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e che tengano pronte le loro genti per quando sarà scritto loro, e che non dubitino, perchè saranno difesi insieme con le loro terre dalla Repubblica. Queste terre sono Poppi, Pratovecchio e Ganghereto, che costituivano appunto le residenze di Guido di Battifolle, di G. Salvatico e di Carlo, primogenito di Guido di Battifolle. Ciò risulta anche meglio dalle lettere che seguirono a queste prime, e che vanno ravvicinate con esse.(1)

Noi non possiamo fermarci a lungo su queste notizie storiche, che forse un altro, accingendovisi di proposito, potrebbe ampliare e ordinar meglio; quello però che c'interessa fissare, è che G. Salvatico verso il 1300 risiedeva in Pratovecchio. Sicchè le due notizie dateci, dal Boccaccio e dall'Anonimo, trovano una conferma nella storia. Se le parole del Boccaccio fossero rimaste isolate, noi certo le avremmo tenute in poco conto, non essendo da sole sufficienti a darci il tempo di questa dimora. E infatti si credette che il Boccaccio avesse preso un abbaglio, confondendo il Salvatico con G. di Battifolle, presso il quale Dante sarebbe rimasto veramente, come risulta dalle tre epistole scritte « de castro Poppi » nel 1311. Ma le due dimore, come dicevo, non debbono esser confuse tra loro. Il soggiorno in Poppi del 1311 fu posteriore di circa due anni all'altro di Pratovecchio.

Quando Dante abbandonasse la corte di G. Salvatico e andasse in quella di G. di Battifolle, non si può precisare, nè conosciamo quali ne fossero le ragioni. Per questa parte i mezzi ci difettano completamente. Sarà dipeso dalle circostanze e dai tempi? Non sarebbe strano. In tal caso ci chiarirebbe qualche cosa il documento del 1310, che poco fa riportammo. Forse G. Salvatico era troppo intransigente e poco operoso, mentre Dante nel 1310, tutto assorto dal

(1) Ivi, pag. 32 e segg.

pensiero di Arrigo VII « intento a calare », attendeva con impazienza l'attuazione dei suoi ideali. G. Salvatico forse non faceva più per lui e non condivideva troppo le sue idee: Per questo si sarebbe accostato da chi c'era da sperare qualche cosa. Che Guido di Battifolle fosse amico dei fiorentini e loro alleato, disposto anche, come dimostrava, a prendere le armi contro Arrigo VII, pare non se ne possa dubitare, e lo direbbero anche quelle lettere ricordate poco fa; ma è anche vero ch'egli stava in ottima relazione e in rapporti di buona amicizia con Arrigo VII, come ci rivelano le tre epistole scritte da Dante a nome della contessa, per l'imperatrice Margherita di Brabante, moglie di Arrigo. Egli, sebbene avesse simpatia per l'imperatore, stava alla vedetta senza sbilanciarsi, osservando come si mettevano le cose. Dante in questo tempo s'era avvicinato a lui. E non potrebbe anche essere che lo stesso G. Salvatico l'avesse presentato e raccomandato al suo parente Guido di Battifolle, o che questi glie l'avesse chiesto direttamente? Certo che i loro castelli, Pratovecchio e Poppi, stavano a brevissima distanza tra loro (a circa 10 km. di strada), in modo da potervi andare in meno di due ore di cammino. Dante, tenuto conto della sua fama, doveva essere conosciuto in tutte e due le corti. Il ramo di Poppi e quello di Pratovecchio furono sempre in ottime relazioni tra loro, nè si ebbero mai a deplorare discordie, come tra Poppi, Romena e Modigliana.

Quanto tempo Dante dimorasse nel castello di Poppi non si sa, e non è nostro compito ricercare; ma anche questa volta è il caso di dire, come scrisse il Boccaccio, che egli andò errando ora qua ora là senza destinazione fissa, « secondo il tempo e secondo la... possibilità ». Egli, che era profugo e ramingo e sospetto e condannato, doveva risentire più degli altri i cambiamenti di politica e di fortuna.

SANTI. Il Canzon. di Dante Alighieri, II.

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In questo modo resta tracciato a grandi linee, con una certa approssimazione, tutto quel periodo della vita di Dante che corse dal 1306 al 1313, cioè dalla sua andata in Lunigiana presso i Malaspina, fino alla morte di Arrigo VII. Ma quello che ora c'interessa stabilire, è che dal 1307 al 1309, periodo che, come vedremo, costituisce la durata. dell'amore per la Pargoletta, egli si trovò in Pratovecchio, (1) e precisamente alla corte di G. Salvatico. Quel luogo, posto a pochi metri dall'Arno, « juxta Sarni fluenta », risponde a meraviglia con le circostanze e i particolari che accompagnarono quest'amore. Avremo occasione di riparlarne nei capitoli seguenti. (2)

(1) Da un documento del 1381 apparisce che il castello di Pratovecchio era già passato ai conti di Poppi. Vedi SCIP. AмM., pag. 45. (2) In conclusione Dante, salvo qualche breve intervallo, sarebbe rimasto per circa sette anni nel Casentino, dal 1307 al 1313: I primi due anni, o forse tre, li avrebbe passati a Pratovecchio, gli altri a Poppi.

V.

QUESTIONE CRONOLOGICA

Ed ora veniamo alla questione cronologica. Quale fu l'epoca, alla quale va riportato quest'amore? Non è facile rispondere. In simile ricerca procederemo gradatamente, essendo la questione una delle più importanti e complesse.

Intanto, quasi a comprova di quanto si disse nel capitolo precedente, quando parlammo del luogo dove Dante avrebbe conosciuto la Pargoletta, possiamo subito affermare che quest'amore non si potè svolgere innanzi all'esilio, prima del 1301, cioè quando Dante si trovava in Firenze o poteva dimorare in qualche campagna dei dintorni, come ritenne più d'uno; perchè mancherebbe il tempo richiesto dallo svolgimento di quest'amore. Che egli infatti prima della morte di Beatrice si desse in braccio a una passione, quale fu quella da noi descritta, oltre al discordare con tutto il racconto della Vita Nuova, ripugna addirittura. Beatrice era stata la prima donna, che aveva colpito il giovane poeta; essa fu quella che, finchè visse, lo sostenne nell'aspro cammino della vita: Glie lo ricorderà nel Paradiso terrestre, quando saprà muovergli dolce rimprovero dei trascorsi giovanili. Il contrasto che apparisce in tutte le poesie composte per la donna gentile, dove si parla solo di essa senza accenni ad altri amori, come d'un angelo del cielo o d'una madre amorosa, ne è la conferma più

bella. Morta che fu Beatrice, Dante, lo

sappiamo, passò un periodo terribile nella sua vita. Egli, per la cecità in cui cadde, dovette perdersi veramente in quella fiumana pericolosa e in quella selva oscura di vizi, che in parte ci descrisse nella D. Commedia. Le « sirene» lo attrassero, i piaceri del senso lo avvinsero tanto tenacemente, ch'egli non seppe resistere alle false « immagini di bene», «< che nulla promission rendono intera» (Purg., XXX, 132). Quello fu forse per Dante il periodo del maggiore traviamento. Eppure, a rigore, nemmeno allora potè conoscere la Pargoletta, se, come osservammo, poco dopo il 1290 avvenne l'apparizione della donna gentile. Infatti il sonetto « Videro gli occhi miei», composto sotto l'impressione di quella vista, porta la data dell'agosto 1291; di modo che mancherebbe tra i due avvenimenti (tra la morte di Beatrice e l'apparizione della donna gentile) quell' intervallo di due anni, che è richiesto dallo svolgimento dell'amore, di cui ci occupiamo. E se fino al 1292 l'amore per la Pargoletta non avrebbe potuto incominciare, possiamo spingerci con tutta sicurezza fino agli anni dell'esilio, essendo stato Dante occupato fino a quel tempo con la donna gentile, e non potendo ammettere che l'amore per la Pargoletta si fosse svolto contemporaneamente ad esso, amore calmo ed equilibrato, come le rime studiate ci mostrarono. Ma dal 1297 in poi, a voler concedere anche troppo, Dante fu assorbito tutto quanto dalla politica, che lo tenne costantemente in Firenze, salvo qualche piccola scappata per motivi politici, come l'ambasceria di S. Geminiano (8 maggio 1299): Sicchè fino al 1302, epoca sfortunata del suo bando, l'amore per la Pargoletta non potè aver luogo.

Bisogna dunque pensare all' esilio. E le poesie del resto parlano chiaro, non essendovene una, si può dire, che non presenti la nota malinconica e triste di quel fatto. Ma siccome è sempre bene approfondire le questioni, affinchè nes

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