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tettura abbelliscono all'occhio l'edifizio per simetria delle parti, così quella l'orecchio lu singa pel tintinnìo de' suoni corrispondenti. Ma questi traggon di spesso con loro la su perfluità la fiacchezza la sazietà quasi membri di pompa troppo affollati dall' architetto from= doso, che così dicesi acconciamente, qual l'albero non gastigato, la cui nobile forma e dignità dall'ingombro deformasi delle frondi e delle foglie lussureggianti. Nè il verso sciolto va immune pur esso di grave difficoltà, perchè sia sì robusto e sì grato ad un tempo, come a gran poesia si conviene, onde la lirica tutta rifiutalo, e l'epica non n'è contenta. Non è dunque a stupire se tra molte parafrasi scritturali lodevolissime in poesia incontria→ mo di rado una lodevole traduzione, e se a tentarla io preferisco la prosa. Nò non con traddico a me stesso che il prosaico stil de3 poeti traffissi ognora e abborrj, poichè qui parlo di prosa poetica non di prosaica poesia. Osservate la differenza. La ricchezza di nostra lingua e la sua latina origine quelle sono, che colle libere trasposizioni, col giro volubile della frase, colla sceltezza delle parole, e

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col numero melodioso la fan poetica, mentre la poesia per colpa de' verseggiatori cader si vede in ordinamento servile, in fraseggiar serpeggiante, in triviali vocaboli, in vuoto suono o disarmonico traducendo massimamente. Meglio è dunque tradurre in prosa così serbando quella sublime semplicità, que' color primitivi, quelle immagini, quella forza, quel vero e grande lontan d'ogni artifizio senza vincoli della rima e del metro ma non senza il presidio e il talento proprio del nostro linguaggio ad ogni eloquenza poetica pieghevolissimo. Vedete, io pregovi, com'ella scende la nostra lingua in poesia dai metri più alti ed arditi del sonetto dell'ottava e terza rima a quel più libero della canzone e del ditirambo, indi al drammatico ancor più libero e di poche rime contento, infine allo fciolto; e questo dal nobile della tragedia e del didascalico poema a quel dell' epistola del sermon della satira della commedia, ove appena direbbesi che verseggia.

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Tal era pur l'indole della madre, onde Orazio, dall' odi pindariche discendendo ammansa il metro e lo stile nelle anacreontiche,

spianalo poscia nell'arte poetica, e ne'sermoni, che più prossimi egli stesso dice alla prosa. Ma qual riman differenza, direte forse, tra prosa e verso, se confondonsi insieme per numero e per accenti? Questi, io rispondo, non son nella prosa a proprio luogo obbligati come nel verso, ma può quella piacere senza un numero ed un accento, onde credersi di sobbligata? Qual sarà dunque il confin ultimo tra prosa e poesia, se questa tanto divien prosaica, e tanto fassi quella poetica? Non è qui da prefiggersi, e basta ch'io condotti v'abbia al mio intento, Non m'accusate intanto d'una grammaticale e pedantesca anotomia, o saggi accademici, che quest'anzi è un analisi filosofica, e però cara alle scienze vostre sublimi, ond'io sia men reo presso voi con metodo analitico a voi sacro qui presentandomi . Agli altri tutti direi, che l'introdotta gradadazione fassi ognor per la musica più evidente, essendo ognor musica ancor quando da gran sinfonie, da composte arie e lavorate, a parlare da filarmonico, (4) vien la voce addol

cen

(a) Colonia dell'accademia «

cendosi, o lo stromento sino alla mohotona cantilena, o all' arpeggio della chitarra contadinesca, ch'è poco più musicale del suono delle campane, o de' martelli a colpi alterni in su l'incude cadenti, e allor più non è musica quando batte un martel solo o sola romba una campana, come più nulla non v'è di poetico nello scrivere una lettera, famigliare un contratto, un allegazione, un esibito, un protocollo se qui v'è più neppur lingua. A compier dunque l'analisi trovo amici de'prosatori i poeti allor che aman questi asconder il verso, che così a' tragici più grato riesce, il che a me nulla costa poichè facendol sentire gran fallo commetterei. Quindi i lirici più famosi cercarono elevatezza poetica le parole per cotal modo intrecciando, che quasi un verso non v'era che nell' altro non trapassasse, riflette il Tasso sopra i sonetti del Casa, il qual rompimento di versi secondo sì gran maestro grandissima gravità apporta, e in ciò più felice del Casa io sarò non sol rompendo i versi, ma distruggendoli. Altro comodo de' poeti più insigni ha pur la mia prosa per l'accoppiar di vocali a mio talento, onde son

st gradite l'elisioni in Catullo, in Orazió, in Virgilio, e rade assai ne' versi ingrati di Clau diano, di Stazio e di Lucano. La trasposizion infine o ravvolgimento di costruzione, che è il fascino più sentito, benchè men osservato de' Virgilj, de' Petrarca, de' Chiabrera m'è naturale, quando tornami bene l'usarlo, e allor son più poeta che non Trissino, Metastasio e gran parte de' verseggianti moderni, che appellansi pure poeti. Lascerò di dir dello stile, come ad analitico si converrebbe; ciò da me non dalla lingua dipende, dal talento mio non dallo studio, anima vuole e non leggi, o sviluppi, o quasi chimiche scomposizioni . Nò non so lusingarmi che il mio stile non sia languido ma non gonfio, sia sostenuto e non duro, elegante e non ricercato, splendido e non isfacciato, nobile e non superbo, armonico e non cantante, corretto e non servile, poetico finalmente e non poesia. Oserò solo affermare che qualchessiasi è stile mio e della mia lingua ambiziosa quest'oggi d'emular la più forte e vibrata, la più pittorica ed evidente, la progenitrice di tutte le lingue, onde il lontano si faccia presente, e l'altrui

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