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della seconda schiera. Un po' discosta da coteste tre schiere, quasi in disparte, ne venne posta un'altra, formata di duecento cavalieri e di molti fanti lucchesi e pistoiesi, affidati a Corso Donati, allora podestà di Pistoia. Quasi il medesimo ordine tennero gli Aretini, che accrebbero il numero dei feritori infino a 300, fra i quali elessero dodici caporali, uomini famosi in arme, che chiamarono paladini (1).

Vivissima era l'attesa, ardentissima la voglia di combattere. L'ordine dato ai Fiorentini fu d'aspettare l'impeto nemico. Messer Barone de' Mangiadori da San Miniato disse ai suoi uomini: Signori, le guerre di Toscana soleansi vincere per bene assalire, e non duravano, e pochi uomini vi moriano, chè non era in uso l'ucciderli. Ora è mutato modo, e vinconsi per istare bene fermi il perchè vi consiglio che voi stiate forti, e lasciategli assalire (2. Gli Aretini invece, fidando nel proprio coraggio e nella perizia dei loro capitani, assalirono al grido di Viva S. Donato. L'esercito fiorentino, mal sostenendo l'urto, dovette cedere. I feritori furono quasi tutti scavalcati; la schiera grossa indietreggiò; ma i pedoni, ch'erano alle ali della seconda schiera, s'avanzarono impetuosi, e, minacciando di circondare il nemico, lo fermarono, dando così tempo ai compagni di riordinarsi. II Conte Guido Novello, che aveva centocinquanta cavalieri per ferire di lato, mancò

(1) Cfr. Dell' Istorie Fiorentine di SCIPIONE AMMIRATO, libri venti, dal principio della citta infino all' anno MCCCXXXIII nel quale Cosimo de Medici il vecchio fu restituito alla patria. Libro terzo, p. 135 e seg. In Firenze. Nella Stamperia di Filippo Giunti, con Licenza dei Superiori e privilegio.

(2) Cfr. DINO COMPAGNI, La Cronaca Fiorentina, per Domenico Carbone, op. cit. Libro primo, p. 10.

d'animo nel momento in cui doveva assalire il nemico disordinato; e poco dopo, fervendo ancora la mischia, si diè alla fuga. Corso donato invece, che aveva ordine di star fermo colle sue genti, e non muoversi senza espresso comando, vedendo i Fiorentini cedere al primo urto, ordinò subito d'investire di fronte i nemici, e così gli Aretini, da assalitori, si trovarono assaliti (1)..La battaglia divenne dura e aspra. « Le quadrella piovevano, l'aria era coperta di nugoli », e la polvere avvolgeva i combattenti. I pedoni degli Aretini si mettevano carponi sotto i ventri dei cavalli nemici con le coltella in mano, e sbudellavangli...» (2). Il Vescovo Ubertini cadde da prode; il nipote di lui Guglielmo de' Pazzi perì pugnando, e sparse pure il suo sangue generoso e mor Buonconte, figlio di Guido da Montefeltro (3).

Gli Aretini furono rotti non per viltà nè per poca prodezza ma per il soverchio numero de' nemici (4). La loro sconfitta fu grandissima. I Fiorentini ebbero poche perdite, e nessuna d'importanza; i loro duci eccelsero tutti per singolare valore, e Corso Donato e Vieri de Cerchi si coprirono di gloria.

Dante Alighieri fu pure tra i prodi di quella memoranda giornata. Posto all'avanguardia, pugnò nelle prime fila della cavalleria, comandata da messer Barone de Mangiadori (5,. Ritto sul suo destriero, resistette agli assalti nemici, tra l'infuriar della mischia, sotto

(1) Cfr. PASQUALE VILLATI, Op. cit. cap. V. p. 228.

(2) Cfr. DINO COMPAGNI, Op. cit. ibid.

(3) Cfr. DINO COMPAGNI, Op. cit. ibid. p, 11.

(4) Cfr. DINO COMPAGNI, Op. cit. ibid.

(5) Cfr. DINO COMPAGNI, Op. cit. ibid. p. 10, in nota.

l'incessante dardeggiare delle saette, che balenavano sopra il suo capo acute e silibanti. Perdurando nella lotta fino al momento della vittoria, l'11 giugno 1289, << dì di San Barnaba» (1), in Campaldino scrisse nella storia d'Italia la prima pagina della sua eroica giovinezza.

(1) Cfr. DINO COMPAGNI, Op. cit. ibid. p. 12.

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CAPITOLO IX.

Continuazione delle ostilità guelfo-ghibelline.- Presa di Caprona.Reminiscenza di Campaldino. Altri ricordi. - Fine di Folco Portinari. - Infermità di Beatrice. - Tristezza di Dante. Sonetto alle donne pietose. - Canzone indirizzata alla Morte.— Perdita della creatura diletta. - Rime dolorose. Il primo anniversario. Proposito di renderne glorioso il nome.

L'ardente lotta che scoppiò l'11 giugno 1289 non si spense con la sconfitta degli Aretini. Trascorso appena un mese, i Fiorentini, nell'agosto del medesimo anno, si rivolsero contro Pisa insieme coi Lucchesi e con tutta la Lega dei Ghibellini di Toscana. Eran 2000 pedoni e 400 cavalli; guastarono le terre del contado nemico, e assalirono poscia e presero il Castello di Caprona (1), non molto distante dalla città (2).

Dante partecipò a quella impresa, la quale rimase

(1) Cfr. CESARE BALBO, Vita di Dante. Op. cit., capo sesto, pagina 92.

(2) Cfr. GIUSEPPE PELLI, Memorie per servire alla vita di Dante. Op. cit. § VIII.

impressa nella sua memoria (1), come la battaglia di Campaldino, che rammentò nella prima e nella seconda Cantica della Commedia. Visi sdegnati e truci di cavalieri, di pedoni, di condottieri animosi gli. balzaron concitati dinanzi alla fantasia, li seguì negl'impeti degli assalti, fra il divampar della mischia, nei momenti di sgomento o di selvaggio furore. Ripensando a ciò, era fiero di poter dire :

Corridor (2) vidi per la terra vostra,

O Aretini, e vidi gir gualdane (3),

Ferir torneamenti (4), e correr giostra (5),

Nel secondo balzo dell'Antipurgatorio, ove sono i neghittosi che furono morti violentemente, dopo aver ascoltato Iacopo del Cassero da Fano, figlio di Uguccione podestà di Macerata, accoltellato ed ucciso nel

(1) Trovò modo di rammentarla nella quinta bolgia dell'ottavo cerchio infernale, luogo di pena dei baratteri. Temendo egli l'ira minacciosa dei demoni detti Malebranche e del loro capo chiamato Malacoda, con una similitudine espresse la sua paura, dicendo:

E così vidio già temer li fanti
Che uscivan patteggiati di Caprona,
Veggendo sè tra nemici cotanti.

(Cfr. INFERNO, canto XXI, 94-96)

(2) Corridori, piccole squadre volanti di genti a cavallo per sorprendere il nemico.

(3) Cavalcate per depredare e guastare il paese nemico.
(4) Combattere in torneo.

(5) La giostra differisce dal torneo in questo, che nell' una si combatte da un solo contro un solo a fine di scavalcarlo, e nell'altro si combatte da squadra contro squadra finchè l' una sia vinta. (Cfr. INFERNO, canto XXII, 4-6).

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