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milizie e con gli esuli guelfi verso la frontiera napoletana, il 26 febbraio 1266, presso Benevento, assalì Manfredi, il quale, tradito e abbandonato dai suoi, pugnò e cadde da eroe. Il suo cadavere, invano cercato per tre giorni fra i morti, rinvenuto poscia, fu trasportato via. Re Carlo non volle concedergli sepoltura in luogo sacro, essendo stato scomunicato dal Papa, e fu deposto in una misera fossa presso il ponte di Benevento. donde venne disotterrato per volere del Legato ponti-ficio Bartolommeo Pignatelli, cardinale e arcivescovo di Cosenza, il quale lo fece seppellire fuori del Regno, vicino al fiume Verde.

Nel mondo di là, lo spirito di Manfredi si rammaricò cristianamente del postumo oltraggio, confessando le proprie colpe :

Orribil furon li peccati miei,

Ma la Bontà infinita ha sì gran braccia,
Che prende ciò che si rivolge a lei.

Se il pastor di Cosenza, che alla caccia
Di me fu messo per Clemente, allora
Avesse in Dio (1) ben letta questa faccia (2),
L'ossa del corpo mio sarieno ancora
In co' (3) del ponte presso a Benevento
Sotto la guardia della grave mora (4).

Or le bagna la pioggia e muove il vento
Di fuor dal regno, quasi lungo il Verde,
Dov' ei le trasmutò a lume spento (5).

(1) Nella parola di Dio.

(2) Quella pagina del Vangelo, ove si legge che la Bontà divina prende chi si rivolge ad essa: Io non iscaccerò chi viene a me » eum qui venit ad me non eiciam foras. Cfr. Giov. VI, 37 (3) In capo.

(4) Ammasso, mucchio di pietre.

(5) Cfr. PURGATORIO, canto III, 121-132.

CAPITOLO II.

Rimpianti di Dino Compagni.- Firenze dopo la battaglia di Benevento. L'opera educativa di Brunetto Latini. Sue cure per Dante. Primi studi dell'Alighieri.

Dino Compagni, scrittore guelfo, si rattristava per gl'infausti avvenimenti del tempo suo, che narrava poscia efficacemente e descriveva, magnificando la Repubblica Fiorentina e rimpiangendone le immeritate sventure.

« La detta città di Firenze scriveva nella sua Gronaca è molto ben popolata, e generativa per la buona aria i cittadini ben costumati, e le donne molto belle e adorne: i casamenti bellissimi, piena di molte bisognevoli arti, oltre all'altre città d'Italia. Per la qual cosa molti dì lontani paesi la vengono a vedere, non per necessità, ma per bontà de' mestieri e arti, e per bellezza ed ornamento della città.

<< Piangano adunque i suoi cittadini sopra loro e sopra i loro figliuoli, i quali per loro superbia e per loro malizia e per gara d' ufici, hanno così nobile città di

sfatta, e vituperate le leggi, e barattati gli onori in picciol tempo » (1).

I Fiorentini piansero davvero, specialmente durante il regno di Manfredi; ma colla sconfitta di Benevento, crollata la potenza ghibellina e venuta meno in Italia la dinastia sveva, fu restaurato in Firenze il regime repubblicano; il Comune riprese democraticamente la sua operosità, e le associazioni, le Arti maggiori e le Arti minori aprirono la via alle rinnovate sorti della vita cittadina. Si ridestarono le energie popolari, e colla prosperità delle industrie e del commercio paesano si sviluppo e si arricchì la coltura. La teologia, la filosofia, le discipline del Trivio e del Quadrivio rifiorirono con vigoroso rinnovamento e diffusero luce di civiltà e fecondi germi di operosità intellettuale.

Brunetto Latini era stato « cominciatore e maestro in digrossare i Fiorentini e farli scorti in ben parlare e in sapere guidare e reggere la Repubblica.... » (2). Dopo il 1266, ritornato dall'esilio, proseguì nobilmente l'opera sua educativa. Dante, all' età di dieci o undici anni, venne affidato alle cure di lui, che ne fu lietissimo. Ben presto ne ammirò stupefatto i primi fulgori dell' ingegno portentoso e ne divinò il singolare destino, che più tardi gli rammentò con presentimento di certezza, vaticinandogli, che, seguendo la propria << stella », sarebbe giunto « a glorioso porto (3).

(1) La Cronaca Fiorentina di DINO COMPAGNI, ecc. per cura di Domenico Carbone, 4a edizione stereotipa, lib. pr. p. 2. Firenze, Barbèra, Editore, 1871.

(2) Cfr. Groniche di MESSER GIOVANNI VILLANI, cittadino fiorentino, libro ottavo, cap. X. Stampate in Vinetia per Bartholomeo Zanetti. MDXXXVII del mese di Agosto.

(3) Cfr. INFERNO, canto XV, 55-56.

Arcane cose egli apprese da Ser Brunetto (1), e volle acquistare durevole fama con la vastità della dottrina e del sapere. Investigò quindi e approfondì tutti i segreti della scienza, meditò sui più ardui problemi dello spirito, e l'anima sua, ancora adolescente, visse e sentì la suprema vita del pensiero e dell'arte. Per questo spregiò i lucrativi studi, le transitorie ricchezze, si appassionò dei dotti e dei vati, e divenne familiarissimo di Virgilio, di Orazio, di Ovidio, di Stazio e di ciascun altro poeta famoso » (2). Avvedutoso che le loro concezioni non erano cose vane, nè semplici favole o finzioni immaginose, ma racchiudevano moltissimi frutti

di verità storiografiche e filosofiche » (3), giudicò necessaria l'attenta e quotidiana lettura di libri di filosofia e di storia. Preso in seguito « dalla dolcezza di conoscere il vero delle cose racchiuse dal cielo, niun'altra più cara che questa trovandone in questa vita, lasciando del tutto ogni altra sollecitudine temporale, tutto a questa sola si diede.... ». E « non curando nè caldo, nè freddo, nè vigilie, nè digiuni, nè niuno altro disagio, con assiduo studio divenne a conoscere della divina essenzia e delle altre separate intelligenze quello che per umano ingegno quivi se ne può comprendere » (4). Ad altre speciali discipline « liberamente si diede, niente lasciando indietro che appartenga a far l'uomo eccellente > (5).

(1) Cfr. INFERNO, canto cit. 85.

(2) Cfr. GIOVANNI BOCCACCIO, Vita di Dante, cap. II.

(3) Cfr. Op. cit. ibid.

(4) Cfr. Op. cit. ibid.

(5) Cfr. La vita di Dante scritta da LEONARDO ARETINO, in La Divina Commedia di Dante Alighieri col comento del P. Pompeo Venturi. Tom. I, p. 8 e seg. Firenze, presso Niccolò Carli, MDCCCXIII.

Impiegando opportunamente il tempo, alternava con immediato giovamento le sue varie occupazioni, senza però dimenticare gli svaghi; e, < costumato ed accorto e valoroso », con gli altri giovani della sua età, << ad ogni esercizio giovanile si trovava... ». Si addestrava nel maneggio delle armi, pensando che un giorno avrebbe dovuto difendere la Patria, e viveva così nel mondo antico ed era del tempo suo. In cotesto modo si preparava alle lotte della vita, senza la vigile assistenza del padre, morto nel 1275 o nell' anno appresso, e privo del conforto della mamma, già volata al cielo pochi anni dopo il 1266.

Nei momenti di malinconia, per sollevarsi dalla tristezza, godeva assai del suono e del canto, e per questo era amico dei migliori musici e sonatori che fossero in Firenze, di Belacqua, fabbricatore di cetre, e singolarmente del maestro Casella, che rammentò con affetto tenerissimo e ne rese immortale il nome nella Commedia (1). Dedicossi pure al disegno, per cui ebbe una speciale predilezione, e fu altresì ottimo calligrafo. Scriveva perfettamente, « ed era la lettera sua magra e lunga e molto corretta» (2).

(1) Cfr. PURGATORIO, canto II. 91-114.

(2) Cfr. Memorie per servire alla vita di Dante Alighieri ed alla storia della sua famiglia, raccolte da Giuseppe Pelli, patrizio fiorentino, seconda edizione notevolmente accresciuta, p. 67, nota 21. Firenze. presso Guglielmo Piatti. MDCCCXXII.

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