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Al parer mio, che tutte l'altre avanzi.
Pur quell'ardor che da te nacque è spento:
Perch'io te non amai. ma quella Diva
Che già vita, or sepolcro, ha nel mio core.
Quella adorai gran tempo; e si mi piacque
Sua celeste beltà, ch'io per insino

Già dal principio conoscente e chiaro
Dell'esser tuo, dell'arti e delle frodi,

Pur ne' tuoi contemplando i suoi begli occhi,
Cupido ti seguii finch'ella visse,
Ingannato non già, ma dal piacere
Di quella dolce somiglianza un lungo
Servaggio ed aspro a tollerar condotto.
Or ti vanta che il puoi. Narra che sola
Sei del tuo sesso a cui piegar sostenni
L'altero capo, a cui spontaneo porsi
L'indomito mio cor. Narra che prima,
E spero ultima certo, il ciglio mio
Supplichevol vedesti, a te dinanzi
Me timido, tremante (ardo in ridirlo
Di sdegno e di rossor), me di me privo
Ogni tua voglia, ogni parola, ogni atto
Spiar sommessamente, a' tuoi superbi
Fastidi impallidir, brillare in volto
Ad un segno cortese, ad ogni sguardo
Mutar forma e color. Cadde l'incanto,
E spezzato con esso, a terra sparso
Il giogo: onde m'allegro. E sebben pieni
Di tedio, alfin dopo il servire e dopo
Un lungo vaneggiar, contento abbraccio

Senno con libertà. Che se d'affetti
Orba la vita, e di gentili errori,

E notte senza stelle a mezzo il verno,
Già del fato mortale a me bastante

E conforto e vendetta è che su l'erba
Qui neghittoso immobile giacendo,
Il mar, la terra e il ciel miro e sorrido.

XXX. Sopra un basso rilievo

ANTICO SEPOLCRALE

DOVE UNA GIOVANE MORTA

È RAPPRESENTATA IN ATTO DI PARTIRE

ACCOMMIATANDOSI DAI SUOI

Dove vai? chi ti chiama

Lunge dai cari tuoi

Bellissima donzella?

Sola, peregrinando il patrio tetto

Si per tempo abbandoni? a queste soglie
Tornerai tu? farai tu lieti un giorno
Questi ch'oggi ti son piangendo intorno?
Asciutto il ciglio ed animoso in atto,
Ma pur mesta sei tu. Grata la via
O dispiacevol sia, tristo il ricetto
A cui movi o giocondo,

Da quel tuo grave aspetto

Mal s'indovina. Ahi ahi? nè già potria

Fermare io stesso in me, nè forse al mondo

S'intese ancor, se in disfavore al cielo,
Se cara esser nomata,

Se misera tu debbi o fortunata.

Morte ti chiama; al cominciar del giorno L'ultimo istante. Al nido onde ti parti, Non tornerai. L'aspetto

De' tuoi dolci parenti

Lasci per sempre. Il loco,

A cui movi, è sotterra:

Ivi fia d'ogni tempo il tuo soggiorno.
Forse beata sei; ma pur chi mira.
Seco pensando, al tuo destin, sospira.
Mai non veder la luce

Era, credo, il meglio. Ma nata, al tempo
Che reina bellezza si dispiega

Nelle membra e nel volto,

Ed incomincia il mondo

Versa lei di lontano ad atterrarsi;
In sul fiorir d'ogni speranza, e molto
Prima che incontro alla festosa fronte
I lugubri suoi lampi il ver baleni;
Come vapore in nuvoletta accolto
Sotto forme fugaci all'orizzonte,
Dileguarsi così quasi non sorta.
E cangiar con gli oscuri
Silenzi della tomba i dì futuri;
Questo all'intelletto

Appar felice, invade

D'alta pietade ai più costanti il petto.

Madre temuta e pianta

Dal nascer già dell'animal famiglia,
Natura, illaudabil maraviglia,
Che per uccider partorisci e nutri,
Se danno è del mortale

Immaturo perir, come il consenti
In quei capi innocenti?

Se ben, perchè funesta,
Perchè sovra ogni male,

A chi si parte, a chi rimane in vita,
Inconsolabil fai tal dipartita?
Misera ovunque miri,

Misera onde si volga, ove ricorra,
Questa sensibil prole!

Piacqueti che delusa

Fosse ancor della vita

La speme giovanil, piena d'affanni
L'onda degli anni; ai mali unico schermo
La morte; e questa, inevitabil segno,
Questa, immutata legge

Ponesti all'uman corso. Ah! perchè dopo
Le travagliose strade, almen la meta
Non ci prescriver lieta? anzi colei
Che per certo futura

Portiam sempre, vivendo, innanzi all'alma,

Colei che i nostri danni

Ebber solo conforto,

Velar di neri panni,

Cinger d'ombra sì trista,

E spaventoso in vista

Più d'ogni flutto dimostrarci il porto?

Già se sventura è questo
Morir che tu destini

A tutti noi che senza colpa, ignari,
Nè volontari al vivere abbandoni,
Certo ha chi more invidiabil sorte
A colui che la morte

Sente de' cari suoi. Che se nel vero,
Com'io per fermo estimo,

Il vivere è sventura,

Grazia il morir, chi però mai potrebbe, Quel che pur si dovrebbe,

Desiar de' suoi cari il giorno estremo,

Per dover egli scemo

Rimaner di sè stesso,

Veder d'in su la soglia levar via

La diletta persona

Con chi passato avrà molt'anni insieme, E dire a quella addio, senz'altra speme Di riscontrarla ancora

Per la mondana via;

Poi solitario abbandonato in terra; Guardando attorno, all'ore, ai lochi usati Rimemorar la scorsa compagnia?

Come, ahi! come, o natura, il cor ti soffre Di strappar dalle braccia

All'amico l'amico,

Al fratello il fratello

La prole al genitore,

All'amante l'amore: e l'uno estinto,
L'altro in vita serbar? Come potesti

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