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i Donati erano odiati; ma trovavano simpatia nel popolo minuto, e si facevano valere in Firenze più specialmente col favore dei Capitani di Parte; i Cerchi invece con quello della Signoria. Così il Palazzo della Parte e quello dei Priori erano come i quartieri di due campi avversi (1). Le due famiglie si trovavano vicine nei loro possessi in campagna e in Città. Ambedue avevano case nel sesto di S. Piero, che per le continue zuffe fu chiamato il Sesto dello Scandalo (2). Tutto dava esca al fuoco, e la più piccola scintilla poteva divenire fiamma di grande incendio (3).

Gli animi dei Cerchi e dei Donati, e dei loro seguaci erano rosi da occulti rancori, che prorompevano spesso in iscatti furibondi. Come e quando cotesti partiti assumessero il nome di Bianchi e di Neri non è facile dirlo con precisione (4). I due nomi erano antichi in Firenze, come distintivi di famiglie, e v'erano già prima i Cerchi Bianchi ed i Cerchi Neri. I medesimi nomi avevano allora diviso in due avverse fazioni la famiglia de' Cancellieri in Pistoia, dove fieramente si combattevano.

In questi tempi scrive Giovannni Villani -- era la città di Pistoia in felice e grande e buono stato secondo il suo essere, e intra gli altri cittadini v'avea un legnaggio di nobili e possenti che si chiamavano Cancellieri, non però di grande antichità, nati d'un ser Cancellieri, il quale fu mercadante e guadagnò moneta assai, e di due mogli ebbe più figliuoli, i quali per la loro ric

(1) Cfr. Op. cit. ibid. p. 442.

(2) Cfr. Op. cit. ibid.

(3) Cfr. DINO COMPAGNI, La Cronaca Fiorentina, ecc. per cura di Domenico Carbone, ediz. cit. libro primo, p. 22 e seg.

(4) Cfr. PASQUALE VILLARI. Op. cit. capitolo IX, p. 442.

chezza tutti furono cavalieri, e uomini di valore e dabbene, e di loro nacquero molti figliuoli e nipoti, sicchè in questo tempo erano più di cento uomini d'arme, ricchi e possenti e di grande affare, sicchè non solamente i maggiori di Pistoia, ma de' più possenti legnaggi di Toscana. Nacque tra loro per la soverchia grassezza e per sussidio del diavolo, sdegno e nimistà, tra il lato di quelli ch'erano nati d' una donna a quelli dell'altra, e l'una parte si puose nome di Cancellieri Neri, e l'altra Bianchi » (1).

I Fiorentini, invitati dai Pistoiesi, s'intromisero fra quelle fazioni, le quali, in maggioranza esularono poscia a Firenze. I Bianchi alloggiarono in casa Frescobaldi : i Neri presso alcuni de' Cerchi, ch'erano loro parenti (2). << Ma siccome l'una pecora malata corrompe tutta la greggia, così questo maledetto seme uscito di Pistoia in Firenze » guastò « tutti i Fiorentini » (3), che sempre più si divisero. I Donati si appellarono Neri; i Cerchi pigliarono il nome di Bianchi. Dante, non ostante la sua parentela coi Donati, fu dei Bianchi, ch'erano Guelfi moderati e aborrivano gli eccessi faziosi; i Neri invece erano Guelfi arrabbiati e spiravano sempre un furore antighibellino, che fu cagione di grandi sventure.

Fra le nuove discordie della Repubblica Fiorentina appariva politicamente una singolare figura d'uomo e di lottatore Benedetto Gaetani di Anagni, il quale, succeduto nel 1294 a Celestino V.

1) Cfr. GIOVANNI VILLANI, Cronaca, a miglior lezione ridotta con l'aiuto dei testi a penna, Tom. III, lib. ottavo, cap. XXXVIII, p. 54. Firenze, 1823.

2) Cfr. PASQUALE VILLARI. Op. cit. capitolo IX, p. 442.
(3) Cfr. GIOVANNI VILLANI. Op. cit. ibid.

Che fece per viltate il gran rifiuto (1),

assunse il nome di Bonifazio VIII. Con il suo Pontificato un possente fermento era penetrato e si era svolto nella storia d'Italia e d'Europa, nell'irrequietezza dei partiti, nella cupidigia dei principi e dei re, da Carlo II d'An giò, sedente sul trono di Napoli, a Filippo il Bello, re di Francia: da Giacomo d'Aragona e dal fratello di lui Federigo, re di Sicilia, a Carlo di Valois, sleale e rapace, assetato di ricchezza e smanioso d'una corona in una regione della Penisola. Anche i Neri di Firenze bramavano di migliorare la loro sorte e s'erano accostati al novello Pontefice, con cui Corso Donati aveva iniziato segrete pratiche per mezzo degli Spini. Costoro, mercanti e banchieri fiorentini, discendenti di ricca e potente famiglia, erano in rapporti d'affari con Bonifazio VIII, e per loro dimorava in Roma Simone Gherardi, « uomo pratico in simile servizio ». Con lui era il figliuolo d'un affinatore d'argento, chiamato il Nero Cambi, astuto e di sottile ingegno, ma crudo e spiacevole »><. Costui molto si adoperò presso il Papa « per abbassare lo stato de' Cerchi e de' loro seguaci » (2).

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Il desiderio di Bonifazio VIII d'intervenire nelle cose di Firenze s'era mostrato quando si cominciò a parlare nella città di richiamare dall'esilio Giano della Bella. Il Papa vi si era opposto risolutamente, e il 23 gennaio 1296 scrisse ai Fiorentini, minacciandoli d'interdetto, se non ne avessero abbandonato il pensiero (3). Intendimento del Pontefice era di rappacificare gli animi e

(1) Cfr. INFERNO, canto III, 60.

(2) Cfr. DINO COMPAGNI, Op. cit. libro primo, p. 23.
(3) Cfr. PASQUALE VILLARI. Op. cit. capitolo X, p. 444.

dare un nuovo indirizzo al governo della Repubblica. Corso Donati era a conoscenza di ciò, e voleva mostrarsi guelfissimo tra i Guelfi, dando nome di Ghibellini ai Cerchi. In Firenze però si aveva avuto notizia delle trame che in segreto venivano da lui condotte in Roma con la cooperazione degli Spini. Messer Lapo Saltarelli, giureconsulto astutissimo, ma spregiato da Dante per la sua codardia e il suo smodato egoismo (1), si era allora presentato con due suoi amici ai magistrati della Repubblica, accusando di attentato contro lo Stato tre Fiorentini residenti in Roma, nel banco degli Spini. I ma gistrati li condannarono a gravissime multe, aspettando l'esito di nuove indagini per procedere contro gli altri che avevano partecipato alla congiura. Bonifazio VIII se ne indispettì, e con lettera del 24 aprile 1300 minac ciò di scomunicare la Città che osava condannare i « suoi familiari », intimando ai tra accusatori di recarsi a Roma, ove aveva pure chiamato Vieri dei Cerchi per indurlo a pacificarsi con Corso Donati, che trovavasi colá. Il Cerchi ricusò di far la pace (2), e il Papa << rimase molto sdegnato contro a lui e contro a sua parte » (3). Non essendosi ottenuta la desiderata concordia, nel calendimaggio del 1300 scoppiò in Firenze un fiero tumulto tra i Bianchi e i Neri, in piazza Santa Trinita. Colà, per festeggiare il ritorno della primavera, le giovani fiorentini ballavano, secondo il tradizionale costume. I consorti de' Cerchi e de' Donati, a cavallo e a piedi, si affollavano, si spingevano innanzi e si urtavano. Gli sguardi saettavano lampi di odio e di minaccia, parole

(1) Cfr. PARADISO, canto XV, 128.

(2) Cfr. PASQUALE VILLARI. Op. cit. ibid. p. 445.

(3) Cfr. GIOVANNI VILLANI. Op. cit. lib. ottavo, cap. XXXVIII.

irose vennero scambiate e corsero provocatrici dall'una all'altra parte. Balenarono allora le armi, le spade s'incrociarono fulminee e molti furono feriti (1). A Ricoverino di Messer Ricovero de' Cerchi fu tagliato il naso, < e per la detta zuffa la sera la città fu in grande subbuglio (2). In conseguenza di ciò, quattro giorni dopo nei Consigli della Repubblica si deliberò una provvisione che dava alla Signoria piena facoltà per far tornare la calma cittadina, tenere fermi gli Ordinamenti di Giustizia e tutelare l'antica, consueta e continua libertà del Comune e del popolo fiorentino (3).

A questo appunto mirava Dante con tenacità di propositi ed efficacia d'opere. Il 7 maggio del 1300 recavasi in San Gemignano, nel territorio di Siena, ove era ricevuto come ambasciatore della nativa città, ed invitava quella cittadinanza a pigliar parte al prossimo congresso che si sarebbe tenuto in Firenze per l'elezione del nuovo capo della Lega Guelfa. Il Consiglio di San Gemignano annuì e mandò i propri delegati (4).

(1) Cfr. GIOVANNI VILLANI. Op. cit. ibid. cap. XXXIX.

(2) Cfr. GIOVANNI VILLANI. Op. cit. ibid.

(3) Cfr. PASQUALE VILLARI. Op. cit. p. 446.

(4) Cfr. NICOLA ZINGARELLI, La Vita di Dante. Op. cit. p. 35.

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