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fitti, e farvi ne'muri dei cammini, luoghi comuni, arcove, cantine, ed altri tagli, e buchi, in modo, che è un miracolo, se sussiste in piedi ; quando che dovrebbe campeggiare in una gran piazza libera, e isolata, come se ne doleva con rammarico il Card. Bembo, scrivendo (1): Nam Pantheon quidem ipsum, quae profecto aedes maxime, quoniam rotunda est, late circumstrato foro patere undique, prospicique debuerat; ita paulatim domibus, tabernisque ad Templi parietes exacdificatis, obsepierunt, ut ab aquilone tantum nunc vix, aegreque conspiciatur. Ognun vede con quanto pericolo, e obbrobrio di sì degno Monumento, e di Roma, sede delle belle Arti.

2. Non v'è bisogno di provare, che le fabriche antiche publiche abbiano sempre appartenuto al Principato (2) sino dai tempi dei Re, della Republica, e degl' Imperatori, e dopo gl' Imperatori ai Sommi Pontefici. Fra tutte il Panteon è sempre stato il più a cuore degl' Imperatori, i quali lo hanno ristaurato in varj tempi, Domiziano, Adriano, Antonino Pio, Settimio Severo, e Caracalla: tra i Sommi Pontefici Gregorio III., Eugenio IV., Niccolò V., Clemente VIII., Urbano VIII., Alessandro VII., Clemente XI., e Benedetto XIV., il quale mostrò averne tanta premura, che volle con Breve del 1756., che Monsignor Maggiordomo ne avesse cura in ripulirlo, e ristaurarlo, come uno dei Palazzi Pontificj, sgravando di tal pensiere il Campidoglio.

3. Se pertanto in tali tempi di disordini è

(1) Nella mia Relaz. di un viaggio ad Ostia, pag.93.

(2) Ved. Giac. Gotofredo

Comment. ad Cod. Theodos.
lib. 15. tit. 1. in Parat., e la
mia cit. Diss.
mia cit. Diss. pag.331.

stato fabricato arbitrariamente addosso a questo insigne Monumento, non è stato che per usurpazione di prepotenti privati su i diritti del Principe, il quale può tolerarne l'abuso ; ma può rivendicare i suoi diritti imprescrittibili, quando lo crede opportuno; come fanno intendere gl' Imperatori Arcadio, e Onorio nella l. Si cui 9.C. De aedif.priv., e 46.C.Theod. De oper. publ. ; avvertendo questi fabricatori, che possono temere una volta, o l'altra la distruzione della loro casa : Ut privatus aedificator, velut perperam fabricati loci DESTRUCTIONIS QUANDOQUE FUTURAE timeat detrimentum.

4. E' principio certo, e fisso in jure, che non si può fabricare in luogo publico qualunque da un privato senza una permissione la più espressa, ragionata, ed incontrovertibile del Sovrano, la quale mai non si presume, in generale, e tanto meno, quando ne risulti un danno al publico; nel qual caso anche per l'Interdetto del Pretore se ne ordina la demolizione. L. Praetor ait 2. princ. ff. Ne quid in loc. publ. : Praetor ait: ne quid in loco publico facias, inve eum locum immittas, QUA EX QUẢ RE, QUID ILLI, DAMNI DETUR, praeterquam quad Lege, Senatusconsulto, Edicto, Decretove Principum tibi concessum est : DE EO, QUOD FACTUM ERIT, INTERDICTUM DABO.

5. Trattandosi di fabriche magnifiche di uso publico, e di ornamento particolare della Città, nemeno si devono attendere i Rescritti del Principe, che accordino fabricarvi addosso; ma devonsi distruggere le fabriche così addossate, senza che possa ostare prescrizione alcuna. L. Praescriptio 6.Cod. De oper. publ. : PRAESCRIPTIO TEMPORIS JURI PUBLICO NON DEBET OBSISTERE ; SED NEC

RESCRIPTA QUIDEM ; atque ideo diruenda sunt omnia, quae per diversas Urbes vel in Foro, vel in quocumque loco publico CONTRA ORNATUM, ET COMMODUM,AC DECORAM FACIEM CIVITATIS EXSTRUCTA NOSCUNTUR. L. Aedificia 14. eod. Aedificia, quae vulgo Parapetasia nuncupantur, VEL SI QUA ALIA OPERA moenibus, VEL PUBLICIS OPERIBUS ITA SOCIATA COHAERENT, ut ex his incendium, vel insidias vicinitas reformidet, AUT ANGUSTENTUR SPATIA PLATEARUM, VEL MINUATUR PORTICIBUS LATITUDO, DIRUI, AC PROSTERNI PRAECIPIMUS. Nella citata 1.46. Cod. Theod. non solo viene risolutamente ordinato dagl'Imperatori, di gettarsi a terra simili appoggiati edifizj: Aedificia privatorum publicis aedibus adhaerentia, sive superposita, destrui, tollique praecipimus; ma nella l. 25. eod. gl'Imperatori Valentiniano, Teodosio, e Arcadio comandano al Prefetto della Città, di far distruggere le fabriche così appoggiate o per temerità degli usurpatori, o anche per Rescritto del Principe, perchè questo si deve avere per orrettizio, e surrettizio, ossia per fraudolentemente estorto: Turpe est, blici splendoris ornatum, privatarum aedium adjectione corrumpi; et ea, quae conspicuae Urbis decori, vel nostri temporis, vel prioris saeculi aetate creverunt, aviditate cogendae pecuniae sociari. Unde sublimis Eminentia tua, QUIDQUID TALIS ASTUTIAE DEPREHENDERIT FRAUDE VIOLATUM, ID SI PUBLICIS NITORIBUS FACIEM ASPECTUS DETERIORIS INDUCIT, SIVE ILLUD VOLUNTARIA PRAESUMPTIONE TEMERATUM EST SIVE EXPRESSAM COACTIS ADNOTATIONIBUS OCCASIONEM FRAUDIS OBTINUIT, JUBEBIT

pu

AMOVERI. Al quale diritto di costituzioni Imperiali anche anteriori allude Ulpiano nella 1. Fideicommissa 11. §. 14. ff. De legat.3., chiamando illecito un tal modo di fabricare, che poi per le costituzioni si deve distruggere : Si quis ILLICITE AEDIFICASSET ( id est QUOD DIRUI CONSTITUTIONES JUBENT), an fideicommissum relinquere ex eo quis possit, videamus ? et puto posse ; cum enim DIRUI NECESSE SIT, nulla dubitatío est, quin Senatusconsultum impedimento non sit.

6. Trattandosi poi di fabriche publiche sacre, quale è stato sempre il Panteon dalla sua origine; e ora che è Chiesa, molto più è proibito anche per altro Interdetto del Pretore, di addossarvi fabriche private. L.1.ff.Ne quid in loco sacro: Ait Praetor: IN LOCO SACRO FACERE, INVE EUM IMMITTERE QUID, VETO. Quod ait Praetor: NE QUID IN LOCO SACRO FIAŤ, non ad hoc pertinet, quod ornamenti causa fit; SED QUOD DEFORMITATIS, VEL INCOMMODI. Sed et cura aedium, locorumque sacrorum mandata est iis, qui aedes sacras curant.

7. Nè vale perciò la ragione, che siasi fabricato addosso al Panteon, senza che alcuno lo abbia mai proibito, o molestato i possessori di tali case in tanti secoli. Una inavvertenza commessa in tempi infelici, in cui le leggi non potevano parlare, non dà un vero, e legitimo diritto ad operare contro le medesime. Il caso è preveduto espressamen te dalla legge stessa per rimediarvi, e rivendicare † diritti publici in termini meno forti del nostro, vale a dire di una fabrica semplicemente alzata in solo publico senza appoggiarla a publici Monumen ti, quando questa incomodi l'uso publico; nel qual caso chi gresiede alle opere publiche deve farla di

struggere. L. Praetor ait 2. §. Si quis 17. ff. Ne quid in loco publ.: Si quis nemine prohibente, in publico aedificaverit, non esse cogendum tollere, ne ruinis Urbs deformetur : et quia prohibitorium est Interdictum, non restitutorium. SI TAMEN OBSTET ID AEDIFICIUM PUBLICO USUI, UTIQUE IS, QUI OPERIBUS PUBLICIS PROCURAT, DEBEBIT ID DEPONERE. Nel caso nostro si deforma anzi la Città col deformare il più bel Monumento di essa, destinato all'ammirazione dell'Universo,e se ne defrauda il publico godimento, a tenore delle riferite leggi Imperiali, sulle quali non può cader dubbio, o aver luogo interpretazione. Il che s' intenda del Panteon considerato come semplice Monumento publico d'antichità: come Chiesa, la cosa è molto più forte. Per essa l'Interdetto del Pretore non è soltanto proibitorio in generale; ma è ancora assolutamente restitutorio, per modo che deve senza eccezione alcuna atterrarsi la nuova fabrica, e rimettersi le cose nel pristino stato, come seguita a dire Ulpiano nella stessa legge, §.19.: Locorum sacrorum diversa causa est in loco enim sacro non solum facere vetamur; SED ET FACTUM RESTITUERE JUBEMUR HOC PROPTER RELIGIONEM. E lo ripete nella 1. Hoc Edicto 1. §. Hoc autem 1. ff. De oper. nov. nunc.: Erit transeundum ad Interdictum, Quod vi, aut clam factum erit, ut restituatur; ET QUOD IN LOCO SACRO, RELIGIOSOVE, et quod in flumine publico, ripave publica factum erit: NAM HIS INTERDICTIS RESTITUETUR, SI QUID ILLICITE FACTUM EST. E per un esempio di ciò; al tempo degl' Imperatori Valentiniano, Valente, e Graziano, essendosi già propagato in Roma l'abuso di fabricare i privati anche addosso ai luoghi sa

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