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dell' universo a vederci sin dall'origine l'amore divino rappresentato cioè Dio stesso quel Dio buono per se, fuor di cui niuno è buono, principio e fine d'ogni bontà, che così parla (a): Ho amato l'uomo ab'eterno e con perpetua carità l'ebbi sempre nel mio pensiero, e al principio delle sue vie ne presi possesso, in lui posi il mio cuore a par degli angioli magnificandolo, coronandol della mia gloria, e su l'opere delle mie mani costituendolo. Ricordo or con questa, o signori, quel Penfatica poesia de' Proverbj, e della Sapienza, che v'esposi altra volta come sublime, ed oggi come amorosa in figura di carità divina esporrei, se bisognasse, inverso dell'uomo, stando ella ál fianco del Creatore nel prepararne i cieli, e con certa legge e gira argin mettendo all abisso, librando l'acque in su l'alto, frenando il mare ne' suoi confini, e su le sue fondamenta sospendendo la terra. Ed ella stessa è la carità, che qui manifestasi : i miei amanti, sclamando, io amo pensosal per arricchirli d'ogni tesoro : Ego · diligentes

(0) In charitate perpetum dilexi se

me

me diligo ut ditem diligentes me, & thesaus ros eorum repleam, e finisce l'estatica prosopopeja col vanto d'essere stata compagna del Facitore in compor tutte le cose, cum ed eram cuncta componens, e godendo di que' mirabili scherzi d'onnipotenza con lui, ludens coram eo in orbe terrarum, sino a farsi delizia amorosa lo stendere a star cogli uomini : deliciæ meæ esse cum filiis hominum. Qual più mobile poesia, qual più amorosa? E non è l'amor medesimo, che provoca Giobbe a gratitudine quando Iddio gli dice: (a) Dov'eri tu quand' io fermai la terra su i fondamenti suoi? Dimmi chi regolonne le proporzion; lê misure, chi stese il livello su lei? Su qual appoggio è fondata? Chi ne posò la pietra angolare, (b) allor quando lodavanmi gli astri matutini, e in alte grida di gioja prorompevano i figli tutti di Dio ? Testo classi

CO

(4) Job.38. Ubi eras quando ponebam fundamenta tetræ, quis posuit mensuras ejus, quis tetendit súper eam lineam, super quo bases illius solidate sunt, quis demisit lapidem angularėm ejus.

( Job 38. Ubi eras cum me laudarent astra matutine & jubilarent omnes filj Dei?

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co a fissar la creazione degli angeli pur altrove detti da Giobbe figli di Dio, (a) non potendo lodar Dio fuorchè creature intelligenti, e testimonj nella manifestazione della sapienza, bontà, poter divino in creando.

E basti di tali amorosi rimproveri (ad esser breve) co' quali Dio si compiacque da amante benefico per esserne riamato dall'uomo, per cui creò sì magnifico albergo. Volete vederlo avverato nel Genesi al tempo stesso di creazione, e in parole profondamente. espressive d'affetto? Lo Spirito di Dio portato era su l'acque, ch'è lo spirito appunto di carità tutto inteso ad ordinare la casa dell'uomo già vicino ad entrarvi, poichè nell' ebreo, e nel siriaco testo, secondo i dotti, e S. Girolamo quel ferebatur, non dice sol ch' era portato rapidamente, ma che lievemente moveasi come augello, che stende l'ale sopra i pulcini per addestrarli al volo, oppure a quel modo, onde cova, e riscalda l' uova per far nascer la prole. Cubabat tradussemi un dotto ebreo. Cui Mosè

nel

(4) Job 1, 6, &c. II. x,

1

nel suo cantico può far commento spiegando Pamor di Dio pel suo popolo (a), 'com3 aquila stendesi ad eccitar i figli al volo, cost gli ha stese l'ali, sú le quali il levd, e portollo su'l dorso suq. Oh quai poemi, quai cantici di cuore ardente potrei ripetervi su questa fabbrica maravigliosa del mondo, e su l'amante architetto di quella, se le poesie vi recitassi di Mosè, de' Profeti, e più ancor del Salmista, davanti a' quali che son mai que poeti antichi e moderni d' ogni nazione, e parnaso, che cantarono in tanti modi lo spettacolo della natura senza sentirne, e far sentir quell'amore, che il chiamò dal nulla, e ordinollo, e l'abbell? Quanti poemi sulla creazione, su la genesi, su la fabbrica del mondo in varj metri e linguaggi io lessi, e sino alle sette giornate del gran Tasso tutti son descrizioni freddissime dell'universo materiale a material guardi visibile non mai calde dell'ardor di quel cuore divíno, che vi sfavilla per entro, ed arde per l'uomo, a cui sempre mira, e le destina. Tra queste chi

(4) Deuter. 32.

non

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non doveva ammirando intenerirsi alla creazione degli Angeli per lo stesso destino amorosissimi? Se a Dio non piacque scoprirci il beneficio di tanti astri colà negli abisși degli ultimi cieli per tanti secoli a noi nascosi, è pe' nostri nuovi vetri astronomici nuovamente rapiti a quel profondo oceano d'ignoti mondi, non così tacque le schiere immense ad un tempo da lui create, come or ora vedeste di spiriti innumerabili per noi veri, e vivi astri benefici ad illuminarne, guidarne, confortarne in questa vita mortale verso la loro immortalità. Qual onore, esclama un Santo, qual eccesso d'amor del mio Dio d'affidar la cura del miser uomo ai grandi della sua corte, ai contemplatori della sua gloria, ai ministri di sua potenza fatti amministratori, aggiunge Paolo (a), per coloro, ch' entrano all'eredità di salute? E qual cantico di gratitudine non sorse però dalla cetra davidica, su P umana natura all' angelica poco men che agguagliata paulo minus (b), e su l'uf

fi

(a) Hæb. 1. 14. Qui habitat in adjutorio Altissimi &c.

(b) Ps. 8. Minuisti cum paulo minus ab' Angelis •·

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