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l'Arca, comechè pericolante, distende la mano ? Certo fra le pecorelle della greggia di Gesù Cristo una delle minime io sono; ma certo della pastorale autorità io non abuso per nulla, conciossiache non siano meco ricchezze. Perciò non in grazia delle ricchezze, ma per la grazia divina io son quello che sono, e lo zelo della casa di Dio m'infiamma. Nella bocca pure dei lattanti e dei parvoli suonò già la piacente a Dio verità, e il cieco nato la verità confessò, che i Farisei non tanto tacevano, ma che pur malignamente ritorcere si sforzavano. E quanto dir oso, l'ho per autorizzato da questi fatti; ed oltre di ciò ho meco il maestro dei filosofi, il quale dommatizzando d'ogni morale soggetto, la verità insegnò essere sopra tutti gli amici da preferirsi. Nè la prosunzione di Oza, che alcuno crederebbe potere a me, quasi temerariamente irrompente, rinfacciare, mi contaminerà del suo peccato; perciocchè quegli all'Arca, io ai buoi calcitranti, e per impervio calle vaganti, distendo la mano. All' Arca provveda Colui, che aperse gli occhi per la salvezza della fluttante navicella.

Non parmi infatti d'avere incitato alcuno a contesa; ma piuttosto il rossore della vergogna (purchè questa non sia spenta del tutto) avere acceso nel volto sì a voi che agli altri, che archimandriti del mondo siete solo di nome, quando fra tanti che l'officio di pastore usurpano, tra tante pecorelle, se non ismarrite, neglette per altro e mal nei paschi guardate, una sola voce pietosa. e questa privata, nel disertamento della Madre Chiesa per me si ascolta.

E come no? Non forse ciascuno si è dato, siccome voi, a cu

sopra un carro, quando la Legge comandava che si fosse portata sulle spalle dei sacerdoti, o Leviti della stirpe di Caat. Oza, ingannato senza dubbio dall' esempio dei Filistei, che l'avevano rimandata altre volte sopra un carro, trascurò il divino precetto, interpetrandolo a modo suo; e così si rese colpevole di tutti gli accidenti che potevano accadere all'Arca. Essa frattanto, essendo prossima a cadere, egli vi stese la mano per sostenerla, e violò un altro articolo delia Leggo che proibiva ai Leviti di toccarla; sotto pena della morte. (Cfr. Dizionario portabile della Bibbia, tradotto dal francese nell' italiano idioma ecc. del P. D. PROSPERO DELL'AQUILA, Tomo III, p. 63 e segg. In Napoli MDCCLIX, presso Benedetto Gessari, con licenza dei Superiori, e Privilegio.

pidigia, la quale non mai, come la carità, è genitrice di pietà e e di giustizia, ma sempre d'empietà e d'ingiustizia? Ah! Madre piissima, Sposa di Cristo, quai figli generi spiritualmente nell'acqua a tuo rossore medesimo! Non devote a carità, non a giustizia, ma femmine sitibonde di sangue sono a te fatte le nuore: le quali, quai figli ti partoriscano, tranne il Lunense pontefice (1), tutti gli altri lo mostrano. Giace Gregorio (2) tuo fra le tele dei ragni; giace Ambrogio (3) negli abbandonati ripostigli dei cherici; giace Agostino (4); non si curano Dionisio (5), Damasceno (6) e Beda (7); e non so quale Specchio (8), Innocenzio (9) e l'Ostiense (10) si predicano. E perchè ciò? Quelli intendevano a Dio, siccome al vero fine ed all'ottimo; questi a conseguire censi e benefizi.

Ma non vogliate, o Padri, creder me la fenice dell'universo. Tutti infatti o mormorano, o pensano, o intraveggono quello di che ora garrisco. E come le cose per essi trovate non attestano? Al

(1) Forse accenna al papa Benedetto XI.
(2) San Gregorio Magno.

(3) Sant'Ambrogio, Padre della Chiesa, vescovo di Milano. Con i suoi scritti lottò (386) contro gli Ortodossi e gli Ariani, diede alla diocesi milanese una liturgia e un rito particolare, noto sotto il nome di rito ambrosiano, e fu il primo a introdurre il canto dei Salmi, detto perciò canto ambrosiano.

(4) Sant' Agostino da Tagaste, in Africa, vescovo d'Ippona, il più illustre dei Padri della Chiesa latina. Dapprima manicheo, fu convertito in Milano da Sant'Ambrogio.

(5) San Dionisio, patriarca d'Alessandra, convertitosi al Cristianesimo, leggendo l'epistole di San Paolo.

(6) San Giovanni Damasceno, scrittore ecclesiastico greco (676-756).

(7) Padre e Dottore della Chiesa, nato l'anno 673 in sui confini della Scozia, vanto e gloria degli anglo-sassoni durante il secolo VIII.

(8) Speculum juris del vescovo Guglielmo Durante.

(9) Il papa Innocenzo III fu studiosissimo del diritto ecclesiastico e si occupò molto di Decretali.

(10) Enrico di Susa, cardinale e vescovo di Ostia, fu celebre commentatore delle Decretali e conoscitore espertissimo del diritto canonico. (Vedi PARADISO, canto XII, 83).

cuni stanno nella meraviglia sospesi; ma pur questi ognor taceranno, nè al loro Fattore vorranno rendere testimonianza? Vive il Signore; e chi nell'asina di Balaam mosse la lingua, Egli è pur degli animali odierni il Signore (1).

Alle rampogne omai son venuto; e voi mi vi costringeste. Vergogna dunque vi prenda, che di si basso, non dal cielo, siate, affinchè questo si compia, ripresi o ammoniti. Drittamente infatti adopera con noi la vergogna, quando da quella parte ne percuote, alla quale cogli altri sensi inclini l'udito, e in noi partorisca il pentimento, ch'è il suo primogenito, e questo generi della emenda il proposito.

Il quale affinchè da una gloriosa perseveranza resti alimentato e difeso, la città di Roma, d'ambedue i.suoi luminari or destituta, e degna d'esser compianta da Annibale, non che da altri, sola sedentesi e vedova, come più sopra è proclamato, vogliate tutti qual ella è per modello dell'immagine vostra, avanti gli occhi sensibilmente affigurare. E a voi specialmente, che pargoletti il sacro Tevere conosceste, le mie parole son volte; conciossiachè, sebbene la capitale del Lazio sia per tutti gl'Italiani da venerarsi siccome principio comune di civiltà, qualunque è di voi giudica a dritto esser quella da venerarsi diligentissimamente, essendo che a voi sia principio pure dell'essere stesso. E se le presenti miserie trafissero di dolore tutti gli altri Italiani, e di rossore gli accesero, chi dubiterà non sia pure a voi da vergognare e da dolere, a voi che la causa foste di questa insolita ecclissi di lei, ch'è come un sole? E tu il fosti sovra tutti, o Orsino (2), che si adoperasti, affinchè i tuoi colleghi in isfavore caduti, non rimanessero per te ingloriosi; ed affinchè per l'autorità della Sede Apostolica riassumessero le venerande insegne della Chiosa militante, cui eglino, non emeriti, ma forse immeriti, avean per forza deposte. E

(1) Il profeta Balaam, non comprendendo per la propria cupidigia il divino volere, partiva un giorno sopra la sua asina. Nel cammino un angelo se gli fece innanzi colla spada alla mano. L'asina si fermò e cadde avanti all'angelo. Balaam la bastonò, ma Iddio la fece parlare; e allora essa si dolse dell'ingiusta severità del suo padrone.

(2) Napoleone Orsini, fautore del partito francese che volle l'elezione di Clemente V.

tu pure, o settatore dell'altra fazione transteverina, che si adoperasti, affinchè l'ira del defunto pontefice, qual ramo in non suo tronco innestato, in te fruttificasse; e quasi la trionfata Cartagine non avessi ancor dispogliato, potesti senza alcuna repugnanza del tuo giudicio mostrare animo avverso contro la patria degl'illustri Scipioni.

Il difetto sarà tolto certamente (abbenchè non sia che all' Apostolica Sede una macchia ed una sconcia cicatrice non resti fortemente impressa, e lei, cui i cieli e la terra son riserbati, non deturpi), se voi che di questo divagamento foste autori, tutti unanimi per la Sposa di Cristo, per la Sede della Sposa, ch'è Roma, per l'Italia nostra, e perch'io dica più pieno, per tutta l'università dei peregrinanti in terra, virilmente combatterete; si che dalla palestra del già cominciato combattimento, su cui da ogni margine dell' Oceano volgonsi gli sguardi, voi stessi gloriosamente offerentivi, udire possiate: Gloria in excelsis!»; e sì che l' obbrobrio dei Guaschi, i quali, di tanto furibonda cupidigia accesi, intendono ad usurpare la gloria dei Latini, resti ai posteri in esempio per tutti i secoli avvenire (1).

(1) Cfr. PIETRO FRATICELLI, II Convito di Dante Alighieri e le Epistole, op. cit. Epistola IX. Ai cardinali italiani, p. 487 e segg.

CAPITOLO VIII.

Il conclave per il successore di Clemente V. - Aggressione dei Guasconi contro i cardinali italiani. Protesta dei porporati assaliti. Lettera di Napoleone Orsini. — La Toscana dopo la morte di Arrigo VII.-Signoria d'Uguccione della Faggiuola.— Soggiorno di Dante in Lucca. - Fine della seconda Cantica.Allegoria degli ultimi canti. - Avvenimenti nella Penisola. — Bimpatrio dei fuorusciti fiorentini. Epistola dell' Alighieri.

Pensando il passato e mirando all'avvenire, dopo aspre rampogne, Dante esortava i cardinali italiani a tener presente dinanzi agli occhi la misera Roma, già negletta, vedova e sola, e li animava con cristiano fervore a combattere per la Sposa di Cristo e per la loro Patria, i cui destini erano legati alle sorti della Chiesa e dell'Impero.

Gli eminenti prelati non erano sordi agli ammonimenti del grande Esule. Fermi nel proposito d'eleggere a pontefice un italiano di conosciuta probità, avevan prescelto il cardinale Guglielmo Longo, vescovo di Pre

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