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rirà più vile, come un tempo nella Vita Nuova, anzi, al pari di Beatrice, diverrà figlia gloriosissima di Dio, simbolo della filosofia.

La Vita Nuova si chiude dove il Convito comincia; il racconto, appena accennato, s'interrompe nel meglio dell'azione. Dante stesso involontariamente ce l'avverte: Onde io volendo che cotal desiderio malvagio e vana tentazione paressero distrutti sì, che alcuno dubbio non potessero inducere le rimate parole ch' io aveva dette dinanzi, proposi di fare un sonetto, nel quale io comprendessi la sentenza di questa ragione. E dissi allora: Lasso! per forza, ecc. — (Vita N., XL). Ed è proprio così, perchè quel sonetto sembra che stia fuori di posto e sia messo lì a bello studio, quasi a chiusa di quell' episodio della Vita Nuova. Può darsi che fosse scritto appositamente per quell'occasione, ma in ogni modo non si riferisce alla donna gentile. Va riportato a quel periodo che seguì immediatamente dopo la morte di Beatrice, quando Dante non poteva ancora consolarsi e non faceva altro che piangere. La donna pietosa non v'entra affatto.

Gli occhi son vinti, e non hanno valore
Di riguardar persona che gli miri.

Quart. I.

Dunque dei quattro sonetti della Vita Nuova che si riferiscono alla donna gentile, il primo, dove si descrive l'apparizione, va riportato al settembre del 1291; il secondo e il terzo al periodo che corse tra quell'epoca e la composizione di «< Voi, che intendendo... »; l'ultimo al tempo stesso, o poco prima, di « Voi, che intendendo... ».

Ma quando fu scritta questa canzone? Una volta che abbiamo già determinato l'epoca dell' apparizione della donna.

pietosa, la risposta riesce facile; perchè Dante stesso ce ne dà i mezzi. Le parole son queste : E immaginava lei fatta come una donna gentile... e da questo immaginare cominciai ad andare là ov' ella si dimostrava veracemente, cioè nelle scuole de' religiosi e alle disputazioni de' filosofanti; sicchè in piccol tempo, forse di trenta mesi, cominciai tanto a sentire della sua dolcezza, che 'l suo amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero; per che io, sentendomi levare dal pensiero del primo amore alla virtù di questo, quasi maravigliandomi, apersi la bocca nel parlare della proposta canzone (Conv., II, 13). Ciò avvenne dopo l'apparizione della donna gentile, quando ormai Dante, datosi alla lettura di Boezio e di Cicerone, aveva finito per innamorarsi della filosofia (ivi e cap. XVI). Quest' innamoramento coincide con quello della donna pietosa, giacchè l'uno è simbolo dell' altro. Sicchè i trenta mesi del passo riportato vanno aggiunti immediatamente dopo la data del 5 settembre 1291:(1) Essi comprendono non solo il tempo, in cui Dante avrebbe frequentato le scuole dei religiosi, ma anche quel breve periodo che lo precedette, quando immaginava lei fatta

(1) E il fervore degli studi filosofici dovette essere proprio in questo tempo, dal 1291 al 1294, perchè più tardi Dante fu distratto da altre occupazioni. Infatti dopo quel periodo avviene il matrimonio, e dopo qualche tempo incominciano le prime cure della vita politica. Il Boccaccio, parlando degli studi del Poeta, scrive: Ragionasi similmente lui nella sua giovanezza avere udita filosofia morale in Firenze, e quella maravigliosamente bene aver saputa: la qual cosa egli non volle che nascosa fosse nell' XI canto di questo trattato, dove si fa dire a Virgilio: «Non ti rimembra di quelle parole, con le quai la tua etica pertratta », ecc., quasi voglia per questo s'intenda la filosofia morale in singularità essere stata a lui familiarissima e nota (Comento sopra Dante, lez. 1o). Dopo il 1294 Dante entrava già nel suo trentesimo anno di età. Se egli del resto dichiarò nel Convito, che il periodo intenso dei suoi studi filosofici fu quello che corse dal 91 al 94, non c'è ragione alcuna per non prestargli fede.

come una donna gentile, e non la potea immaginare in atto alcuno se non misericordioso —. Prima di frequentare le scuole, egli dovette sostenere una secreta lotta nell'animo suo, perchè l'immagine della donna apparsagli lo tormentava in modo, da farlo rimanere incerto tra mille propositi. Fu dopo questo immaginare ch' egli cominciò ad andare - là ov' ella si dimostrava veracemente-(Conv., II, 13). Il diletto non venne subito, ma dopo qualche tempo. Ciò è ritratto a meraviglia anche nella Vita Nuova. E la narrazione di Dante corrisponde a puntino coi nostri calcoli, giacchè se ammettiamo un breve intervallo tra il nuovo innamoramento e il primo ingresso nelle scuole dei religiosi, arriviamo precisamente alla fine di ottobre, o ai primi di novembre, epoca appunto in cui le scuole dei domenicani si aprivano al pubblico. Ora, aggiungendo alla data del 5 settembre 1291 i trenta mesi di cui Dante ci parla nel Convito (periodo che riguarda, come vedemmo, la frequenza delle scuole e il breve intervallo che seguì all'apparizione), arriveremo al 5 marzo del 1294, che rappresenta precisamente l'epoca in cui fu scritta la canzone « Voi, che intendendo...». La cosa è chiara: Il sonetto « Gentil pensiero...» sarebbe stato composto poco prima.

Ma non tutti sono d'accordo. Molti, sulle orme del Lubin, riportano la canzone al 1296, per la durata maggiore che attribuiscono erroneamente all' epiciclo di Venere. (2) Ma pure Carlo Martello, morto nel 1295, la cita in

(1) Nel suo primo lavoro, che avemmo occasione di citare (Intorno all'epoca della Vita Nuova ecc.), il Lubin poco si discostava dalla nostra cronologia, perchè riportava la canzone al dicembre del 1294.

(2) Sarebbe ragionevole ammettere che Dante proprio in quel tempo che sposava Gemma, si fosse dato a studiare con tanto fervore la filosofia? Secondo i calcoli del Lubin e di altri, bisognerebbe ammetterlo.

modo da lasciare intendere che la conobbe prima di salire al terzo cielo.

Noi ci volgiam co' principi celesti

D'un giro, d'un girare, e d'una sete,

A' quali tu nel mondo già dicesti:

« Voi, che, intendendo, il terzo ciel movete »>:
Par., VIII, 34.

La frase giá dicesti, è chiaro, allude a un tempo passato, quando forse C. Martello era ancora in vita, e onorava della sua amicizia il Poeta. Non basta osservare, come notò il Lubin, ch' egli l' avrebbe potuta conoscere nel cielo, là dove i beati vedono tutto nel « magno volume, U' non si muta mai bianco nè bruno » (Par., XV, 50); per ricordarla la doveva aver intesa nel mondo. Il già rivela tante cose, come se dicesse: a tempo nostro. Così ritennero gli interpreti della Divina Commedia, e così deve sembrare ad ognuno che legge quell'episodio spoglio di preconcetti.

Ma Dante conobbe realmente C. Martello? Si, non solo lo conobbe, ma pare che avesse con lui una certa famigliarità: Ce lo dicono alcuni versi di quel medesimo canto:

Assai m'amasti, ed avesti ben onde:

Chè s'io fossi giù stato, io ti mostrava
Di mio amor più oltre che le fronde.
Par., VIII, 55.

Dove si sarebbero incontrati? Lasciamo da parte le ambascerie che qualche storico avrebbe fatto sostenere al nostro Poeta in Napoli, presso il nuovo principe: Firenze stessa poteva fornirgli l'occasione migliore, giacchè è certo che C. Martello vi dimorò per alcuni giorni nel marzo del 1294;(1)

(1) Vedi G. TODESCHINI (loc. cit., vol. I, pag. 172) e ISIDORO DEL LUNGO (Dino Compagni..., II, pag. 503).

ce lo dice la storia. Come poi avvenisse quest' incontro, dove precisamente e quando si sarebbero conosciuti, non è possibile per ora determinare; si tratterebbe solo di fare delle ipotesi più o meno probabili. (1)

(1) Le storie napoletane registrano che all'incoronazione di Carlo Martello, avvenuta l'8 settembre 1290, intervennero con gran pompa gli ambasciatori di Firenze. L'Alighieri allora compiva venticinque anni; non sembra quindi possibile che quell' ambasceria gli desse occasione di conoscere il nuovo re: Ancora non s'era immischiato nelle faccende politiche. Nemmeno ritengo probabile, come qualcuno pensò, che quest' amicizia traesse origine da qualche legazione, che Dante avrebbe sostenuto alla corte del principe napoletano; perchè quando questi mori, egli compiva appena il trentesimo anno di età: Era ancora giovane e troppo inesperto, perchè la Repubblica gli potesse affidare il disbrigo di affari pubblici. L'origine va ricercata in Firenze stessa, quando, come narra G. VILLANI (Cronica, VIII, 13), C. Martello vi si fermò per attendere suo padre, che tornava dalla Francia. Benvenuto da Imola lo dice espressamente: Cum isto (C. Martello) Dantes habuit certam familiaritatem, quum venisset semel Florentiis cum cc iuvenibus accinctis in pari habitu vestium et equis magnifice ornatis, more neapolitano... Venerat enim obviam patri, qui redibat de Gallia, facta pace cum domino Iacobo, rege Aragonorum (Commento alla Divina Commedia, Par., VIII). Tale dimora sarebbe stata nel marzo del 1294. E la notizia del Villani, allora fanciullo, merita piena fede, concordando con quanto si può ricavare da TOLOMEO Da Lucca (R. I. S., to. XI) e dalla Cronica Sanese d'ignoto autore (R. I. S., to. XV). La diversità di anno che s'incontra nella datazione, notò bene il Muratori, dipende dall' indizione: Le date tornano a meraviglia. E del resto non sarebbe possibile trovare occasione migliore.

Il Todeschini, che s'occupò a lungo di questo argomento, ricercando l'origine di tant' amicizia, dopo aver esaminato le più o meno probabili opinioni in proposito, vi tesse sopra un romanzetto, lontano forse dalla verità storica, ma pieno di fantasia. Eccolo in succinto: Era sulla fine del carnevale. Messer Vieri de' Cerchi, pensò d'invitare ad un ballo il giovane principe e i maggiori del suo seguito. C. Martello comprese bene che in una città, che si reggeva a popolo, non era inopportuno d'investigare quanto fosse antica la nobiltà di quel cavaliere, cui le ricchezze davano coraggio d'invitare un re...

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