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Nel Capibrevium di Luca Barberi si annovera fra le terre che appartenevano al regio demanio, e che non si potevano trasferire ai baroni (1). Il Barberi dichiarava i diritti regii sulle molte signorie feudali; e designava i feudi che i baroni possedeano e che poteano avocarsi dal regio demanio. Accenna il suo lavoro d' investigazioni fiscali anche quando scrive su Castiglione ed altre terre vicine (2).

Le conferme delle Consuetudini si vedono fatte dal 1448 dalla famiglia Gioeni, e il barone avea sede nel parlamento siciliano col titolo di Principe che vedesi conservato nella nota dei Pari del Regno del 1812.

Una copia autentica delle Consuetudini di Castiglione si conserva nella Biblioteca Comunale di Palermo fra le varie copie che il dotto canonico Gregorio procuravasi sul fine del secolo scorso a spese del Governo, ma non ne fece alcuno studio nè le diede in luce (3).

(1)« fuisse vere demaniales habentes amplissima privilegia, et capitula ne unquam alienarentur et in baroniam concederentur, ultra quod huiusmodi alienationes in generalium regni Constitutionum et Capitulorum super bonis demanialibus non alienandis editorum praeiudicare nimis tendunt. » Capibrev. Vall. Demon. Mss. della Bibl. Comunale di Palermo Qq. H. 94. fol. 143.

(2) Iussisti Catholice Rex, ut hujus Siciliae ultra farum regni feuda a sacro demanio contra regni eiusdem statuta et ordinationes segregata tuae notificarem Majestati, quod cum tibi serviendi avidus efficere peroptarem regaliarum ab ipso demanio disiunctarum capibrevium componere curavi in quoque sint villae quaeque sint res, quae de eodem alias fuerant demanio, et in baroniam sub feudali servitio in presentiarum reperiuntur declaravi, quarum una est Castellionis terra cum castro in Valle Demine consita. » Capibrev. Mss. Qq. H. 93, fol. 140.

(3) La copia autentica compresa nel volume segnato Qq. F. 55 della Bibl. Com. di Palermo è in 54 fogli con antica numerazione; ma in quel volume è collocata da f. 347 a 400. Nel foglio 52 si legge la sottoscrizione di Paolo Badolati archivario di Castiglione e la firma è riconosciuta dal maestro notaro Guerini nel 1728: « Ex registro Capitulorum existente

Le Consuetudini di Castiglione furono presentate per la sovrana approvazione nel 1392 quando il Re Martino assediava Palermo, poichè i fautori dell' anarchia e del baronale dispotismo voleano resistere al giovine principe venuto dalla Spagna con la sposa Maria unica figlia dell'ultimo re Federico III.

Nel f. 50 dell'antica copia si legge: Finis capitulorum, consuetudinum et observationum (observantiarum) ab antiquo semper a prima linea usque ad ultimam servatorum, huius terrae Castri Leonis Siciliae Regni ultra farum, anno Dominicae Incarnationis 1118. È un evidente errore questa data, e perciò dicea nella mia Storia della Legislazione civile e criminale di Sicilia: « L'antica origine di tutte le sicule consuetudini municipali, da me dimostrata, ci dee convincere che gli antichi usi di Castiglione poterono prima scriversi e formare certa capitula de papiro, di cui si fece poi una copia, perchè non venissero in ruinam; e che furono confermati successivamente. La data del 1118 anteriore alla coronazione di Ruggiero (1130) è erronea; parlando del Regno oltre il faro ci riduce ai tempi posteriori al Vespro del 1282; onde vedendo la lingua volgare usata per gli statuti, la somiglianza e quasi identità con quei di Catania, l'approvazione chiestane a Martino e Maria al loro giugnere nell'isola e mentre assediavano

in Archivio Universitatis huius Civitatis Castrileonis extracta est praesens copia. Paulus de Badolati Archivarius. »

Animosa, dilecta et fidelis Civitas huius Castrileonis, indubiam fidem facimus et testamur omnibus praesentem visuris pariterque inspecturis, qualiter supradicta copia fuit et est manu propria subscripta sive firmata supradicti de Badolati Archivarii huius praedictae Civitatis, copiamque praedictam eadem manu sua propria extraxit sive subscripsit ut supra et omnimoda est adhibenda fides. Unde in praemissorum fidem has praesentes fieri fecimus a nostro Magistro Notario, nostroque solito quo utimur sigillo in pede munitas. Datum Castrileonis sub die 21 Maij. 6 Ind. 1728.

L. S.

JOSEPH GEORGIUS GUERINI MAGISTER NOTARIUS.

Palermo nel 1392, io giudico che gli usi antichi forse scritti in latino, si ridussero in volgare nella seconda metà del secolo XIV, e facendone una novella compilazione e riforma si scrissero somiglianti a quelli della vicina Catania, già approvati da Ludovico nel 1345; nè posso credere che la colta e grande Catania abbia tradotto in latino quelli di Castiglione. Al contrario questa piccola città adottò nella massima parte le consuetudini di Catania con talune addizioni e poche riforme, e ne chiese nel 1392 la sanzione che non soleva rinnovarsi e perciò non si era prima ottenuta. Del resto non è nuovo che gli statuti del medio evo fossero reiteratamente compilati, e dal latino in volgare recati nei tempi in cui il popolo era più uso alla volgare favella, ed usavala non solo, come prima, nella poesia, ma eziandio ripulita nei contratti e nelle leggi ».

Nel 1415 si fece una copia autentica delle Consuetudini, che potesse far le veci dell' originale, perchè l'antico esemplare in carta de papiro dubitavasi che venisse in ruinam. Nei tempi posteriori furono confermate le antiche consuetudini e accresciute con qualche nuovo capitolo che vedesi aggiunto nel testo.

Rimasero inedite le Consuetudini di Castiglione, e soltanto nella raccolta di Consuetudini delle Città di Sicilia edite ed inedite, da me pubblicata nel 1862, vennero in luce. alquanti capitoli che offrivano le regole di diritto civile conformi alle Consuetudini di Catania del secolo XIV (1). È

(1) Nella nostra monografia « Notizie e Documenti su le Consuetudini delle Città di Sicilia » pubblicata nell' Archivio Storico Italiano (Firenze 1881-1883) trovansi memorie storiche, cenni bibliografici, e testi inediti. Alcune notizie bibliografiche trovansi pure nel Propugnatore (1881, vol. XIV, pag. 143-150). Di una ristampa fatta in Germania da Hartwig e Brûnneck per alcune consuetudini siciliane, fu data notizia in Firenze nell' Archivio Storico Italiano (1882, t. IX, pag. 340-357), in Roma nella LEGGE (1882, vol. 2.o, pag. 279-284), e in Napoli nel Filangieri (1882, vol. 2.o, pag. 565-568).

ancora inedita una gran parte delle Consuetudini di Castiglione che riguarda i danni dati, la creazione degli ufficiali, i notai, i giudizi contro i debitori, le servitù, ed inoltre un gran numero di capitoli che sono particolari per quel comune e contengono regole, provvedimenti, e designazioni di multe e pene in modo simile agli odierni regolamenti di polizia urbana e rurale.

È utile la pubblicazione intera di questo codice comunale del medio evo, si perchè contiene consuetudini importanti per la cognizione del diritto municipale siciliano e si per la lingua usata sul fine del secolo XIV e nei primordi del XV.

CENNI SUL DIALETTO SICILIANO

Il volgare siciliano delle consuetudini di Castiglione e di alcune sicole leggi dei primordi del secolo XV differisce alquanto dal dialetto dei giorni nostri che i letterati italiani conoscono nelle poesie siciliane di Giovanni Meli. Scrivendo capitoli di consuetudini o di leggi i giureconsulti siciliani adoperavano allora talune desinenze in o o in e che in Sicilia non esistono, e molte parole italiane usavano e vi univano non di rado parole latine. Oltreciò alquante parole in quei tempi usate sono cadute in disuso, ed altre non poche si pronunziano e si scrivono ora in modo differente. Così trovasi oi per o, plui per più, chiui per più, dechi per dieci; fichi, fachissi, = fici, facissi; locationi locazioni (1). Ai lettori italiani che non

=

(1) La lingua volgare delle Consuetudini di Castiglione è simile a quella dei Capitoli del Regno sanciti dal re Martino nel 1403. Ne inseriamo alquante parole del cap. 51, perchè ciascuno possa farne la comparazione: Li Ordinationi et Capitoli li quali divino observari li Justitieri ordinati in lo Regnio di Sicilia, ciasquiduno per la sua Valli....

ne hanno notizia offriamo alcuni schiarimenti che rendono agevole intendere il dialetto siciliano di quel codice.

La massima parte delle parole siciliane sono quasi eguali alle italiane; e di quelle che non han somiglianza ho indicato il significato. Molte parole sembrano differenti solo per la desinenza o per talune alterazioni speciali; talchè è facile riconoscerle per eguali alle italiane, ove si ponga mente a talune indicazioni quasi regole generali.

Infinite parole italiane hanno la desinenza in o, e in Sicilia tali desinenze non esistono perchè sono mutate in u od in e. Tale differenza deriva o dalla antichità maggiore del dialetto siciliano o dall'uso più costante del latino togliendone la consonante finale. Perciò le parole latine amicus, manus, lupus, surdus ecc. sono in Sicilia conservate togliendo la s, amicu, manu, lupu, surdu ecc. e in Italia si muta la u in o, amico, mano, lupo, sordo. Finiscono in u tutte le parole italiane che terminano in o ancorché non sieno d'origine latina.

Le parole che in latino finiscono in is, almeno nel caso genitivo, come canis, panis, patris, matris, ecc., in Sicilia rimasero identiche, solo togliendosi la s finale; ma gl' Italiani han preferito la desinenza in e.

Tutte le parole italiane che han desinenza in e, fini

<< Item, li Iustitieri digiano audiri, e tirminari li causi, ac decidiri per ipsi, et per loro Judici, et non per submissa persona. Immo ipsi digiano continuamenti exerciri lu officio di scurriri li Citati, Terri, et lochi dela Valli ad ipsi commissa; taliter che non adimurino plui di quattro jorni in la Terra; excepto che la causa non requidissi necessario majuri dilationi. Item, li malafacturi, sive delinquenti, puniranno in lochi, undi delinquiItem, che li famusi larruni, et malafacturi manifesti, e quilli, li quali arrobbano per li boschi, et li vij, committendo potissime homicidio senza dilazioni li digiano puniri, non aspectando solemnitati alcuna ». Capitula Regni Siciliae. - ed. Venezia 1573 pag. 100; ed. Palermo 1741

ranno.

pag. 164.

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