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greca dipinga il dolce tempo della primavera e la origine dello amore di Dante, potranno giudicare i lettori dai versi seguenti:

Oh! veramente il tuo leggiadro nome

Ben ti stava in quel dì, Città dei fiori,
E parean per incanto trasmutarsi

In rosei giardini le tue vie;

E vaghi intrecci di novelle fronde

Fiorian le tue magioni, ed eran fiori,

Ed eran serti interpreti d'amore,

Che i dolci arcani ne svelavan. Trepide
Attendeano quel dì le giovinette

E le deserte soglie eran compiante!

E più sotto ove descrive la festiva e infantile brigata di casa i Portinari.

Han seguito giocondi ivi i lor padri

Fanciullette e fanciulli, e insiem si danno
A trastullar amabilmente. Un d'essi
(Grave più che l'età sua nol comporti,
Novenne appena) sta tacito e immoto
Contemplando da lunge una leggiadra
Più tenera di lui, cara fanciulla.
Bionda era e bella, e di gentile aspetto,

E negli atti soave e nella voce:

Ma il suo sguardo, oh! il suo sguardo era celeste,

E parte vi lucea di quella possa,

Che poi di cielo in ciel l'inclito amante

Fino al trono di Dio tragger dovea.

E di qui con vaghissimo passaggio aprendosi la strada a ragionare dello altissimo destino della DONNA, di questo Si povero, sì fragile strumento,

le sgorga così facile ed elegante una vena di versi, e

così nobili e santi pensieri, che in leggendo non si può a meno che sclamare: ecco la sola, la vera poesia: quella, che giusta il pensiero di Platone, è ideale per l'oggetto onde piglia le mosse, e morale e civile per lo scopo a cui s'indirizza: poesia veramente degna di... quel Divo Spirto,

Che all'Italia donò favella e canto,

E ben questi versi parvero ritrarre al mio pensiero le sconosciute sembianze della valorosa poetessa: tanto essa mi si mostra gentile e nodrita di ogni più cara eleganza e informata di ogni più santa virtù.

Eccone alcuni versi:

Sia che al guardo mi splenda il caro volto
D'innocente fanciulla, a cui la vita
Di rosei giorni intrecciasi, giocondi
Al par delle ghirlande, ond' hanno fregio
Le mollissime chiome; o sia ch'io miri
Vergin pensosa ergere al cielo il guardo,
Quasi ragion della mestizia arcana

Chiedendo, e un gaudio ch'ella brama e ignora;
O cinte al crin le nuziali rose

Muover la veggio trepidante all'ara:
Sempre nel cor misterioso un grido
Mi suona, sempre nel pensier mi torna
L'alto destin, a cui chiamata ha Iddio
Questa dell'uom compagna.....

E poco appresso quindi sclama:

Pensando il carco di cotanto ufficio,

Ahi! chi non trema?

E subito con slancio inatleso, ma naturale e sublime e passionato come suggella il vile seduttor della donna!

Oh! sciagurato! oh! sceso
Dall'utero materno entro la tomba,
Oh! folle l'uom, che traviar s'attenta
Costei, ch'è l'angiol della terra! Guai
A lui che il dubbio entro sua mente gitta,
A chi lo spirto ne deprava e il core!
Oh! l'abominio della terra è poco
Per costor dell' inferno messaggieri!
Ma soprumana, assidüa una forza
Li turbi sì, che del posar sia nulla:
Ma perenne, crudel, misteriosa

Li segua una paura, e a sè d'intorno

La diffondan così, qual se di foco

Lor segnasse la fronte un marchio infame:
Ognun li pensi traditori, e vadano
Errabondi; e nel dì delle battaglie
Segno di scherno sia la lor viltade!
Ne mai sorriso di verace amore
Mai non li allegri.....

E rivolgendosi agli uomini che cogli scrutatori dubbii avvelenano l'anima innocente della donna, che è tutta fede e amore e speranza, con quanta verità e con quanta bellezza di verso non priega!

Deh! nel tumulto

Di vostre insanie scrutatrici, in quelle

Gelate ore del dubbio, oh! da noi lunge

Pietà di voi... di noi vi tenga!... Un giorno

Anelanti di vita, ahi vanamente

Quei rapiti tesor ne chiedereste!

E seguitando poi a descrivere il dolce amore e le soavi lagrime del gran Fiorentino, e dopo averlo esso stesso introdotto a narrare

La virtù del mirabile saluto;

traducendo in versi con vaghissimo artifizio un passo della Vita Nuova, in cui tutta ne si rivela l'anima innamorata del poeta, esce improvviso, e quanto opportunamente in questa riflessione :

Sei, tu gigante del pensier, che narri?
Oggi i pigmei, che dan carco alla terra,
Arrossirien di si gentili e pure
Confession. Ahi d'innocenti cose
Troppa ne vince stolida vergogna!
Felici i dì, che vergini e possenti

Al par della parola, avean gli affetti!

E qui lo splendido carme veste le lugubri e mestc spoglie della elegia; e la gentile anima della BRENZONI tutta si versa in pianto al vedere

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Della speranza disparir si ratto!

Oh! gli affettuosi e cari versi! Giudichino i lettori.

Ma son pur brevi, e quasi erba caduchi,
Fuggevoli com' ombra i di dell' uomo;
E sovente lo spirto, che più tragge
Dalle sfere sublimi, onde in pria mosse,
Mal regge a queste gravi aure terrene!
Ella moria!... Degli anni suoi nel fiore,
Già matura pel cielo... Ella moria!

Oh! come il cor s'aggela, e come piange,
Oh! come trema questa fragil creta,
Beltå vedendo e giovinezza e amore
Discendere nel sepolcro, e il dolce riso
Della speranza disparir si ratto!

Bello oltre ogni dire poi ci parve quello immaginare che lo umano spirito nello affacciarsi alla seconda vita, e nel rivolgere un pietoso e ultimo addio ai mesti giorni

che furono, divenga, a così dire, veggente, e prelibi di quella luce immortale che lo attende: e quindi bella e di moltissimo effetto la visione di Beatrice in quelle ore estreme, in cui

Forse allora il tuo sguardo, o Beatrice,
Securo scese per la prima volta
Negli occulti del core al tuo poeta:
Forse ti parve allor solo qual era
Sublime e grande l'amor suo, qual era
La memoria e il dolor che ti seguia!
Vedesti il nome tuo di gloria cinto
Confondersi nei secoli futuri

Di Dante al nome e di Fiorenza, e un eco
Amorosa ridirlo ti parea,

Infin che l'aura in questa dolce terra

Risponda al canto, infin che scaldi amore

Negli italici petti un cor gentile!

E gentile per verità dimostra averlo la Contessa BRENZONI, e i suoi versi saranno oggimai l'eco amorosa che ridirà il nome di DANTE e di BEATRICE.

Abbraccia in seguito il Canto le varie epoche della vita del sovrano poeta, e prima la guerriera, quando anch'egli, il grande nel ruinoso turbine delle ire civili e faziose fu travolto, e giovinetto ancora

Pugnar tra' primi Campaldin lo vide.

E chi non vorrà applaudire a' seguenti versi, dove non mi so bene, se più ammirabile sia la splendidezza della poetica elocuzione, o la forza e la evidenza del civile concetto !

Oh! che ti valgon le fiorite rive

D'Arno, e le fonti de' tuoi verdi colli,
Vaga Fiorenza, e i ceruli oliveti,

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