Ital 85817,10 17 al 8581·7:20 HARVARD COLLEGE LIBRARY FROM THE LIBRARY OF I. All Italia. O patria mia, vedo le mura e gli archi Torri degli avi nostri, Ma la gloria non vedo, Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi I nostri padri antichi. Or fatta inerme, Ohimè quante ferite, Che lividor, che sangue! Oh qual ti veggio, Chi la ridusse a tale? E questo è peggio, Tra le ginocchia, e piange, Piangi, che ben hai donde, Italia mia, E nella fausta sorte e nella ria. Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive, Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno; Che, rimembrando il tuo passato vanto, Chi ti tradi? qual arte o qual fatica O qual tanta possanza Valse a spogliarti il manto e l'auree bende? Da tanta altezza in così basso loco? Dammi o ciel, che sia foco Agl'italici petti il sangue mio. Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi E di carri e di voci e di timbalii: In estranee contrade Pugnano i tuo figliuoli, Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi, Un fluttuar di fanti e di cavalli, E fumo e polve, e luccicar di spade Nè ti conforti? e i tremebondi lumi L'itala gioventude? O numi, o numi! Ma da nemici altrui Per altra gente, e non può dir morendo: Alma terra natia, La vita che mi desti ecco ti rendo. Oh venturose e care e benedette L'antiche età, che a morte Per la patria correan le genti a squadre; E voi sempre onorate e gloriose, O tessaliche strette, Dove la Persia e il fato assai men forte Narrin siccome tutta quella sponda De' corpi ch'alla Grecia eran devoti. Allor, vile e feroce, Serse per l'Elesponto si fuggia E sul colle d'Antela, ove morendo Guardando l'etra e la marina e il suolo. Beatissimi voi, Ch'offriste il petto alle nemiche lancie (1) Il successo delle Termopile fu celebrato veramente da quello che in essa canzone si introduce a poetare, cioè da Simonide, tenuto dall'antichità fra gli ottimi poeti lirici, vissuto, che più rileva, ai medesimi tempi della scesa di Serse, e greco di patria. Questo suo fatto, lasciando l'epitaffio riportato da Cicerone e da altri, si dimostra da quello che scrive Diodoro nell' undecimo libro, dove recita anche certe parole di esso poeta in questo proposito, due o tre delle quali sono espresse nel quinto verso dell' ultima strofa. Rispetto dunque alle predette circostanze del tempo e della persona, e d'altra parte riguardando alle qualità della materia per sè medesima, io non credo che mai si trovasse argomento più degno di poema lirico, nè più fortunato di questo che fu scelto, o più veramente sortito, da Simonide. Perocchè se l'impresa delle Termopile fa tanta forza a noi che siamo stranieri verso quelli che l'operarono, e con tutto questo non possiamo tenere le lagrime a leggerla semplicemente come passasse, e ventitrè secoli dopo ch'ella è seguita; abbiamo a far congettura di quello che la sua ricordanza dovesse potere |