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casione migliore per inveire contro l'ingiustizia cittadina e i fratricidi reggimenti d' Italia. Nè v'è altra canzone, che svolga così ampiamente l' allegoria, come questa.

È in un momento di amarezza e di prostrazione morale, che Dante, celatamente si, sotto il velo dell' allegoria, ma senza che non trapeli tutta la battaglia dell'animo suo, intuona la misteriosa canzone. Oh! come l'accende Amore, e come sente d' esser fratello alla misera giustizia, raminga e discacciata da tutti, che, con le lacrime agli occhi e con l'affanno in petto, va in cerca d'una persona pietosa che la consoli! Cosa gl'importa se le sorti dei Bianchi sono oppresse, e le porte della sua bella Firenze gli sono chiuse inesorabilmente? Dalla sua parte stanno il diritto e la giustizia; cadere con essi è onorevole. Questo è il vero significato della canzone. Il senso allegorico - si legge nel Convito è quello che si nasconde sotto il manto di queste favole, ed è una verità ascosa sotto bella menzogna ; siccome quando dice Ovidio che Orfeo faceva colla cetera mansuete le fiere, e gli arbori e le pietre a sè muovere : che vuol dire, che 'l savio uomo collo strumento della sua voce fa mansuescere e umiliare li crudeli cuori... E perchè questo nascondimento fosse trovato per li savii, nel penultimo trattato si mostrerà (II, 1).

Questo penultimo trattato è dunque quello, nel quale egli avrebbe parlato diffusamente della giustizia, e avrebbe anche spiegato, giacchè doveva presentarci un componimento del tutto allegorico, cosa intendeva per allegoria.

Dopo di ciò non si può più dubitare circa le ultime due canzoni, che dovevano far parte del Convito. Quella che incomincia << Tre donne intorno al cor...», doveva essere oggetto del XIV o penultimo trattato; l'altra, « Doglia mi reca...», dell'ultimo o XV, col quale l'opera si sarebbe chiusa. Il Gaspary (1)

(1) Storia della letteratura italiana di A. GASPARY, tradotta dal tedesco da N. ZINGARELLI, Torino, Loescher, 1887, vol. I.

lo notò. Ma, come feci già osservare, il solo Convito non è sufficiente per il nostro lavoro: Dove però esso ci abbandona, lasciando da parte altri accenni che riporterò in seguito, e che da soli non bastano per arrivare a conclusioni positive, ci vengono in aiuto i manoscritti. Esaminiamoli.

Non potendoli riportare per famiglie, giacchè manca una classificazione, che del resto non è possibile fare, dovrò seguire un criterio d'opportunità, nominandoli secondo le varie biblioteche che li contengono. E in tale esame metterò da parte tutti quei manoscritti che ci danno solo qualche canzone alla spicciolata, o anche di seguito, essendo inutile tenerne conto; perchè da due o tre canzoni prive di glosse dichiarative, non si può trarre alcuna conseguenza: Dobbiamo fermare la nostra attenzione sopra quelli soltanto che le riportano tutte o in buona parte. Ma come faremo a sceverare i buoni dai falsi? Come dovremo cioè diportarci per accogliere i più corretti e scartare gli altri? La cosa è più facile di quello che a prima vista potrebbe sembrare.

Quando in un manoscritto l'ordine delle canzoni non segue alcun criterio, e le rime, di qualunque specie siano, vengono riportate, come si dice, alla rinfusa, e con un ordine che si discosta da quello che è probabile loro spetti, vuol dire che il manoscritto è da fonte inquinata, e va, nel caso nostro, trascurato. Mi spiego: Un manoscritto che ci dà tutte o in buona parte le canzoni del Convito, e nel riportarle, non segue nè il probabile ordine di composizione, nè quello che, presso a poco, dovettero avere nel Convito, si capisce, va scartato; l' esemplare da cui fu tratto, non doveva essere corretto. (1) Se, per esempio, come nel

(1) Ed è chiaro. Infatti un autore che, come Dante, servendosi di soli componimenti già scritti, intende darci un'opera ordinata, dovrà,

barber. 3953, troviamo prima riportata una canzone che appartiene certamente all'esilio; e poi alla rinfusa (e in determinati casi anche col medesimo ordine), le prime tre del Convito, sul posto delle quali non può sorgere, per fortuna, alcun dubbio, dobbiamo dire che il manoscritto per questa parte, cioè per l'ordinamento delle canzoni da noi studiate, non è attendibile. Lo stesso si dica quando, come nel magliab. VI, 143, o nel riccard. 1091, o anche nel chigiano L, VIII, 305, alle canzoni dell' esilio sono frammischiate

perchè in essa non appariscano contradizioni, e la materia riesca uniforme, seguire uno di questi due criteri : O attenersi all'ordine di composizione, vale a dire all'ordine cronologico, secondo il quale i componimenti furono scritti; ovvero studiarsi, per quanto gli è possibile, di coordinarli, adattandoli all'idea fondamentale da lui avuta nella concezione dell'opera. Diversamente questi lavori, scritti in vari tempi e sotto diverse ispirazioni, rimarrebbero sconnessi e senza ordine o successione tra loro. Nel primo caso, avremo gli argomenti interni e il contenuto, che ci guiderà a una ricostruzione più o meno esatta dell'ordinamento primitivo dell'opera, dato che questa sia andata perduta: Nel secondo caso, qualora si tratti di un insieme organico, o di una raccolta di componimenti già scritti indipendentemente da essa, nella mancanza dell'originale, ci potranno venire in aiuto tutti quegli accenni che l'autore stesso, volendo o no, ci venne somministrando qua e là in alcuna delle sue opere; accenni, dai quali si possa desumere, con più o meno sicurezza, lo schema e l'orditura ch'egli si prefisse nell'opera perduta. Questo secondo caso si verifica appunto per il Convito, del quale, sebbene, come vedemmo, non conosciamo con esattezza lo schema, sappiamo tuttavia quali fossero, e quale ordine avessero le prime tre e le due ultime canzoni che lo dovevano comporre. Io non dico già di applicare separatamente, nella cernita dei manoscritti, o l'uno o l'altro dei due criteri stabiliti; vale a dire quello che si basa sull'ordine cronologico più o meno probabile in cui le canzoni furono scritte, e quello che si riferisce al primo ordinamento ch'esse dovettero avere, quando Dante si accinse a scrivere il Convito. I due criteri si debbono sorreggere a vicenda; perchè, se scompagnati resterebbero manchevoli per le tenebre in cui ci troviamo, uniti invece riescono sufficienti e tali da appagare i nostri desiderî. Non si dica quindi ch'io vengo a presupporre quello che dovevo dimostrare.

senza criterio alcuno quelle del Convito o della Vita Nuova. Basta, per esempio, e questo si verifica di frequente, che la canzone « Tre donne... » preceda « Voi, che intendendo...» (scritta certamente prima del 1300), alla quale poi segua un componimento della Vita Nuova, o un altro qualsiasi che non può essere annoverato tra i 14 del Convito, per avere tutte le ragioni di scartare dal numero di quelli a noi utili, un simile manoscritto.

Questo criterio, se ben si considera, ci conduce a risultati sicuri. E se in un manoscritto, per citare un altro esempio, vengono trascritte le medesime rime due volte, come nel riccard. 1029, con ordine diverso, ma poco soddisfacente, che non risponde in tutto o in parte al criterio stabilito, anche questo, se fu sempre lo stesso il copista, va messo da parte; giacchè per sè ci dà chiara prova che chi lo scrisse non si curò punto della loro successione. Sicchè, scartati i manoscritti che non servono, resterebbero solo quelli che ci presentano le rime in un ordine, che si può riportare presumibilmente a quello del Convito o a quello di composizione. E questi sono non pochi; ma, l'avverto fin d'ora, concordano così bene tra loro, che danno l'animo allo studioso di esaminarli. Ed io mi ci accingo senz'altro, incominciando dai Riccardiani, che mi vengono per i primi sott'occhio.

Mss. fiorentini.

Dei manoscritti riccardiani, (1) lasciando da parte quelli che non fanno al caso nostro, ne registro 23, ch'io divido

(1) Dovrei dare qui in nota, volta per volta, delle brevi indicazioni per i singoli manoscritti che vengo nominando, ma, per essere breve e non ripetere le cose due volte, mando in fine al volume, all'«< Elenco dei manoscritti esaminati », dove ho dato tutte quelle indicazioni che l'economia e l' indole del lavoro richiedevano. Li si vedrà quali furono i manoscritti pubblicati per intero, quali furono consultati, di quali si compilarono i cataloghi e gl'indici, o cose simili.

in due classi. Nella prima, che dobbiamo scartare, collocheremo quelli (1) che non rispondono al criterio stabilito, o non ci danno un numero sufficiente di rime; (2) nella seconda tutti gli altri. Questi ultimi, e sono molti, (3) presentano mirabile accordo tra loro nel numero e nella disposizione delle rime che a noi interessano; (4) anzi alcuni di essi (1007, 1035, 1083, 1085, 1094) meritano speciale riguardo, in quanto che premettono a ciascuna canzone un breve argomento dichiarativo: Ne riparleremo a suo tempo. Intanto mi piace di dare fin d'ora uno schema dell'ordine, secondo il quale sono riportate le canzoni in questi manoscritti del secondo gruppo:

Qui cominciano le chanzoni distese del chiaro poeta Dante Alleghieri di Firenze nelle quali di varie cose tractando nella prima la rigidità della sua donna chon rigide rime di

mostra.

Così nel mio parlar voglio esser aspro...
Voi, che intendendo il terzo ciel movete...
Amor, che nella mente mi ragiona...
Le dolci rime d'amor ch'io solìa...
Amor, che muovi tua virtù dal cielo...
Io sento si d'Amor la gran possanza.....
Al poco giorno, ed al gran cerchio d'ombra...
Amor, tu vedi ben che questa donna.......

(1) Ricc. 1029, 1054, 1091, 1100, 1126, 1156, 1158, 2723, 2735. (2) Tale, per esempio, sarebbe un ms. che riportasse solo due o tre canzoni.

(3) Ricc. 1007, 1035, 1040, 1050, 1083, 1085, 1093, 1094, 1108, 1117, 1127, 1143, 1144, 1340, 2823. Tutti questi mss. appartengono al sec. xv, meno il 1035 e il 1050, che risalgono alla seconda metà del XIV secolo.

(4) Si faccia leggera eccezione per i due ricc. 1093, 1143, che ne riportano qualcuna di più, senza però alterare l'ordine delle altre; e per il 1108, che omette «Io sento sì d'Amor...» e «Al poco giorno...».

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