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svolgimento di quest' amore vedremo invece come concordino bene e armonizzino. Il carattere della donna si manterrà sempre uguale dal principio alla fine. Il Poeta, che prima sorrideva come un fanciullo nell'illusione della fantasia, e che, spronato al lavoro, apriva il cuore alla speranza, vedremo che, dopo i sogni svaniti e gli amari disinganni, spento d'ogni virtù e di qualsiasi energia, proromperà nelle imprecazioni più fiere, nelle parole più amare di dolore e di sconforto; vedremo che maledirà la propria sorte, invocando le vendette del cielo sull' essere che prima adorava. L'uomo non è punto mutato, sebbene noi l' avessimo creduto, perchè mossi da un falso preconcetto.

Questa graduale evoluzione in prova dell' identità è di non poco peso. Ma un argomento, e anche da solo sicuro, è il fatto che la donna di queste rime ci viene descritta sempre nel medesimo modo. È una giovane bella e avvenente, dai capelli biondi, inghirlandata di fiori e vestita di verde, come l'erba del prato. La ballata « Era tutta soletta.....», che costituisce la prima scena del dramma, ci offre un grazioso paesaggio; sembra una miniatura.

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Allor fu' io più preso
Di quella pargoletta.

Poi colse di quei fiori,
Ch'a lei parean più begli,
Dicendo: Agli amadori
Sogliamo andar con egli
E a' suoi biondi capegli
Se li giva legando :
Ed ivi a poco stando

Mi die' la ghirlandetta.

Qui, più che altrove (si vede bene), le qualità della Pietra sono confuse con quelle della Pargoletta. Disconoscerlo sarebbe ostinatezza, o potrebbe provenire da poca conoscenza della materia. Io vorrei qui aggiungere in sostegno molte altre somiglianze, desumendole specialmente da rime delle quali non può essere attaccata menomamente l'autenticità, come qualcuno, a torto, potrebbe fare per la ballata in parte trascritta; ma siccome mi dovrei dilungar troppo, per non distrarre l'attenzione, manderò anche questa volta in nota chi avesse desiderio di toccar tutto con mano. E del resto è giusto procedere coi piedi di piombo, e andare, per quanto è possibile, al fondo delle cose (1).

(1) Mi limiterò a rilevare alcune somiglianze più importanti. Si osservi, per esempio, l'idea della schiavitù d'amore, che riesce dolce e piacevole, e che è ritratta quasi con le stesse parole nelle poesie della Pietra e in quelle della Pargoletta:

Solo per lei servire, e luogo e tempo;
Nè per altro desio viver gran tempo.
«< Amor, tu vedi ben...», 47.

Io son servente; e quando penso a cui,
Qual ch'ella sia, di tutto son contento;

Quanti si accinsero alla ricerca delle rime pietrose, caddero in un errore, in verità, imperdonabile, ritenendo che dovevano considerarsi di tale specie quelle soltanto, le quali più volte, o per lo meno una volta, contenessero la parola pietra. Ciò è strano. Dovremo dunque in tale studio fare dei calcoli: Non comprendo proprio come si possa ingannar tanto la mente d'un critico. Ci fu, per esempio, qualcuno, che, basandosi su questo criterio, affermò ch' egli tentennava nell'ascrivere tra le pietrose il sonetto «E' non è legno.......», perchè vi appariva una sola volta il vocabolo pietra. Confesso che mi venne da ridere; è un ragionar da fanciulli. Dovremo dunque escludere da queste gran parte di quelle rime, che, come vedremo in seguito, appartengono al

Convien che tal desio servigio conti,
Perocchè s'io procaccio di valere,

Non penso tanto a mia proprietate,

Quanto a colei, che m'ha in sua podestate;
Chè 'l fo perchè sua cosa in pregio monti:
Ed io son tutto suo; così mi tegno;

Ch'Amor di tanto onor m'ha fatto degno.

<«<lo sento si d'Amor... », st. 3, 4.

Altrove invece il Poeta ribatte sulle sue tristi condizioni, e sul conforto che attende dalla persona idoleggiata.

Sicchè per te se n'esca fuora il freddo,
Che non mi lascia aver, com' altri, tempo:
Che se mi giunge lo tuo forte tempo
In tale stato, questa gentil pietra

Mi vedrà coricare in poca pietra

Per non levarmi se non dopo il tempo.
<< Amor, tu vedi ben...», 53.

Onor ti sarà grande, se m'aiuti,

Ed a me ricco dono,

Tanto, quanto conosco ben, ch'io sono
Là, ov'io non posso difender mia vita.

«< Amor, che muovi...», 61.

primo periodo, e si riferiscono alla medesima donna, perchè non contengono massi, nè pietre? Ma non è la medesima passione che si canta? Non è la stessa persona, che sotto vari aspetti tormenta il Poeta ?

Si osservi: La canzone « Così nel mio parlar... » nessuno dubitò che appartenesse a tal gruppo; ma io son certo che se anche li non fosse apparsa la parola pietra, se ne sarebbe dubitato. E se a Dante quella parola fosse sfuggita? E se invece di balenargli quell' idea, nella foga del sentimento, glie ne fosse venuta in mente un' altra, avremmo per questo dovuto dire che quella canzone non poteva annoverarsi tra le pietrose? Lo dico, perchè ivi apparisce una sola volta il vocabolo pietra. È proprio il caso di osservare,

Nè dentro i' sento tanto di valore,
Che possa lungamente far difesa,
Gentil madonna, se da voi non vene.

«La dispietata mente...», 7.

Ma di simili confronti se ne potrebbero far molti.

Cosi, come dicevo, nelle poesie che studiamo, vi apparisca o no la parola pargoletta, si parla sempre d'una donna di tenera età, di una giovane:

E se mercè giovinezza mi toglie,

Aspetto tempo che più ragion prenda;
Purchè la vita tanto si difenda.

«Io sento si d'Amor...», 46.

Per questo mio guardar m'è nella mente
Una giovane entrata, che m'ha preso.

<«< Amor, che muovi...», 24.

Non soffrir che costei

Per giovinezza mi conduca a morte;

Chè non s'accorge ancor com'ella piace,

Nè com'io l' amo forte.

Ivi, 56.

È sempre la Pargoletta bella e gentile, poi fatale e insensibile, come

dura pictra.

che, quando la passione è viva e il cuore commosso, come in quello sfogo tempestoso, il poeta non puo giuocar di parole e lavorare di fantasia. Bisogna dunque guardare al contenuto delle rime, anzichè arzigogolare su giuochi di parole o su motivi secondari.

Anche la canzone « Amor dacchè...» non presenta mai il vocabolo pietra; eppure, basta avere un po' di buon senso, chi la potrà scartare dal numero delle pietrose? Ma nessuna meraviglia; si fece da tutti, e nessuno si avvide dell'ingiustizia che commetteva. Fu ritenuta come una poesia isolata, senza sapersi dove inserire; rimase come un giacinto in mezzo a le spine; fu considerata come una pianta nata da sè, cresciuta e morta nello spazio di un giorno. Eppure vi sono gli argomenti interni eloquentissimi, che ci permettono di assegnarle un posto. Già dissi altrove, nell'ordinare le canzoni del Convito, che essa va fatta precedere a <«< Così nel mio parlar...» e va con essa collegata strettamente. Ma siccome questo fatto è di non poca importanza, e sono molte le conclusioni, che, specie in seguito, vi potremo trarre, preferisco fermarmici ora un pochino, giacchè mi si porge l'occasione: Ciò servirà per dimostrare sempre meglio, che le rime scritte per la Pietra non sono quelle sole che vanno generalmente sotto quel nome.

« Così nel mio parlar... » e «< Amor dacchè...», sono le due canzoni sorelle più nervose, più belle e più risentite; nate a breve distanza e sotto la medesima impressione, quando le facoltà del Poeta furono come avvinte e trascinate dalla rapina di una passione profonda; quando il parossismo erotico prorompeva cogli accenti più fieri, che lingua umana potesse mai pronunziare. Oh, come vive l'anima dell'artista in quei versi! Come ci vengono i bri

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