Sayfadaki görseller
PDF
ePub

dolci canti di sirena» aveva condotto « sotto inganno alla morte della eterna verità » (1).

Con il cuore acutamente ferito, Piero Alighieri innalzò la voce a Dio, invocando la sua giustizia :

O Signor giusto, facciamti preghiero
Che tanta iniquità deggia punire

Di que' che voglion dire

Che mastro della fede fosse errante.

Se fosse spenta, rifariela Dante (2).

(1) Cfr. GIOSUE CARDUCCI, Prose cit., Dante e l'età che fu sua

p. 182 e seg.

(2) Cfr. GIOSUE CARDUCCI. Op. cit., p. 190.

CAPITOLO III.

Il Credo attribuito all'Alighieri. — Primi espositori della Comme-
dia. L'Italia nel primo quarantennio dopo la morte di Dante.-
Il tribunato di Cola da Rienzo. Esortazioni del Petrarca.
La sua canzone A' Grandi d'Italia.

Le inique rivelazioni sulla pretesa incredulità di Dante, a cui aveva dato scandalosa diffusione la condanna del Cardinale del Poggetto, diedero origine al Credo o Professione di fede, canto in terza rima attribuito all'Alighieri per essere discolpato dalle accuse di miscredenza, composto probabilmente da qualche suo devoto ammiratore (1). In una notizia letteraria, estratta più tardi da un codice della Riccardiana di Firenze, si leggeva :

Poi che l'autore, cioè Dante, ebbe compiuto questo suo libro (la Divina Commedia), e pubblicato, fu studiato per molti solenni uomini e maestri in teologia, e in fra gli altri di frati minori e trovarono in un capitolo del Paradiso, dove Dante fa figura che truova San Francesco, e che detto San Francesco lo

(1) Cfr. GIOSUE CARDUCCI, Prose cit., Dante e l'età che fu sua, p. 188.

domanda di questo mondo, e sì come si portano i suoi frati di suo ordine, de' quali gli dice che istà molto maravigliato, però che da tanto tempo ch'è in Paradiso, e mai non ve ne montò niuno e non ne seppe novella. Di che Dante gli risponde sì come in detto Capitolo si contiene. Di che tutto il convento di detti frati l'ebbono molto a male, e feciono grandissimo consiglio; e fu commesso ne' più solenni maestri che studiassero nel suo libro, se vi trovasseno cosa da farlo ardere, e simile lui per eretico. Di che gli feciono gran processo contro, ed accusaronlo allo inquisitore per eretico, che non credea in Dio nè osservava gli articoli della fè. E' fu dinanzi al detto inquisitore, ed essendo passato vespero; di che Dante rispose e disse: Datemi termine fino a domattina ed io vi darò per iscritto com' io credo Iddio: e s'io erro, datemi la punizione ch'io merito. Di che lo inquisitore gliel diè per fino la mattina a terza. Di che Dante vegghiò tutta la notte, e rispose in quella medesima rima ch'è il libro, e sì come si seguita appresso: dove si dichiara tutta la nostra fè e tutti gli articoli, ch'è una bellissima cosa e perfetta a uomini non litterati..... (1).

La sua professione di fede Dante l'aveva fatta sempre con la vita e con le opere, e non occorreva che la scrivesse in una notte, in un convento di frati, per darne testimonianza a un frate inquisitore. Nel Poema ne aveva dato solenne riconferma, prima che terminasse il suo mistico viaggio:

Io credo in uno Iddio

Solo ed eterno, che tutto il ciel muove (2)
Non moto (3), con amore e con disio (4).

(1) Cfr. Il Canzoniere di DANTE ALIGHIERI, annotato e illustrato da PIETRO FRATICELLI, aggiuntovi le Rime sacre e le poesie latine dello stesso Autore. Sesta edizione, p. 375 e seg. G. Barbèra, Editore. 1902.

(2) Dà moto e vita a tutto l'universo.

(3) Stando immobile.

(4) Amato e desiderato.

Ed a tal credere non ho io pur prove
Fisice e metafisice (1), ma dàlmi (2)
Anco la verità che quinci piove (3).

Per Moisè, per Profeti e per Salmi,
Per l'Evangelio, e per voi (4) che scriveste,
Poichè l'ardente Spirto vi fece almi (5).

E credo in tre persone eterne, e queste
Credo una essenza sì una e sì trina,
Che soffera congiunto sono ed este (6).
Della profonda condizion divina

Ch' io tocco mo', la mente mi sigilla (7)
Più volte l'evangelica dottrina.

Quest'è il principio (8), quest'è la favilla
Che si dilata in fiamma poi vivace,

E, come stella in cielo, in me scintilla (9).

I nemici di Dante, per inveterato odio di vendetta, finsero di ignorare ciò, e l' accusarono, dopo la morte, d'eresia e di ribellione alla Chiesa. A dispetto però della loro perfidia, la luce della verità incominciava a risplendere, e sorgevano per l' Alighieri i giorni della grande rivencazione.

La Divina Commedia, combattuta o tenuta nascosta in Firenze per opera de' Neri e dei superstiti seguaci

(1) Fisiche e metafisiche.

(2) Ma me lo dà a credere.

(3) Che dal cielo viene a manifestarsi sulla terra.

(4) Per voi, apostoli di Cristo.

(5) V'ispirò, vi fece santi e venerabili suscitatori di fede.

(6) I Mistero della Santissima Trinità ammette il plurale sono,

in quanto alle tre divine persone, e il singolare est, rispetto alla Divinità, all'unica personalità di Dio.

(7) M'informa e stampa la mente, mi fa conoscere.

(8) Il Mistero della Santissima Trinità è il principio di tutte

le altre credenze rivelate.

(9) Cfr. PARADISO, canto XXIV, 130-147.

di Corso Donati, aveva già lasciato le rive dell'Arno, e in altre città era letta e studiata, Dopo il 1323 se ne fece l'esposizione in Bologna alla Corte di Guido Novello da Polenta, reggitore allora di quel Comune, e ne fu primo interpetre Graziolo de' Bambaglioli, cittadino bolognese.

Bonagrazia, per vezzeggiativo detto Graziolo, nacque sul declinare del secolo XIII da Bambagliolo di Amico. de' Bambaglioli e da Francesca di Bonazia di Gerardo (1). Notaio nel 1317, veniva poscia addetto all'ufficio de' Procuratori di Bologna; nel 1320 faceva parte del Consiglio del Popolo, e un anno dopo era cancelliere della nativa città. Ebbe rapporti letterari con Guido Novello, che gli concesse di trascrivere il Poema sacro, sollecitandolo a dettarne il commento, il quale fu scritto intorno al 1324 (2).

Che cosa fu esso ? I Graziolo, guelfo dichiarato, cancelliere del Comune, mentre sormontava la sua parte, sbanditone nel 1334 colla cacciata di Bertrando del Poggetto, non ubbidì ai rancori che stimolavano quel cardinale a cercare le ossa di Dante per il rogo, nè gareggiò con frate Vernani a gravarne di contumelie scolastiche la memoria. Amatore dei poetici studi e rimatore egli stesso, diè, senza dubbio, prove di gentilezza e di imparzialità. Il commento di lui andò smarrito, e solo ne avanza qualche frammento in un codice che fu posseduto dall'insigne dantista inglese Lord Ver

(1) Cfr. Collezione d' opere inedite o rare. RIMATORI BOLOGNESI DEL TRECENTO, a cura di LODOVICO FRATI. Prefazione XIII. Bologna, presso Romagnoli-Dell'Acqua, 1915.

(2) Cfr. CORRADO RICCI, L'ultimo rifugio di Dante. Op. cit., cap. XXX, p. 178 e seg.

« ÖncekiDevam »