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tempo passato, dovette essere la solitaria sua stanza, là dove poteva lamentarsi senza essere udito (ivi, XII), e dove più fortemente aveva provato ed espresso il suo amore. Facendolo stare sulla via, la gentil donna non l'avrebbe potuto guardare pietosamente, e accorgersi del suo volto atteggiato a terribile sbigottimento; doveva stargli di fronte per vederlo e accorgersi di quanto passava in quell'anima atterrita, che, a testa china, riandava i dolci ricordi del suo primo amore.

Ebbene, anche questo è un accenno prezioso, e ne va tenuto conto, perchè sappiamo che le case dei Donati erano vicine a quelle degli Alighieri. Non occorreva che fossero di fronte, da una parte all' altra della via; potevano benissimo due fenestre di un cortile o di un giardino, dar luogo alla scena descritta. E in realtà dovette essere appunto così; perchè le case degli Alighieri e dei Donati erano consecutive, una appresso l'altra, sulla piazza di San Martino del Vescovo, (2) e si estendevano nella parte interna, in modo d'avere tra loro fenestre di fronte e di fianco.

(1) Pare che le case degli Alighieri avessero un orto, dove era un fico, «<ficum quam habent ibi iuxta murum Sancti Martini », che nel 1189 fu abbattuto, dietro i ricorsi fatti da Don Tolomeo, parroco di S. Martino (Vedi A. DE GUBERNATIS: Su le orme di Dante, Roma, 1900, pag. 220).

(2) Leonardo Bruni disse che le case di Dante si trovavano sulla piazzetta di S. Martino del Vescovo, con l'ingresso sulla via di S. Martino, e «< si estendevano verso le case de' Donati e dei Giuochi ». Noi, con l'aiuto dei documenti, possiamo non solo confermare la notizia, ma anche asserire che quelle case erano proprio seguite e continuate da quelle dei Donati. La casa dove il nostro poeta abitava, fu comprata più tardi dagli stessi Donati, dopo la confisca dei beni di Dante, per assicurarla in qualche modo alla moglie Gemma e ai figliuoli di lei. Si legga a proposito un articoletto di IODOCO DEL BADIA (Le case degli Alighieri, in Giornale Dantesco, a. XII, quad. I, pagg. 10-12), dove quest' argomento è illustrato abbastanza bene.

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C = arco che univa le case Donati, per il quale ora si accede al cortile,

i

o alla piazza de' Donati.

ingresso alla casa di Dante.

m chiesa di S. Margherita.

Come si vede, le case dei Donati avevano un' estensione molto considerevole, in quanto che dalla piazzetta di S. Martino del Vescovo si spingevano fino al Corso Borgo degli Albizzi, girando quasi tutto quel quartiere, che si trova intorno all'attuale piazza de' Donati, e che ora è trasformato in rimesse e in abitaziani private. Quello che restava era occupato dalle case degli Alighieri, che dalla piazza di S. Martino arrivavano fin presso alla chiesa di S. Margherita,

dove confinavano con la casa Donati. (1) Sicchè tutte e due le case avevano delle fenestre che davano sul cortile, cioè sull'attuale piazza de' Donati. Di li sarebbe potuto avvenire l'innamoramento di Dante con Gemma. Quel luogo solitario, dove i rumori cittadini non pervenivano, e non giungeva il frastuono del via vai della gente, era adatto più di qualunque altro, a sfogare il cuore gonfio e commosso. (2)

Giunti a questo punto del nostro lavoro, prendiamo ad esaminare alcune rime che si riferiscono alla donna gentile, per vedere quale significato avrebbero, se non si ritenessero scritte per Gemma.

Una di queste è la canzone « E' m' incresce... ». Fermiamoci su quei versi della stanza sesta, che dicono:

Qui giugnerà, in vece

D'una ch' io vidi, la bella figura,

Che già mi fa paura;

E sarà donna sopra tutte noi,

Tosto che fia piacer degli occhi suoi.

80-84.

Chi è quest' una? Beatrice senza dubbio. Essa infatti era stata già veduta dall'intelletto, prima che se ne partisse da questa terra. E la figura bella che faceva paura all'intelletto, dove andava ad occupare il posto un tempo tenuto da Bea

(1) Ultimamente si sollevò qualche polemica contro l'autenticità della casa di Dante, ma fu ingiusta e quasi del tutto infondata. Per smentire la tradizione e i documenti che possediamo in favore di essa, non basta dubitare; ci vogliono i fatti: I documenti non si demoliscono senza altri documenti.

(2) E il luogo infatti doveva essere solitario, in modo da potervi stare con tutta la libertà possibile.

trice, non era una donna qualunque, ma la seconda che aveva impressionato il Poeta: Beatrice fu la prima, essa la seconda. E qui, nella stanza sesta, se ben si osserva, ritorna tra il primo e il secondo amore, cioè tra l'amore per Beatrice e quello per la donna gentile, quel medesimo contrasto che è tanto bene descritto nella Vita Nuova e in alcune rime posteriori, specie nella canzone « Voi, che intendendo... ». Noi lo rilevammo più d'una volta: Il nuovo amore sorse « per lo mirare intento ch'ella (la mente) fece » (78), per aver «<mirato nel piacere » (75). L'intelletto se ne lamenterà subito, «< accorgendosi che era nato il suo male » (76); e, prendendo, come sempre, le parti di Beatrice, cioè dell'antico amore contro il nuovo, che cominciava a prevalere, esclamerà piangendo:

Qui giugnerà, in vece

D'una ch' io vidi, la bella figura,

Che già mi fa paura;

E sarà donna sopra tutte noi.

80-83.

Sicchè le due donne di cui si parla, sono Beatrice e la donna gentile; quella del primo, e quella del secondo amore. Ora, se la canzone « E' m' incresce... » fu scritta molto dopo « Voi, che intendendo... » e si riferisce sempre a una medesima persona, non potremo ammettere che la donna gentile sia diversa da Gemma; perchè allora sarebbe dovuta già passare per la mente di Dante un' altra donna, vale a dire Gemma, che quindi sarebbe stata la seconda, prima che quella gran beltà l'avesse fatto dolere. È vero, si disse che Gemma passò quasi inosservata, come una fiamma che non riscalda e non avviva: E sia pure, anche noi ci pas

seremo sopra.

<< Poscia ch'Amor...», la canzone che tenne dietro alla precedente, fu scritta pure per la donna gentile. In essa

l'Alighieri spera che Amore gli farà grazia ancora, spera cioè che lo riporrà in condizione di poter scrivere versi d'amore. Da chi proveniva quel raffreddamento? Dante stesso non sa dircelo: Dalla sua donna non del tutto; da lui molto meno, chè non avrebbe voluto soffrire quei tormenti. Ma egli si trovava in esilio, una forza superiore lo teneva lontano dall'oggetto amato. E la canzone cosa significa? Che vuol dire la grazia ch'egli spera? È un po' difficile invero intenderne il significato; ma se pensiamo a Gemma e a quanto accennai nella cronologia delle rime, i veli cominciano a dissiparsi, il senso recondito principial a balenare. E di queste osservazioni se ne potrebbero fare a iosa nelle poesie esaminate. « Togliete via...», per esempio, se non si pensa a un matrimonio e non s'interpreta nel modo ch'io suggerii, cosa significherebbe? Nulla; come nulla direbbero tutte quelle rime, nelle quali gl'interpreti vollero vedere un'allusione alla filosofia.

Ma quale fosse la natura del nuovo amore, ci viene dichiarato abbastanza bene nel sonetto « Due donne in cima... ». Chi è infatti la donna gentile? La donna della bellezza. Essa ha bellezza e vaga leggiadria,

E adorna gentilezza le fa onore.

È la donna della bellezza; ma, sebbene a prima vista sembrerebbe inconciliabile, essa va pienamente d'accordo con la donna della virtù, cioè con Beatrice. E perchè? Perchè la sua bellezza è atta non già ad avvilire l'uomo nel conseguimento del piacere, ma a nobilitarlo ed elevarlo in un modo miracoloso. Nel caso contrario non sarebbe mai possibile, che un cuore potesse amare due donne contemporaneamente. La cosa dunque non doveva sembrare troppo strana: Parlan bellezza e virtù all'intelletto,

E fan question come un cuor puote stare
Intra due donne con amor perfetto:

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