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ha preso luogo tra le parole dinanzi, onde pare..", dove il dinanzi è avverbio. Ond' è che devesi pur convenire che questo passo, a fin che dia luce ad altre questioni, debba prima esso, per fissare il proprio senso, procurarsene da altri passi, senza di che la sua autorità lascierà la questione sempre indecisa.

Nel passo riferito quella sentenza è preceduta da altre, colle quali essa è congiunta logicamente e gramaticalmente. Gramaticalmente, in quanto che il pronome dimostrativo quella si riferisce alla V. N. antecedentemente nominata: e questo stesso pronome, nello stesso brano, è ripetuto tre volte a indicarne la V. N., e tutte le volte solo senza essere accompagnato dall' avverbio dinanzi o da altra voce che ne faccia lo stesso ufficio. Mi pare quindi ragionevole ritenerlo anche nel quarto luogo solo e disgiunto dalla voce dinanzi che lo segue; mentre se solo, senza altre aggiunte, bastò tre volte a indicare il suo correlativo Vita Nuova, potè tanto più bastarne la quarta anzi, a mio credere, non può essere altrimenti. - Si noti l'uso del pronome quella nel primo membro del primo periodo del brano riportato, dove esso pronome, contro l'uso della lingua e della regola gramaticale, non è riferito al nome più lontano, ma al più vicino:,,E se nella presente opera, la quale è Convito nominata, e vo' che sia, più virilmente si trattasse che nella Vita Nuova, non intendo però a quella in parte alcuna derogare, ma maggiormente giovare per questa quella“. Ove si vede che Dante pose la correlazione non nelle parole, ma nelle idee, e fece che il pronome quella sostituisse non, come di solito, il correlativo gramaticale, che sarebbe l'opera prima nominata, il Convito, ma l'opera da lungo tempo fatta, la Vita Nuova; e che il pronome questa indicasse l'opera che aveva per mano e di cui stava scrivendo l'introduzione; ciò che, a giustificazione di quell' abuso gramaticale, premise anche, dicendo: „nella presente opera la quale è Convito nominata“. Ond'è che la relazione dei pronomi questa e quella, non è la relazione gramaticale che le parole hanno per l'ordine della loro posizione nel discorso; ma la relazione logica nel pensiero dello scrittore, dell' opera già finita, e quindi lontana, e dell' opera, di cui se ne occupa, e quindi prensente.

Ammesso ciò, e credo nessuno potrà rifiutarsene, anche nell' ultima proposizione il pronome quella non può avere un correlativo diverso da quello della prima proposizione e delle due di mezzo: e però l'aggiunta del dinanzi gli sarebbe affatto inutile, e può dirsi

anche nociva, poichè la dinanzi nominata non è la Vità Nuova ma il Convito.

Dovrà quindi ritenersi il pronome quella disgiunto dalla voce dinanzi; il dinanzi essere preposizione e non avverbio; e di quella inversione non potrà farsene una colpa a Dante; mentre per le cose dette è manifesto, che il concetto di Dante non sia punto dubbiamente espresso, non potendosi altrimenti intendere se non come se fosse ordinato e io in quella parlai dinanzi all' entrata; al quale concetto viene perfettamente provveduto, solo che alle parole, scritte coll' ordine loro dato dall' Autore, si ponga una virgola dopo il pronome quella:,,e io in quella, dinanzi all' entrata di mia gioventute, parlai".

Di più, quella sentenza è congiunta logicamente con queste due che la precedono:,,veggendo siccome ragionevolmente quella fervida e passionata, questa temperata e virile essere conviene: chè altro si conviene e dire e operare a una etade che ad altra; perchè certi costumi sono idonei e laudabili a una etade, che sono sconci e biasimevoli ad altra".

Che le qualità caratteristiche di ciascuna delle due opere, una fervida e passionata, l'altra temperata e virile, abbia voluto qui Dante giustificare colle caratteristiche delle età differenti in cui le ha scritte; e che queste età egli abbia inteso d'indicarci, dicendo: ,,E io in quella dinanzi all'entrata di mia gioventute parlai, e in questa di poi quella già trapassata", non credo che possa esservi dubbio.

Posto ciò, parmi che la questione: quali sieno le due età, alle quali Dante ha scritto quelle due opere, dipenda da quest' altra: quale sia l'età, a cui si convenga essere fervida e passionata? quale l'altra, a cui si convenga essere temperata e virile? poichè, se quelle due opere sono veramente l'espressione dell' età, in cui furono scritte, tostochè conosceremo l' età fervida e passionata e l'età temperata e virile, conosceremo anche l'epoca della Vita Nuova e l' del Convito.

epoca

Che il fervido e passionato appartenga all' adolescenza, non è chi nol vegga; che il temperato e virile spetti alla seconda età, alla gioventute, e non alla terza, alla senettute, ce lo disse Dante nella Canzone terza del Convito: „In giovinezza temperata e forte"; e lo ripete nel Comento:,,la nobile natura... nella gioventute si fa temterata e forte" 1). Le caratteristiche della terza età sono diverse 1) Con. tr. IV. c. 26.

da queste. Secondo Dante nella terza età,,l'anima nobile si è prudente, si è giusta, si è larga e allegra" 1). Dal che ne segue, che la Vita Nuova fu fervida e passionata, per ciò che in essa parlò in adolescenza; il Convito è temperato e virile, perchè in esso parlò in gioventute.

Potremo dunque stabilire a diritto il vero concetto della questionata sentenza essere: „E io in quella parlai dinanzi all'entrata di mia gioventute, e in questa parlai di poi, l'entrata di mia gioventute già trapassata", e non già: parlai all' entrata..., e parlai la gioventute già trapassata; perocchè in questo caso alla Vita Nuova non si converrebbe l'essere fervida e passionata, ma temperata e virile; e al Convito non l'essere temperato e virile, ma prudente, giusto ecc."- Traducendo ora queste due espressioni nelle loro rispettive epoche, ritroviamo che Dante ha parlato nella Vita Nuova dinanzi all'anno ventesimosesto, dinanzi al 1291, e nel Convito dopo trapassati i primi anni di sua gioventute. Egli entrò in gioventute nel 1291; adunque due o tre anni dopo, cioè dal 1294 e seguenti.

IV. Conosco bene che qui mi si opporranno le doglianze che fa l'Allighieri del suo esilio al capo terzo del trattato primo del Convito, e che vi sono espresse in modo da far ritenere che, quando egli scriveva quel trattato, vi fosse già da più anni in esilio: ma io potrò rispondere che secondo alcuni dalle cose dette nei trattati secondo e quarto risulterebbe, che questi fossero stati scritti innanzi al 1300. Ond' è che se l'epoca del primo contraria l'epoca di sopra stabilita, quella degli altri due la favorirebbero.

Ma, comechè questa potrebb' essere una risposta soddisfacente a quell' objezione, resta pur vero che le diverse epoche dei diversi trattati, anzichè sciogliere la questione, la complicano e la inviluppano; mentre anche il terzo trattato sembra essere posteriore al 1300. Opino quindi doversi cercare non nelle epoche dei trattati, ma altrove l'allusione di quelle parole di Dante:,,e in questa di poi quella già trapassata“.

Se nel Convito facciamo la distinzione dei due lavori poetico e prosaico, come abbiamo fatto per la Vita Nuova, e riferiamo alle Canzoni le parole:,,e in questa di poi quella già trapassata“, non vi sarà più luogo a sospetti; chè abbiamo pur dimostrato che il temperato e virile spetta soltanto alla gioventù, e che Dante scrisse le poesie per la donna gentile tra il ventinovesimo e il

1) Con. t. IV. c. 27

trentacinquesimo di sua età, e quindi dopo trapassata l'entrata della gioventute.

Nè si troveranno arbitrarie questa distinzione delle parti poetiche dalle parti prosaiche nelle due opere, e l'allusione da me fatta di quelle epoche, indicateci da Dante, alle poetiche piuttosto che alle prosaiche. Parecchie sono le ragioni che a ciò m' indussero. Una si è, perchè quella distinzione è basata sul fatto e sulla natura delle due opere. L'una e l'altra hanno due parti, le poesie cioè e il loro Comento, differenti come di forma, così pure di tempo. La seconda, perchè soltanto, col riferire quelle parole di Dante alle poesie, vengono sciolte tutte le questioni e ne sono dileguate tutte le contraddizioni. Abbiamo dimostrato ad evidenza che l'Autore della V. N. era filosofo e teologo; e tale Dante non fu nè dinanzi all' entrata, nè all'entrata di sua gioventù, ma fu ben poeta e a questa e a quell' età: poichè egli dinanzi all'entrata di sua gioventute aveva fatto, eccetto i cinque ultimi sonetti, tutte le rime assemprate nella Vita Nuova. Ond' è che le parole:,,E io in quella dinanzi all' entrata di mia gioventute parlai", o non trovano alcuna applicazione nella V. N., o la trovano soltanto riferendole alle poesie che in essa vi sono, e che, come vedemmo, furono realmente scritte nell' adolescenza, nell' età fervida e passionata.

Lo stesso si dica pel Convito. L' espressione:,,e in questa di poi quella già trapassata", volendola riferire al Comento del Convito, se la s' intende: dopo trapassata la gioventute, si ha contrario Dante, il quale volle farci sapere di averlo scritto in gioventute allorchè disse: ch' era temperato e virile, come si conveniva all' età in cui fu dettato; se la s' intende: dopo trapassata l'entrata della gioventute, essa potrà convenire forse al trattato quarto e al secondo, non mai al primo e ne anche al terzo: e quanto poi agli altri undici trattati che dovevano seguire, certo nessuno può dirlo. Eppure Dante parlò di lavoro già fatto: parlai. Se invece applichiamo quella espressione alle poesie, che sono il testo del Comento, sta bene non solo alle tre Canzoni del Convito, ma quasi a tutte le filosofiche che di Dante abbiamo: anzi sta benissimo all'epoca intera dell' episodio della donna gentile, secondo il racconto fattone nella Vita Nuova, la quale, a detta di Dante, doveva púr essere giovata dalle illustrazioni del Convito, non già contraddetta.

La terza ragione si è, perchè Dante stesso ne fece quella distinzione nel primo capitolo del Convito, allorchè volle darne ragione dell' opera. „La vivanda di questo Convito, dic' egli, sarà di quat

tordici maniere ordinata, cioè quattordici Canzoni sì di Amore, come di virtù materiate, le quali sanza lo presente pane aveano d'alcuna scurità ombra, sicchè a molti lor bellezza più che lor bontà era in grado; ma questo pane, cioè la presente sposizione, sarà la luce la quale ogni colore di loro sentenzia farà parvente" 1). Qui non v' ha bisogno di ragionamenti per convincersi della distinzione del Testo dal Comento, e delle loro diverse epoche. Si noti però che le Canzoni, non già le sposizioni loro, sono dette la vivanda del Convito, e che quindi esse sono la parte sostanziale dell' opera; mentre il Comento è il pane soltanto, che si associa alle vivande, quale ajuto al palato, perchè possano essere gustate; e forse allo stomaco per essere meglio smaltite.

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Che se poi a questi detti di Dante uniamo alcuni altri, che li precedono, dovremo restar convinti anche di ciò, che Dante colle parole:,,e in questa di poi quella già trapassata", volle riferirsi appunto alle Canzoni, non al Comento.

,,E io adunque, che non seggo alla beata mensa, ma fuggito dalla pastura del vulgo, a' piedi di coloro che seggono, ricolgo di quello che da loro cade, e conosco la misera vita di quelli che dietro m'ho lasciati, per la dolcezza ch' io sento in quello ch' io a poco a poco ricolgo, misericordevolmente mosso, non me dimenticando, per li miseri alcuna cosa ho riservata, la quale agli occhi loro già è più tempo ho dimostrata, e in ciò gli ho fatti maggiormente vogliosi. Per che ora volendo loro apparecchiare, intendo fare un generale Convito di ciò ch' io ho loro mostrato, e di quello pane ch'è mestiere a così fatta vivanda, sanza lo quale da loro non potrebb' essere mangiata a questo Convito". ivi. Dante intende adunque imbandire un generale Convito di ciò ch' egli ha ai miseri mostrato, e di quel pane ch'è mestieri a così fatta vivanda. Se pel pane s' intendono le sposizioni, il Comento; per ciò che fu loró mostrato deve intendersene il Testo cioè le Canzoni, dette superiormente vivanda. Donde ne segue che le Canzoni furono da Dante agli occhi de' miseri già da più tempo mostrate e non il Comento: e che delle Canzoni poteva dire parlai non del Comento: il quale se anche in alcune parti già fatto, ora appena doveva essere ultimato e publicato, e quindi anche ora appena doveva mostrarsi ai miseri.

Aggiugnerò in fine che avendo Dante giustificato il passionato e fervido della V. N., il temperato e virile del Convito colla convenienza dei costumi proprj a ciascuna età; si vede chiaro ch' egli 1) Con. t. I. c. 1.

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