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CANZONE I

Parla alle donne dei pregi e delle virtù
della sua Beatrice.

Donne, ch'avete intelletto (1) d'amore,
Io vo' con voi della mia donna dire;
Non perch' io creda sue laude (a) finire,
Ma ragionar per isfogar la mente.
Io dico che pensando (2) il suo (b) valore,
Amor si dolce mi si fa sentire,
Che, s'io allora non perdessi ardire,
Farei, parlando, innamorar la gente:
Ed io non vo' parlar sì altamente,
Ch'io divenissi per temenza vile;
Ma tratterò del suo stato gentile
A rispetto di lei leggeramente,
Donne e donzelle amorose, con vui,
Chè non è cosa da parlarne altrui.

Io vidi la speranza de' beati.

Madonna è desiata in sommo (b) cielo:
Or vo' di sua virtù farvi sapere:
Dico: qual vuol gentil donna parere
Vada con lei; chè, quando va per via,
Gitta ne' cor villani Amore un gelo,
Per che ogni lor pensiero agghiaccia e pere:
E qual soffrisse di starla a vedere
Diverria nobil cosa, o si morria:
E quando trova alcun che degno sia
Di veder lei, quei prova sua virtute;
Chè gli addivien ciò che gli dà salute (c)
E sì l'umilia, che ogni offesa oblia:
Ancor le ha Dio per maggior grazia dato
Che non può mal finir chi le ha parlato,
Dice di lei Amor: cosa mortale
Come esser può si adorna e si pura (g)?
Poi la riguarda, e fra sè stesso giura,

Angelo clama (3) (c) in divino intelletto (4), Che Dio ne intende di far cosa nova.

E dice: Sire, nel mondo si vede
Meraviglia nell' atto (5), che procede
Da un'anima, che fin quassù risplende:
Lo Cielo che nou have (a) altro difetto (6)
Che d'aver lei, al suo Signor la chiede;
E ciascun santo ne grida mercede (7).
Sola pietà nostra parte difende;
Chè parla Iddio, che di madonna intende:
Diletti miei, or sofferite in pace,
Che vostra speme sia quanto mi piace
Là ov'è alcun che perder lei s' attende (8),
E che dirà nello inferno a' malnati:

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Color di perla quasi informa (a) (9), quale
Conviene a donna aver non fuor misura (10):
Ella è quanto di ben può far natura;
Per esempio (11) di lei beltà si prova.
Degli occhi suoi, comecch' ella gli muova,
Escono spirti d'amore infiammati,

(guati,

Che fieron gli occhi a qual (12), che allor gli

E

passan sì che 'l cor ciascun ritrova:

Voi le vedete Amor pinto nel viso,
Ove (c) non puote alcun mirarla fiso.

Canzone, io so che tu girai parlando

A donne assai, quando t'avrò avanzata (13):

(5) Costume, maniera.

(6) Non ha altra mancanza.

(7) Ne domanda gridando la grazia. (8) S'aspetta.

(9) Veste. Informare per prender forma,

vestire.

(10) Non fuor di misura.
(11) Per confronto.

(12) Qualunque, chiunque,

(13) Inviata, mandata.

Or t'ammonisco, perch' io t'ho allevata
Per figliuola d'amor giovane e piana (1),
Che dove (a) giugni tu dichi pregando:
Insegnatemi gir; ch' io son mandata
A quella, di cui loda io sono ornata (b):
E se non vogli (c) andar,
siccome vana,
Non ristare (d) (2) ove sia gente villana:
Ingegnati, se puoi, d' esser palese
Solo con donna o con uomo cortese (e),
Che ti merranno per la via tostana (3):
Tu troverai Amor con esso lei:
Raccomandami a lor (f) come tu dei

CANZONE II.

Racconta una visione ch' egli ebbe in

una sua grave infermità.

Donna pietosa, e di novella etate (4),
Adorna assai di gentilezze umane,
Era là (g) ov' io chiamava spesso morte.
Veggendo gli occhi miei pien di pietate (5),
Ed ascoltando le parole vane (6),
Si mosse con paura a pianger forte;
Ed altre (h) donne che si furo accorte
Di me per quella che meco piangia,
Fecer lei partir via,

Ed appressarsi per farmi (i) sentire (7).
Qual dicea: non dormire;

E qual dicea: perchè sì ti sconforte?
Allor lasciai la nova fantasia,
'Chiamando il nome della donna mia.

Era la voce mia sì dolorosa,

E rotta si dall' angoscia e dal pianto (k),
Ch' io solo intesi il nome nel mio core;
E con tutta la vista vergognosa (8),
Ch' era nel viso mio giunta cotanto,
Mi fece verso lor volgere Amore:
Egli era (1) tale a veder mio colore,
Che facea ragionar di morte altrui:
Deh confortiam (m) costui,
Pregava l'una l'altra umilemente;
E dicevan sovente:

Che vedestu (9), chè tu non hai valore?
E quando un poco confortato fui,
Io dissi: doune, dicerollo a vui.

Mentre io pensava (10) la mia (n) frale vita,

Che lå ove

(b) io so' adornata (d) restare

(c) vuoli (e) con donne e con uomini cortese (f) a lui (g) Ch'era là. facendo virgola dopo morte. (h) EP' altre (i) per farsi (k) dall'angoscia del pianto (1) Ed era (m) Deh consoliam (n) alla mia (0) E furon (p) se' morto: pur morrati (q) in che loco (r) Madonna (s) una umiltà verace-umilità verace (t) Io divenia nello dolor

(1) Dimessa, modesta. (2) Non fermarti.

(8) Spedita, breve.

(4) Di giovane elȧ.

E vedea il suo durar come è leggero,
Piansemi Amor nel core, ove dimora;
Per che l'anima mia fu sì smarrita,
Che sospirando dicea nel pensiero:
Ben converrà che la mia donna mora.
Io presi tanto smarrimento allora,
Ch'io chiusi gli occhi vilmente gravati;
Ed eran (0) si smagati (11)

Gli spirti miei, che ciascun giva errando :
E poscia, immaginando (12),
Di conoscenza e di verità fuora,
Visi di donne m'apparver crucciati,
Che mi dicien pur: morrati, morrati (p) (13).
Poi vidi cose dubitose (14) molte
Nel vano immaginar, ov' io entrai;
Ed esser mi pare a non so in qual loco (q),
E veder donne andar per via disciolte (15),
Qual lagrimando, e qual traendo guai,
Che di tristizia saettavan foco.
Poi mi parve veder appoco appoco
Turbar (16) lo sole ed apparir la stella,
E pianger egli ed ella;

Cader gli augelli volando per l'are (17),
E la terra tremare;

Ed uom m' apparve scolorito e fioco,
Dicendomi: che fai? non sai novella?
Morta è la donna tua, ch' era sì bella.

Levava gli occhi miei bagnati in pianti,
E vedea che parean pioggia di manna
Gli Angeli che tornavan suso in cielo,
Ed una nuvoletta avean davanti,
Dopo (18) la qual gridavan tutti: Osanna;
E s'altro avesser detto, a voi direlo (19).
Allor diceva Amor: più non ti celo;
Vieni a veder nostra donna che giace.
L'immaginar fallace

Mi condusse a veder mia donna (r) morta:
E quando l'avea scorta,

Vedea che donne la covrian d' un velo;
Ed avea seco umiltà sì verace (s),
Che parea che dicesse: io son in pace.
Io diveniva nel dolor (t) si umile,
Veggendo in lei tanta umiltà formata,
Ch'io dicea: Morte, assai dolce ti tegno;
Tu dèi omai esser cosa gentile,
Poichè tu se' nella mia donna stata,

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E dei aver pietate, e non disdegno:
Vedi che si desideroso vegno
D'esser de'tuoi, ch'io ti somiglio in fede (1).
Vieni, che 'l cor ti chiede.

Poi mi partia (a), consumato ogni duolo,
E, quando io era solo,

Dicea guardando verso l'alto regno:
Beato, anima bella, chi ti vede.

Voi mi chiamaste allor, vostra mercede.

CANZONE III.

Piange la morte di Beatrice.

Gli occhi dolenti per pietà del core
Hanno di lagrimar sofferta pena,
Si che per vinti son rimasi omai:
Ora s' io voglio sfogare il dolore,
Che appoco appoco alla morte mi mena,
Convienemi parlar (b) traendo guai (2):
E perchè mi ricorda (c) ch' io parlai
Della mia donna mentre che vivia,
Donne gentili, volentier con vui,
Non vo' parlarne (d) altrui,

Se non a cor gentil che 'n donna sia:
E dicerò di lei piangendo pui
Che se n'è gita (e) in ciel subitamente,
Ed ha lasciato Amor meco dolente.

Ita n'è Beatrice in l'alto cielo,
Nel reame, ove gli Angeli hanno pace;
E sta con loro; e voi, donne, ha lasciate.
Non la ci tolse qualità di gelo,
Nè di calor, siccome l'altre face;
Ma sola (f) fu sua gran benignitate,
Chè luce della sua umilitate
Passò li cieli con tanta virtute,
Che fe' maravigliar l'eterno Sire,
Sì che dolce desire

Lo giunse di chiamar tanta salute;
E fella (3) di quaggiuso a sè venire;
Perchè vedea ch'esta vita noiosa
Non era degna di sì gentil cosa.

Partissi della sua bella persona
Piena di grazia l'anima gentile,
Ed èssi (4) gloriosa in loco degno.
Chi non la piange, quando ne ragiona,
Core ha di pietra, si malvagio e vile,
Ch'entrar non vi può (g) spirito benegno.
Non è di cor villan si alto ingegno,
Che possa immaginar di lei alquanto,
E però non gli vien di pianger voglia:
Ma n'ha (h) tristizia e doglia

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Di sospirar e di morir di pianto,
E d'ogni consolar (5) l'anima spoglia,
Chi vede nel pensiero alcuna volta
Quale ella fu, e come ella n'è tolta.

Dánnomi (1) angoscia li sospiri forte,
Quando il pensiero nella mente grave
Mi reca quella che m'ha il cor diviso:
E spesse fiate pensando (6) la (k) morte,
Me ne viene un desio tanto soave,
Che mi tramuta lo color nel viso.
Quando l'immaginar mi tien (1) ben fiso,
Giungemi tanta pena d'ogni parte,
Ch'io mi riscuoto per dolor ch' io sento;
E si fatto divento

Che dalle genti vergogna mi parte (7):
Poscia piangendo, sol nel mio lamento
Chiamo Beatrice; e dico: or se'tu mortar
E mentre che io la chiamo, mi conforta.

Pianger di doglia e sospirar d'angoscia,
Mi strugge (m) il core, ovunque sol mi trovo,
Si che ne increscerebbe a chi vedesse:

E quale è stata la mia vita, poscia
Che la mia donna andò nel secol nuovo (8),
Lingua non è che dicer lo sapesse:

E però, donne mie, pur ch'io (u) volesse (9),
Non vi saprei ben dicer quel ch' io sono;
Si mi fa travagliar l'acerba vita,

La quale è si invilita,

Che ogni uomo par mi dica (o): io t'abbandono,
Vedendo la mia labbia (10) tramortita.

Ma qual ch'io sia, la mia donna se'l vede,
Ed io ne spero ancor da lei mercede.

Pietosa mia Canzone, or va' piangendo,
E ritrova le donne e le donzelle,
A cui le tue sorelle

Erano usate di portar letizia;
E tu, che sei figliuola di tristizia,
Vattene sconsolata a star con elle.

CANZONE IV.

Rampogna Firenze, e ad essa dirige i suoi versi pieni di patrio amore e di sdegno. O patria degna di trionfal fama, De' magnanimi madre,

Più che 'n tua suora, in te dolor sormonta:
Qual (11) è de' figli tui che in onor ti ama,
Sentendo l'opre ladre (12)

Che in te si fanno, con dolore ha onta.
Ahi! quanto in te la iniqua gente è pronta
A sempre congregarsi alla tua morte,

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Con luci bfeche e torte

Falso per vero al popol tuo mostrando!
Alza il cor de' sommersi; il sangue accendi;
Sui traditori scendi

Nel tuo giudicio; sì che in te laudando
Si posi quella grazia (1) che ti sgrida,
Nella quale ogni ben surge e s'annida.
Tu felice regnavi al tempo bello
Quando le tue rede (2)
Voller che le virtù fussin colonne.
Madre di loda, e di salute ostello,
Con pura, unita fede (3)

Eri beata, e colle sette donne.
Ora ti veggio ignuda di tai gonne;
Vestita di dolor; piena di vizi;
Fuori i leai Fabrizi;

Superba; vile; nimica di pace.
O disnorata te! specchio di parte!
Poichè se' aggiunta a Marte,

Punisci in Antenora (4) qual verace
Non segue l'asta del vedovo giglio,

Tu te n'andrai, Canzone, ardita e fera,
Poichè ti guida Amore,

Dentro la terra mia, cui doglio e piango;
E troverai de' buon, la cui lumiera
Non dà nullo splendore,

Ma stan sommersi, e lor virtù è nel fango.
Grida: surgete su, chè per voi clango (8).
Prendete l'armi, ed esaltate quella:
Chè stentando vive ella;

E la divoran Capaneo e Crasso,
Aglauro, Simon Mago, il falso Greco,
E Macometto cieco,

Che tien Giugurta e Faraone al passo (9).
Poi ti rivolgi a' cittadin tuoi giusti,

Pregando si ch'ella sempre s' augusti (10).

CANZONE V.

Supplica la Morte a rattenere il colpo già mosso contro Beatrice.

Morte, poich'io non truovo a cui mi doglia,

E a que' che t'aman più, più fai mal piglio (5). Nè cui pietà per me muova sospiri,

Dirada in te le maligne radici,

De' figli non pietosa,

Che hanno fatto il tuo fior sudicio e vano,

E vogli le virtù sien vincitrici:

Si che la Fè nascosa

Resurga con Giustizia a spada in mano.
Segui le luci di Giustinïano,

E le focose tue mal giuste leggi
Con discrezion correggi,

Si che le laudi'l mondo e 'l divin regno:
Poi delle tue ricchezze onora e fregia
Qual figliuol te più pregia.

Non recando ai tuo' ben chi non è degno: Si che Prudenza ed ogni sua sorella Abbi tu teco; e tu non lor rubella.

Serena e glorïosa in sulla ruota
D'ogni beata essenza,

(Se questo fai) regnerai onorata;
El nome eccelso tuo che mal si nota,
Potrà poi dir Fiorenza;
Dacchè l' affezion t'avrà ornata,
Felice l'alma che in te fia creata!
Ogni potenza e loda in te fia degna.
Sarai del mondo insegna;

Ma se non muti alla tua nave guida,
Maggior tempesta con fortunal (6) morte
Attendi per tua sorte,

Che le passate tue piene di strida (7).
Eleggi omai. Se la fraterna pace
Fa più per te, o 'l star lupa rapace.

(a) Che il colpo tuo

(1) Affetto, benevolenza.
(2) I tuoi figli, i tuoi eredi.

(3) Benevolenza, affetto.

(4) Dante ha dato questo nome a un luogo

d'Inferno, dov' ei fa punire i traditori.

(5) Più guardi di mal occhio.

(6) Burrascosa.

Ove (11) ch' io miri, o'n qual parte ch'io sia;
E perchè tu se'quella che mi spoglia
D'ogni baldanza, e vesti di martiri,
E per me giri ogni fortuna ria;
Perchè tu, Morte, puoi la vita mia
Povera e ricca far, come a te piace,
A te conven, ch' io drizzi la mia face (12),
Dipinta in guisa di persona morta.
Io vegno a te, come a persona pia,
Piangendo, Morte, quella dolce pace,
Che colpo tuo (a) mi tolle, se disface
La donna che con seco il mio cor porta;
Quella ch'è d'ogni ben la vera porta.

Morte, qual sia la pace che mi tolli,
Perchè dinanzi a te piangendo vegno,
Qui non l'assegno; chè veder lo puoi,
Se guardi agli occhi miei di pianti molli;
Se guardi alla pietà ch'ivi entro tegno;
Se guardi al segno ch'io porto de' tuoi.
Deh se paura già co' colpi suoi

M' ha così concio, che farà'l tormento?
S'io veggio il lume de' begli occhi spento,
Che suole essere a' miei si dolce guida,
Ben veggio che'l mio fin consenti e vuoi:
Sentirai dolce sotto il mio lamento:
Ch'io temo forte già, per quel ch'io sento,
Che per aver di minor doglia strida (13),
Vorrò morire, e non fia chi m' occida.

Morte, se tu questa gentile occidi, ́

Lo cui sommo valore all'intelletto

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