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Che possa imaginar di lei alquanto (1),
E però non gli vien di pianger voglia:
Ma n'ha tristizia e doglia

Di sospirare e di morir di pianto,
E d'ogni consolar (2) l'anima spoglia,
Chi vede nel pensiero alcuna volta
Qual ella fu, e com' ella n'è tolta.
Dannomi angoscia li sospiri forte,
Quando il pensiero nella mente grave
Mi reca quella che m' ha il cor diviso:
E spesse fiate pensando la morte,
Me ne viene un desio tanto soave,
Che mi tramuta lo color nel viso.
Quando l'immaginar mi tien ben fiso,
Giugnemi tanta pena d'ogni parte,
Ch'i' mi riscuoto per dolor ch'io sento;
E si fatto divento,

Che dalle genti vergogna mi parte (3).
Poscia piangendo, sol nel mio lamento
Chiamo Beatrice, e dico: Or se' tu morta !
E mentre ch' io la chiamo, mi conforta.

Pianger di doglia e sospirar d'angoscia
Mi strugge il core ovunque (4) sol mi trovo,
Sì che ne increscerebbe a chi 'l vedesse :
E qual è stata la mia vita, poscia
Che la mia donna andó nel secol novo (5),
Lingua non è che dicer lo sapesse:

E però, donne mie, per ch'io volesse (6),
Non vi saprei ben dicer quel ch' io sono ;
Si mi fa travagliar l'acerba vita;

(1) Non v'è cuor villano, quantunque d'altissimo ingegno, che possa rivolgere degnamente il pensiero verso di lei, imaginarne le singolari virtù e la sovrumana bellezza.

(2) E d'ogni consolazione, di ogni conforto.

(5 Mia vide, m'allontana.

(4) Ogni qualvolta.

(5, Al nuovo stato di vita, nell'eterna beatitudine.
(6) Per quanto ch'io volessi.

La quale è sì invilita,

Che ogni uom par che mi dica: Io t'abbandono,
Vedendo la mia labbia tramortita.

Ma qual ch' io sia, la mia donna sel vede,

Ed io ne spero ancor da lei mercede (1).

Giorni dopo, andò da Dante il fratello di Beatrice, Manetto Portinari, il quale, dissimulando il proprio pensiero, lo pregò di volergli dire « alcuna cosa per una donna ». L'Alighieri capì subito trattarsi di Beatrice, e propose di scrivere un sonetto e di darlo al fratello di Bice, < acciocchè paresse che per lui l'avesse fatto » (2). L'aveva composto però per disacerbare il suo dolore; ma, non essendovi riuscito, invocò poscia la Morte < come soave e dolce suo riposo ». Per lunghi mesi la supplicò ancora, stanco di vivere sulla terra e desioso di raggiungere Beatrice nel cielo.

Nella ricorrenza del giorno anniversario della sua dipartita, commemorò il funesto avvenimento con designare figure di angeli sopra certe tavolette (4), rivedendo quasi in quelle la sua lacrimata Bice. Allora gli venne << un pensiero di dire parole per rima », e disse questo sonetto :

Era venuta nella mente mia

Quella donna gentil, cui piange Amore,
Entro quel punto, che lo suo valore
Vi trasse a riguardar quel ch'io facia.

(1) Cfr. La Vita Nuova, § XXXII, p. 101-104.

(2) Cfr. La Vita Nuova, il sonetto:

spiri mei § XXXIII, p. 105.

>

Venite a intender li so

(3) Cfr. Op. cit. La canzone: « Quantunque volte, lasso! mi rimembra », § XXXIV, p. 106.

(4) Cfr. Op. cit. § XXXV, p. 107.

Amor, che nella mente la sentia,
S'era svegliato nel distrutto core,
E diceva a' sospiri : Andate fuore;
Per che ciascun dolente sen partia.

Piangendo usciano fuori del mio petto
Con una voce, che sovente mena

Le lagrime dogliose agli occhi tristi.

Ma quelli, che n'uscian con maggior pena,
Venien dicendo: O nobile intelletto,

Oggi fa l'anno che nel ciel salisti (1).

Un dì si levò in Dante una forte immaginazione, e gli sembrò di veder la gloriosa Beatrice «< con quelle vestimenta sanguigne» colle quali era apparsa la prima volta agli occhi suoi (2). Stupefatto e rapito attraverso le celesti sfere, vide cose nell'Empireo che gli fecero proporre di non dir più di quella benedetta, « infino a tanto che non potesse più degnamente trattare di lei », sperando di poter dire « quello che mai non fu detto d'alcuna » (3).

L'idea del Poema sacro è già sorta, e Dante si prepara per il suo mistico viaggio.

(1) Cfr. Op cit, ibid. p. 108.
(2) Cfr. Op. cit. § XL, p. 113.

(3) Cfr. Op. cit. § XLIII, p. 117 e seg.

CAPITOLO X.

Le nozze di Dante. - Tristezze coniugali. - Conforto nello studio.Lettura di antichi scrittori. Il libro di Severino Boezio. Amore per la filosofia. - Beatrice e la sapienza divina.

Dal 1274 al 1290, per sedici anni continui, la vita di Dante non era stata altro che un alto e doloroso sogno d'amore, che poscia, dopo la morte di Beatrice, fu il saldo fondamento e l'ispirazione suprema della Commedia. L'Alighieri non sapeva vivere senza la speranza di rivedere misticamente nel cielo la sua creatura diletta. Assorto in cotesto pensiero, le estasi ed i rapimenti della prima giovinezza, rinnovandosi in altra guisa, dovevan divenire visione nuova e meravigliosa, un'arcana rivelazione dell'esistenza d'oltre tomba e del mondo eterno.

Soffriva Dante e taceva, appariva diverso da quello d'un tempo, e forte era il suo intimo travaglio, che l'affaticava con acuta cogitazione, facendogli splendere dinanzi la sognata grandezza e la gloria.

Senza nulla comprendere di lui e degli occulti disegni del suo spirito, impensieriti del suo sensibile mu

tamento, i congiunti ragionavano insieme di dovergli dar moglie, facendo il possibile per riuscirvi. Trovata una giovane donna, « quale alla condizione » di Dante « era dicevole », con quelle ragioni, « che loro parvero induttive, la loro intenzione gli scopersono» (1). « Dopo una lunga tenzone, al ragionamento seguì l'effetto e fu sposato» (2). All'età di ventisett'anni, nel 1292, prese in moglie Gemma di Manetto Donati, non della famiglia di Corso, che aveva le sue case e le torri sulla piazza di San Pietro, ma di quella affine, la quale abitava sulla piazzetta della Rena, chiamata la piazza dei Donati (3).

La mutua corrispondenza fra i giovani sposi non durò molto; Gemma si dimostrò una novella Santippe, e fugacissime furono per Dante le gioie coniugali. Non solamente dalle contemplazioni era distolto << quante volte voglia» ne venisse « alla nuova donna », ma doveva stare in compagnia « male a così fatte cose disposta ». Egli, usato liberamente di ridere, di piangere, di cantare o di sospirare, « secondochè le passioni, dolcezze e amore il pungeva » ; non osava più farlo »>, e << d'ogni piccolo sospiro » doveva rendere « alla donna ragione » (4). Trovava modo però di eludere la sospittosa vigilanza della moglie; e nello stesso anno del suo matrimonio cercò un conforto nel De Consolatione philosophiae di Severino Boezio e nel trattato sull'Amicizia di Cicerone.

<< Misimi a leggere - egli dice quello, non cono

(1) Cfr. GIOVANNI BOCCACCIO, Vita di Dante, cap. III.

(2) Cfr. Op. cit. ibid.

(3) Cfr. PIETRO FRATICELLI, Storia della Vita di Dante Ali

ghieri, op. cit. capitolo quinto, p. 108 e seg.

(4) Cfr. GIOVANNI BOCCACCIO, Vita di Dante, cap. III.

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