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PARTE TERZA

DANTE DOPO LA MORTE

CAPITOLO I.

Manifestazioni di rimpianto per la morte di Dante. Sonetto di Pieraccio Tedaldi. Cenni biografici scritti dal Villani. -- Canzone di Cino da Pistoia. Visione di Antonio Pucci. Il primo esemplare della Commedia. - Il Proemio di Jacopo Alighieri. Il canto di Bosone da Gubbio.

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Ravenna apprese dolorosamente la morte di Dante. Prima fra le città d'Italia, sentì il supremo sconforto della Patria, e Guido Novello da Polenta volle e seppe esserne l'interpetre augusto. Dopo aver accompagnato la salma del Poeta divino al luogo de' Frati Minori »<, e fattala deporre in un'arca lapidea, tornato alla dimora dell'Alighieri, con « ornato e lungo sermone >> lo commemorò in forma solenne « secondo il ravegnano costume », « sì a commendazione dell'alta scienza e della virtù del defunto, e sì a consolazione de' suoi amici, li quali egli aveva in amarissima vita lasciati » (1). Tramontava allora il sole, e come un rimpianto si udivano i rintocchi delle chiese e delle basiliche ravennate. I figli

(1) Cfr. GIOVANNI BOCCACCIO, Vita di Dante, cap. VI.

di Dante piangevano inconsolabili; la cittadinanza era silenziosa e mesta, e una profonda tristezza accorava gli esuli di Toscana ch'erano in Ravenna.

Pochi giorni dopo, in nome di essi, Piero, inteso comunemente Pieraccio, figlio di Matteo Tedaldi, fiorentino (1), inviava dalla Romagna un sonetto messaggiero (2) a tutti i rimatori italiani, recando loro la nuova della morte di Dante.

Sonetto pien di doglia, scapigliato

Ad ogni dicitor tu te n'andrai,
E con gramezza a lor racconterai
L'orribil danno il qual n'è incontrato.
Chè l'ultimo periglio disfrenato,

Il qual in sè pietà non ebbe mai,

Per darne al cor tormento e pene assai,
Nostro dolce maestro n'ha portato;

Cioè il sommo autor Dante Alighieri,
Che fu più copïoso in iscïenza
Che fu Catone, Donato o ver Gualtieri.
Chi ha senno di vera conoscenza

Ne dee portar affanno nei pensieri,

Recandosi a memoria sua clemenza (3).

L'infausto annunzio corse per la Penisola,

« l'af

fanno penetrò nelle anime e« nei pensieri », e si cominciò a comprendere la sventura che aveva colpito

(1) Cfr. Raccolta di rime antiche toscane. Vol. terzo, p. 387, Palermo. Dalla Tipografia di Giuseppe Ascenso, 1817.

(2) Cfr. NICOLA ZINGARELLI, Dante, cap. XVII, p. 346. Casa Editrice Dottor Francosco Vallardi.

(3) Cfr. Rime di M. CINO DA PISTOIA e d'altri del secolo XIV, ordinate da G. Carducci. Pieraccio Tedaldi. In morte di Dante Alighieri, p. 199. Firenze, G. Barbèra, Editore, 1862.

l'Italia e il mondo, l'arte, la grandezza dello spirito cristiano, il genio creatore, le più fervide aspirazioni e le più alte idealità della coscienza umana. Il versificatore Giovanni Quirini, meditando lo straordinario e luttuoso avvenimento, avrebbe desiderato che anche la natura se ne fosse commossa. Il sole doveva oscurarsi e apparir stella in cielo, dopo che la morte aveva estinto << i chiari e luminosi rai » del padre della lingua e della civiltà italiana, che aveva in sè quasi uno splendor divino » (1).

«

In quei giorni di tristezza, Giovanni Villani scrisse succintamente la prima biografia dell'Alighieri. Costante seguace di parte guelfa, illustre cittadino e più volte priore di Firenze, rese il dovuto omaggio al sommo Vate, ricordandone la vita e accennandone le opere (2).

Il fremito d'angoscia per la fine dolorosa di Dante più che in ogni altro vibrò nel cuore di Cino da Pistoia. Ammiratore di lui sin dall' adolescenza, con premurosa gentilezza aveva risposto al suo primo sonetto, spiegandogli la visione d'amore; lo confortò più tardi con una nobilissima canzone per la perdita di Beatrice, e continuò, prima dell'esilio, a corrispondergli in rima. Saputane la morte, con accento di viva amarezza fe' udire la voce del suo dolore, e in segno di protesta disfogò il suo animo esacerbato contro Firenze, rammentandole il vaticinio di Brunetto Latini all'Alighieri

<< Tu dovrai letto discepolo

aveva predetto ser Brunetto al dimolto soffrire. Il maligno e ingrato

(1) NICOLA ZINGARELLI, Dante, op. cit. cap. XVII, p. 348. (2) Cfr. Cronica di GIOVANNI VILLANI, a miglior lezione ridotta con l'aiuto dei testi a penna, tomo IV, libro nono, cap. CXXXVI, p, 128 e seg. Firenze, per il Magheri, 1823.

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