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di quell' opera, e quali quindi le canzoni che ne dovevano far parte, vedemmo anche che da quell' ordinamento primitivo, il quale, salvo leggere eccezioni, si riscontra inalterato in molti manoscritti, risultano due gruppi di poesie, il secondo dei quali contiene, nella loro successione cronologica, tutte le canzoni della Pietra o Pargoletta, che costituiscono un solo ed unico amore.

Ma chi lesse con attenzione quel mio primo lavoro, che io dissi dover premettere come studio preparatorio e necessario per chiarire i capisaldi della questione e porre un po' d'ordine nelle cose, si sarà dovuto subito avvedere di quanto siamo venuti dicendo fin qui: Da quell' ordinamento appariva una serie di poesie, già ben disposte cronologicamente, senza bisogno d'altra mano sagace che le ordinasse. E per meglio dimostrare questo fatto e vedere quanto sia logico e naturale lo svolgimento di questa passione, ora prenderò a studiare questa parte, vale a dire la successione delle rime che si riferiscono a questo terzo violento amore, trattando contemporaneamente anche la questione cronologica dei singoli componimenti. Non affronto ancora l'altra questione generale circa il tempo, al quale va riportata tutta la raccolta, perchè me ne occuperò in un capitolo speciale. Qui pertanto vedremo gli alti e bassi amorosi, le varie vicende e i sentimenti che si alternarono nel cuore dell'Alighieri. Un altro forse ne avrebbe fatto a meno; io invece mi ci fermo, perchè stimo sia questo uno dei capitoli più importanti.

II.

SVOLGIMENTO DELL'AMORE

PER LA PARGOLETTA

Anche qui terrò il medesimo sistema seguito nel parlare delle rime per la donna gentile; cioè enumererò per ordine cronologico tutte quelle ch' io ritengo appartenere indubbiamente alla Pietra o Pargoletta, senza discutere per ora dell' autenticità, o di altre questioni ad esse inerenti. Lo farò in seguito, quando dovrò parlare dei singoli componimenti.

Era tutta soletta...

Per una ghirlandetta...

Deh! violetta, che in ombra d'Amore...
Amor, che muovi tua virtù dal cielo...
Madonna, quel Signor, che voi portate...
Io sento si d'Amor la gran possanza...
Perchè ti vedi giovinetta e bella...
Amor, tu vedi ben che questa donna...
Nulla mi parrà mai più crudel cosa...
Io son venuto al punto della rota...
Ora che 'l mondo s'adorna e si veste...
Amor mi mena tal fiata all'ombra...
Gran nobiltà mi par vedere all'ombra...
La dispietata mente, che pur mira.....

Al poco giorno, ed al gran cerchio d'ombra...
E' non è legno di si forti nocchi...

Ben dico certo che non fu riparo...
Chi guarderà giammai senza paura...
Amor, dacchè convien pur ch'io mi doglia.......
Io son si vago della bella luce...

Io maledico il dì, ch'io vidi imprima...
Cosi nel mio parlar voglio esser aspro...

La serie di queste rime si apre con una ballata; ed è «Era tutta soletta...», la quale sembra uno scherzo, una bizzarria del Poeta, che la dovette comporre sotto la viva impressione del fatto; perchè, diciamolo pure, v'è dell' esagerato, del fantastico, dell' ideale. Chi è quella giovane che si permette dinanzi a uno sconosciuto parole simili?

- Tu se' innamorato,

E già no 'l puoi disdire;
Ch'io veggio il tuo desire,
In ver di me acceso!

15-18.

Tale libertà discorderebbe con tutte le altre rime di questa medesima serie, dove la donna ci vien descritta come un fiore di purità, incapace di corrispondere a un amore illecito o sensuale. La scena è una delle più poetiche, e quindi una delle più ideali, probabilmente niente vera, se non nel sustrato. È una scena campagnuola, punto difficile a verificarsi nei ridenti paesaggi del Casentino.

Dissi che v'è del fantastico, quasi Dante avesse voluto precorrere coll'immaginazione ciò che aveva in cuore di fare; ma i particolari, si ricordi bene, non varieranno. La giovane leggiadra, o meglio la pargoletta, bella come la leggendaria « Pulisena », gli apparisce sopra un verde prato coperto di fiori, che essa va amorosamente cogliendo per intesservi una ghirlanda. Dante rimane estatico a contem

plarla. La scena è di primavera: L'assopita natura sembrava si ridestasse dal lungo letargo. Anch' egli lo sentiva, nella malinconia in cui si trovava, coll'animo triste e sconvolto, tutto l'incanto della dolce stagione. Quando sarebbe sorta per lui un' alba più luminosa? Fu la stella dell'Alpi, che, incarnando il suo sorriso con quello delle cose, nell' alta solitudine sovrana, gli fece risentire il fascino della vita.

Fu la stella dell'Alpi, che nasce nei luoghi solitari, quella che gli si pinse nella mente. E la giovane e la ghirlanda, il fiore e l'amorosa donna, divennero per lui una medesima cosa. Non era forse delicata come un fiore? Non era per lui come la bianca stella dell' Alpi al viandante stanco e trafelato dalla salita? Il fiore gli rammentava la donna, questa gli ricordava il fiore profumato. Un sospiro tirava l'altro per associazione d'idee.

Per una ghirlandetta,

Ch'io vidi, mi farà
Sospirar ogni fiore.

E quello che prima era stato un semplice ornamento, quando quella gentile gli era apparsa in ombra d'Amore, diverrà l'oggetto stesso che l'aveva innamorato, personificando la donna:

Deh! violetta, che in ombra d'Amore
Negli occhi miei di subito apparisti,
Abbi pietà del cor che tu feristi,
Che spera in te, e desiando more.

Ecco il motivo di queste due ballate, o possiam dire tre («Era tutta soletta....... », « Per una ghirlandetta... », « Deh! violetta...»), composte a breve distanza tra loro, quasi nel momento della prima apparizione, quando tutto sorrideva ancora allo sguardo del Poeta, come la violetta misteriosa, che gli aveva messo il fuoco nelle vene.

SANTI. Il Canzon. di Dante Alighieri, II.

12

La speranza lo conforta; il desiderio di trovare una donna che lo comprenda, lo fa ritornare bambino nei pensieri e nelle aspirazioni, infondendogli tutti gli entusiasmi giovanili. Non conosceva egli forse l'arte di amare? Era quella la prima volta che l'aspetto d'un essere femminile l'attraeva? Era vecchio negli anni e vecchio nelle passioni, maestro di tutti gli artifizi e i raggiri che all'uomo conviene adoperare in simili casi. «< Amor, che a nullo amato amar perdona... » gli aggiungeva baldanza alla prova. Ricordi

Che mille donne già, per esser tarde,
Sentito han pena dell'altrui dolore.

« Deh! violetta...», 13.

Sicchè i dubbi non sono sorti ancora; Dante è sicuro di vincere ogni ostacolo. Ma ben presto ai canti soavi e alle ballate saltellanti succederanno le pietose rime più gravi, dove i lamenti si verranno accentuando man mano, senza smanie dapprima, con la disperazione e col dolore più tardi.

Nel momento dell' ebbrezza, incantato dall' armonioso linguaggio della natura, la giovane gli aveva sorriso come un angelo consolatore nello sconforto. Con il ritorno delle forze, aveva quasi dimenticato il peso degli anni; il cerro invecchiato all' intemperie, aveva scosso le chiome, susurrando parole d'amore alla tenera margherita che gli sorgeva accanto. Non s'era avveduto dell'abisso che separava le loro esistenze; dell' immane ostacolo che li teneva divisi per legge di natura.

Non soffrir che costei

Per giovinezza mi conduca a morte;

Chè non s'accorge ancor com'ella piace,
Nè com' io l'amo forte,

Nè che negli occhi porta la mia pace.

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