Qual tanto amor la giovinetta menti, L'ora estrema vi parve onde ridenti Tartaro e l'onda morta; Nè le spose vi fôro o i figli accanto Senza baci moriste e senza pianto. in un Greco, e poeta, e dei principali, avendo veduto il fatto si può dire, cogli occhi propri, andando per le stesse città vincitrici di un esercito molto maggiore di quanti altri si ricorda la storia di Europa, venendo a parte delle feste, delle meraviglie, del fervore di tutta un'eccelentissima nazione, fatta anche più magnanima dalla sua natura, dalla coscienza della gloria acquistata e dall'emulazione di tanta virtù dimostrata pur dianzi dai suoi. Per queste considerazioni, reputando a molta disavventura che le cose scritte da Simonide in quell'occorrenza fossero perdute, non che io presumessi di riparare a questo danno, ma come per ingannare il desiderio, procurai di rappresentarmi alla mente le disposizioni dell'animo del poeta in quel tempo, e con questo mezzo, salva la disuguaglianza degl' ingegni, tornare a fare il suo canto; del quale io porto questo parere, che o fosse maraviglioso, o la fama di Simonide fosse vana, e gli scritti perissero con poca ingiuria. Lettera a Vincenzo Monti premessa alle edizioni di Roma e di Bologna, Ma non senza de' Persi orrida pena Come lion di tori entro una mandra Or salta a quello in tergo e si gli scava Or questo fianco addentra or quella coscia, La fuga i carri e le tende cadute, Pallido e scapigliato esso tiranno; Del barbarico sangue i greci eroi, L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva, Mentre nel mondo si favelli o scriva ? Spente nell'imo strideran le stelle, Che la memoria e il vostro La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando Orme del vostro sangue. Ecco io mi prostro, O benedetti, al suolo, E bacio questi sassi e queste zolle, Che fien lodate e chiare eternamente Dall' un all'altro polo. Deh, foss'io pur con voi qui sotto, e molle Fosse del sangue mio quest'alma terra: Che se il fato è diverso, e non consente Ch'io per la Grecia, i moribondi lumi Chiuda prostrato in guerra, Così la vereconda Fama del vostro vate appo i futuri Tanto durar quanto la vostra duri. II. Sopra il monumento di Dante. CHE SI PREPARAVA IN FIRENZE Perchè le nostre genti Pace sotto le bianche ali raccolga, Dell'antico sopor l'itale menti, S'ai patrii esempi della prisca etade Far ai passati onor; chè d'altrettali Volgiti e ti vergogni e ti riscuoti, Pensier degli avi nostri e de' nepoti. Dove giaccia colui per lo cui verso Ed, oh vergogna! udia Che non che il cener freddo e l'ossa nude Giaccian esuli ancora Dopo il funereo di sott'altro suolo, Ma non sorgea dentro a tue mura un sasso, Firenze, a quello per la cui virtude Tutto il mondo t'onora. Oh voi pietosi, onde sì tristo e basso Obbrobrio laverà nostro paese! Bell'opra hai tolta e di che amor ti rende, Schiera prode e cortese, Qualunque petto amor d'Italia accende. Amor d'Italia, o cari, Amor di questa misera vi sproni Vèr cui pietade è morta In ogni petto omai, perciò che amari E duolo e sdegno di cotanto affanno Si debbe, a cui non pur cure o consigli, Oprate e mostre nella dolce impresa? Nova favilia indurre abbian valore! Ed acri punte premeravvi al seno. Del furor vostro e dell'immenso affetto? Chi degli occhi il baleno? Qual può voce mortal celeste cosa Agguaglia figurando? Lunge sia, lunge alma profana. Oh quante Lacrime al nobil sasso Italia serba! Come cadrà! come dal tempo rosa Voi di che il nostro mal si disacerba, Gl'itali pregi a celebrare intente. Ed onorar nostra dolente madre E mesco all'opra vostra il canto mio. |