greca dipinga il dolce tempo della primavera e la origine dello amore di Dante, potranno giudicare i lettori dai versi seguenti: Oh! veramente il tuo leggiadro nome Ben ti stava in quel dì, Città dei fiori, In rosei giardini le tue vie; E vaghi intrecci di novelle fronde Fiorian le tue magioni, ed eran fiori, Ed eran serti interpreti d'amore, Che i dolci arcani ne svelavan. Trepide E le deserte soglie eran compiante! E più sotto ove descrive la festiva e infantile brigata di casa i Portinari. Han seguito giocondi ivi i lor padri Fanciullette e fanciulli, e insiem si danno E negli atti soave e nella voce: Ma il suo sguardo, oh! il suo sguardo era celeste, E parte vi lucea di quella possa, Che poi di cielo in ciel l'inclito amante Fino al trono di Dio tragger dovea. E di qui con vaghissimo passaggio aprendosi la strada a ragionare dello altissimo destino della DONNA, di questo Si povero, sì fragile strumento, le sgorga così facile ed elegante una vena di versi, e così nobili e santi pensieri, che in leggendo non si può a meno che sclamare: ecco la sola, la vera poesia: quella, che giusta il pensiero di Platone, è ideale per l'oggetto onde piglia le mosse, e morale e civile per lo scopo a cui s'indirizza: poesia veramente degna di... quel Divo Spirto, Che all'Italia donò favella e canto, E ben questi versi parvero ritrarre al mio pensiero le sconosciute sembianze della valorosa poetessa: tanto essa mi si mostra gentile e nodrita di ogni più cara eleganza e informata di ogni più santa virtù. Eccone alcuni versi: Sia che al guardo mi splenda il caro volto Chiedendo, e un gaudio ch'ella brama e ignora; Muover la veggio trepidante all'ara: E poco appresso quindi sclama: Pensando il carco di cotanto ufficio, Ahi! chi non trema? E subito con slancio inatleso, ma naturale e sublime e passionato come suggella il vile seduttor della donna! Oh! sciagurato! oh! sceso Li segua una paura, e a sè d'intorno La diffondan così, qual se di foco Lor segnasse la fronte un marchio infame: E rivolgendosi agli uomini che cogli scrutatori dubbii avvelenano l'anima innocente della donna, che è tutta fede e amore e speranza, con quanta verità e con quanta bellezza di verso non priega! Deh! nel tumulto Di vostre insanie scrutatrici, in quelle Gelate ore del dubbio, oh! da noi lunge Pietà di voi... di noi vi tenga!... Un giorno Anelanti di vita, ahi vanamente Quei rapiti tesor ne chiedereste! E seguitando poi a descrivere il dolce amore e le soavi lagrime del gran Fiorentino, e dopo averlo esso stesso introdotto a narrare La virtù del mirabile saluto; traducendo in versi con vaghissimo artifizio un passo della Vita Nuova, in cui tutta ne si rivela l'anima innamorata del poeta, esce improvviso, e quanto opportunamente in questa riflessione : Sei, tu gigante del pensier, che narri? Al par della parola, avean gli affetti! E qui lo splendido carme veste le lugubri e mestc spoglie della elegia; e la gentile anima della BRENZONI tutta si versa in pianto al vedere Della speranza disparir si ratto! Oh! gli affettuosi e cari versi! Giudichino i lettori. Ma son pur brevi, e quasi erba caduchi, Oh! come il cor s'aggela, e come piange, Bello oltre ogni dire poi ci parve quello immaginare che lo umano spirito nello affacciarsi alla seconda vita, e nel rivolgere un pietoso e ultimo addio ai mesti giorni che furono, divenga, a così dire, veggente, e prelibi di quella luce immortale che lo attende: e quindi bella e di moltissimo effetto la visione di Beatrice in quelle ore estreme, in cui Forse allora il tuo sguardo, o Beatrice, Di Dante al nome e di Fiorenza, e un eco Infin che l'aura in questa dolce terra Risponda al canto, infin che scaldi amore Negli italici petti un cor gentile! E gentile per verità dimostra averlo la Contessa BRENZONI, e i suoi versi saranno oggimai l'eco amorosa che ridirà il nome di DANTE e di BEATRICE. Abbraccia in seguito il Canto le varie epoche della vita del sovrano poeta, e prima la guerriera, quando anch'egli, il grande nel ruinoso turbine delle ire civili e faziose fu travolto, e giovinetto ancora Pugnar tra' primi Campaldin lo vide. E chi non vorrà applaudire a' seguenti versi, dove non mi so bene, se più ammirabile sia la splendidezza della poetica elocuzione, o la forza e la evidenza del civile concetto ! Oh! che ti valgon le fiorite rive D'Arno, e le fonti de' tuoi verdi colli, |