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della nostra vita buona: l'una si è stupore l'altra si è pudore la terza si è verecundia; avvegnachè la volgar gente questa distinzione non discerna ». Tutte tre esse

sono necessarie all'adolescenza, e fanno le passioni sopraddette, che vergogna volgarmente sono chiamate> (1). Lo stupore è uno stordimento d'animo per grandi e meravigliose cose viste, udite o sentite (2). In < quanto paiono grandi fanno reverente a sè quello che le sente; in quanto paiono mirabili fanno voglioso di sapere. di quelle quello che le sente» (3). Per questo gli antichi nelle loro magioni facevano magnifici lavori d'oro, di pietre preziose e d'artificio, acciocchè quelli che li vedessero divenissero « stupidi, e però riverenti e domandatori delle condizioni onorevoli dello rege » (4). Il pudore è un ritraimento d'animo da laide cose, con paura di cadere in esse. Lo sentono le vergini, le donne buone e gli adolescenti, i quali dinanzi alle tentazione o all'impura idea del male tutti si dipingono nella faccia di pallido o di rosso colore» (5). Or quanti falli rifrena questo pudore! quante disoneste cose e domande fa tacere (6). L'obbedienza, la soavità e la vergogna, che debbono adornare l'adolescenza, riescono più efficaci se appaiono in un bel corpo. Il debito ordine delle membra umane rende un piacere come di un'armonia mirabile, e la buona disposizione, cioè la sanità getta sopra di esse << un colore dolce a riguardare » (7).

(1) Cfr. Op. cit. ibid. p. 352.

(2) Cfr. Op. cit. ibid.

(3) Cfr. Op. cit. ibid.

(4) Cfr. Op. cit. ibid. p. 353.

(5) Cfr. Op. cit. ibid.

(6) Op. cit. ibid.

(7) Cfr. Op. p. 355.

Le doti morali dell'adolescenza, col succedersi degli anni, vengono accresciute dai pregi della gioventù, che << dev'essere temperata, forte ed amorosa, cortese e leale le quali cinque cose paiono e sono necessarie alla nostra perfezione» (1). Bisogna rammentare quello che s'è detto dell'appetito (2), il quale dev'essere governato dalla ragione (3). Essa lo guida con il freno della temperanza, quando vuole troppo correre, e lo sprona con fortezza nel caso che voglia indietreggiare (4). Alla gioventù è necessario che sia amorosa, venerando i genitori, mostrando affetto pei congiunti, pei maestri, per gli amici. Occorre altresi essere cortese (5) e leale. « La lealtà è seguire e mettere in opera quello che le leggi dicono; e ciò massimamente conviene al giovane » (6). Ben altre sono le doti della vecchiaia. In essa l'anima che è riuscita a nobilitarsi « s'è prudente, si è giusta, si è larga e allegra di dire bene e pro d'altrui e di udire quello, cioè che è affabile. E mente queste quattro virtù a questa età sono convenientissime» (7).

Il vecchio per essere prudente, cioè savio, è mestieri che abbia buona memoria delle vedute cose, e buona conoscenza delle precedenti, e buona provvedenza delle future (8). Non è possibile la saviezza

(1) Cfr. Op. cit. cap. XXVI, p. 355.

(2) Cfr. Op. cit. cap. XXII, p. 335 e seg. Vedi il capitolo precedente.

(3) Cfr. Op. cit. cap. XXVI, p. 357.

(4) Cfr. Op. cit. ibid.

(5) Cfr, Op. cit. ibid. p. 358.

(6) Cfr. Op. cit. ibid. p. 358 e seg.

(7) Cfr. Op. cit. cap. XXVII, p. 360.
(8) Cfr. Op. cit, p. 361.

senza la bontà, e perciò « non è da dire savio chi con sottratti (1) e con inganni procede, ma è da chiamare astuto » (2). Conviene pure ai vecchi essere giusti, acciocchè i loro giudizi e la loro autorità siano « un lume e una legge agli altri » (3). Per gli antichi filosofi la giustizia fu veduta apparire» soltanto << perfetta » nella vecchiaia, e perciò fu commesso il reggimento delle città ai vecchi, e il collegio dei rettori venne detto Senato (4). La larghezza dev'esser virtù anche dei vecchi (5), e molto si addice a loro essere affabili, ragionare il bene e volentieri udirlo (6).

Dopo la varia attività dell'adolescenza, della gio. ventù e della vecchiaia, che fa l'anima nella decrepitezza? Due cose: ritorna a Dio, donde venne per entrare nel mare della vita, e benedice il cammino che ha percorso, « perocchè è stato diritto e buono e senza amaritudine di tempesta» (7).

La morte naturale è termine a noi di lunga naviga. zione e di quiete. L'uomo probo che muore è come il buon marinaio che si avvicina al porto, abbassa le vele e si riposa. Sul declinare dunque del viver nostro dobbiamo calare le vele delle nostre mondane operazioni, e tornare a Dio con tutto nostro intendimento e cuore: sicchè a quel porto si vegna con tutta soavità e con tutta pace (8). La morte che avviene nell'estrema

(1) Cioè con lusinghe, allettamenti o astuzie.

(2) Cfr. Op. cit. ibid.

(3) Cfr. Op. cit. p. 362.

(4) Cfr. Op. cit. ibid.

(5) Cfr. Op. cit. ibid.

(6) Cfr. Op. cit. p. 364.

(7) Cfr. Op. cit. cap. XXVIII, p. 366.

(8) Cfr. Op. cit. ibid.

vecchiezza non reca nessun dolore. Come << un pomo maturo leggiermente e senza violenza si spicca dal suo ramo; così la nostra anima senza doglia si parte dal corpo ov'ella è stata » (1). Con molto desiderio rendesi a Dio, e uscire « le sembra dell'albergo e ritornare nella propria magione... » (2).

Deponiamo ogni mondano diletto e volgiamoci liberamente a Dio. Bramosa di Lui, « la nobile anima dice Dammi, Signor mio, omai lo riposo, dice: dammi almeno ch'io in questa tanta vita sia chiamata tua » (3).

(1) Cfr. Op. cit. ibid.
(2) Cfr. Op. cit. p. 367.
(3) Cfr. Op. cit. p. 370.

CAPITOLO XIV.

Lo spirito di Dante nel 1298. Dolorose condizioni della Penisola. - Agitazione in Firenze. Discordia fra i Grandi. I Cerchi e i Donati. Le fazioni dei Bianchi e dei Neri. — L'opera di Bonifazio VIII. - Suoi vani tentativi. Denunzia di Lapo Saltarelli contro le trame dei Donati in Roma. - Condanna dei cospiratori. Sdegno del Pontefice. Rifiuto di Vieri de' Cerchi e pacificarsi coi Neri. Tumulto del 1° maggio 1300.- Ambasceria di Dante in San Gemignano.

Terminato nel 1298 il quarto trattato del Convito, Dante era pronto a volgere la nave della sua giovinezza verso i lidi eterni; ma non era scoccata l'ora del suo mistico viaggio. Per essere in grado a poterlo iniziare con pienezza di spirituale elevazione doveva proseguire la sua rotta attraverso l' infido mare della vita italiana, che non dava segno di bonaccia. Dal settentrione al mezzogiorno della Penisola infuriavano le bufere civili, si succedevano le fosche procelle, che oscuravano il cielo della Patria come un annottare tenebroso. Rosi da fieri rancori, gli animi riardevano di odio, bramosi di vendetta; le fazioni si accanivano in lotte sanguinose, e funestate di lutti e di stragi erano

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