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(a) del corno a significar la fortezza, dell'olio la mansuetudine, de' manipoli la buona fede, delle spine il dolore, del torcolar l'afflizione degli unguenti e profumi aromatici il buon esempio. Da loro apprese ogni gente a por la morale in parabole rusticane a farla sensibile con personaggi posti in azione a non culti intelletti, come ne abbiam nel Vangelo del buon grano e della zizania del vignajuolo, dell'arator, del gastaldo, del buon pa store, della pecorella smarrita, della pianta feconda, e dell' infruttifera. E dalle frutta appunto chiamavansi per idiotismo frutti del cuore i pensieri e gli affetti, frutto del labbro la parola, frutto del ventre la prole, frutti d'onore e d'onestà l'opere sante, molti de quali inserimmo ne' nostri idiomi senza pro

to

(a) Eccl. 16. Non oderis laboriosa opera & rusticationem creatam ab Altissimo.

Jerem. c. 64. Torcular calcavi solus vinum de torcularibus sustuli nequaquam calcator uve.

Sicut unguentum quod descendit in barbam Aaron Ascende in Galaad, & tolle resinam virgo filis Egipti frustra multipliças medicam ina.

totipo gl' inutili fior preferendosi alle frutta da noi coltivator dilicati e non faticosi.

Ma dove perdomi in piccoli oggetti allorchè m' invita quel felice popolo agricoltore e pastore al maggior entusiasmo spiratogli da Dio presente ognora nel cielo e nell' universo in quella teocrazia manifesta e parlante a parlar sempre e manifestarlo cantando inni sublimi? Ben più felice che il popol caldeo pastore anch'esso in clima lieto e sereno ad osservare i giri dei cieli stellati e a tramandarne memorie a più tardi astronomi, ma senza alzarsi a Dio a lodarlo a benedirlo come l'ebreo poetando divinamente. In que vasti orizzonti, in quell'ampia scena di creature come sorgono avanti al Sole, come in coro ripetono colle stelle e i pianeti, colle valli e coi monti, colle piogge e le ruggiade, coi nembi e lo spirito delle procelle: Can tate lodate benedite narrate › ed esaltate la man benefica onnipotente (a). Voi giorni e notti, voi vesperi e aurore e brume e nebbie. nevi e ghiacci e freddo e calore, e mari e

(4) Psal, ad Laudes.

tem

tempeste, e turbini e tuoni, e voi rettili ed animali dal mar profondo, dai boschi opachi uscite a lodarlo con noi sul teatro dell'universo sino agli ultimi suoi confini. Passa Iddio su i monti (a) che come cera sotto al suo piè liquefannosi, crolla al suo sguardo la terra, il mar fugge al suo cospetto, il Giordanospalancasi, e torna addietro: terra e mare Pesalti con tutti i boschi e le selve consapevoli di sua presenza, tutto giubili e serva a Dio con letizia, entri il popolo in sua presenza, sia la greggia del pascol suo, entri nelle sue porte a confessarlo, risuonin gli atrii degl' inni che ne facciano testimonio &'c.

Ma chi può trasportarsi come dovrebbe a quel grande spettacolo d'immenso drizzonte, tra quei cori d'immenso popolo a ripetere ed alternare i ritornelli, gl' intercalari, le pause e le riprese de cantici, degl'inni, dei salmi, or co' leviti or colle turbe, i quali pur tutto di noi ripetiamo sì freddamente? Oh poesia celeste o divin canto emulatore dell'armonia

de

(a) Montes sicut cera fluxerunt a facie Domini Ps. 69.

de'cieli che mai noa dorme, (a) dicea Giobbe; per te nodrironsi dopo il popolo eletto i primi cristiani la legge santa in te meditando, e tramandandola di padre in figlio, a memoria tenendoti, in ogni luogo e tempo recandoti seco, onde fusti, sul petto ancora de' morti in catacombe trovata! Teco gli Apostoli evangelizzarono, teco i martiri giubilarono ne' tormenti, teco le vergini, i vescovi, i santi vissero vita celeste in que' secoli. fortunati, e per te poi popolaronsi d' anacoreti i deserti, corsero i monaci a mille tra le boscaglie, o su le rupi, ove ancor sono i più antichi Cenobj di Cassino, di Camaldoli d'Oliveto in Italia. Là sorgevano nelle notti, là gareggiavano in sull'aurore a contemplar salmeggiare or uniti or divisi alle selve insegnando e ai dirupi non sordi a risuonare le lodi di Dio, ad imp'orarlo, adorarlo, esaltarlo incessantemente. Ah che son tutte le poesie, che son l'arti e le scienze tutte a tal

pa

(a) Quis enarrabit cælorum rationes, & concenzum cœli quis dormire faciet. c. 38.

paragone? Oh poesia degna d'un Dio, anzi eterna con lui, che sino agli ultimi giorni andrai del mondo con noi passando in seno all'eternità quando il fatale eccidio dell'universo distrutto avrà questo globo, e i suoi più ricchi ornamenti de' cieli, e de' soli, e dei versi, ahi non più immortali, di Virgilio e di Petrarca.

SE

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