il livore di molti, i quali sogliono fabbricar menzogne a danno degli assenti degni d' invidia, non abbia a trasmutare le cose dette bene, ho voluto inoltre sopra questo foglio scritto di mio pugno lasciar ciò che da me fu determinato, ed accennare colla penna la forma di tutta la disputa.

Quistione.

§ II. Versò dunque la quistione intorno al sito e alla figura, ossia forma de due ele menti, dell'Acqua cioè e della Terra. Echiamo io qui forma, quella che il Filosofo pone nella quarta specie della qualità ne' Predicamenti; e fu la quistione ristretta a questo, come a principio d'investigare la verità, cioè di ricercare se l'acqua nella sua sfericità, vale a dire nella propria naturale circonferenza, fosse in qualche parte più alta della terra, la quale emerge dalle acque, ed è comunemente chiamata quarta abitabile; ed argomentavasi affermativamente per molte ragioni, delle quali, tralasciate alcune per la loro leggerezza, cinque ritenni, che aver sembravano qualche efficacia.

Prima Ragione.

SIII. Fu questa la prima: Duc circonferenze l'una dall' altra inegualmente distanti è impossibile che abbiano un centro comune; La circonferenza dell'acqua e quella del

la terra distano inegualmente: Dunque ecc. Indi procedevasi : Essendo il centro della terra centro dell'universo, siccome da tutti si conferma; e tutto ciò che ha nel mondo una posizione diversa da quello, è più alto; concludevasi, che la circonferenza dell'acqua fosse più alta della circonferenza della terra, avvegnachè la circonferenza segua d'ogni intorno lo stesso centro. La maggiore del principale sillogismo appariva manifesta per le dimostrazioni, che porge la geometria; la minore pel senso, in quanto che vediamo in qualche parte la circonferenza della terra essere inchiusa nella circonferenza dell' acqua, in alcuna parte poi esserne esclusa.

Seconda Ragione.

§ IV. A più nobile corpo è dovuto più nobile luogo: l'acqua è corpo più nobile della terra; dunque devesi all'acqua luogo più nobile. Ed essendo tanto più nobile il luogo, quanto è superiore pel suo approssimarsi di più al nobilissimo de' continenti, ch'è il primo cielo; dunque ec. Tralascio, che il luogo dell'acqua sia più alto di quello della terra, e in conseguenza che l'acqua sia più alta della terra, non essendo differente il sito del luogo da quello della cosa locata. La maggiore e la minore del principal sillogismo di questo ragionamento quasi manifestamente si escludevano.

Terza Ragione.

[ocr errors]

SV. Consisteva la terza ragione in ciò: 0gni opinione che contraddice al senso ė cattiva opinione; il pensare che l'acqua non sia più alta della terra, è un contraddire al senso: Dunque è cattiva opinione. La prima dicevasi essere manifesta pel comentatore sopra il III dell' Anima; la seconda, ossia la minore, per la esperienza de' naviganti, i quali scorgono, stando nel mare, i monti più bassi di lui, dicendo che nel salire sull'albero li veggono, ma non altrimenti dalla nave; lo che sembra accadere, per esser la terra molto inferiore e più bassa del dorso del mare.

« ÖncekiDevam »