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l'Opera deve essere imitata quanto si può, ma nessuno speri "di uguagliarla; ed essa resterà sempre somma ed inarrivabile "nella sua classe. Il mettersi dunque tanto scopertamente in "linea con esso, è voler sentire dichiarata da tutto il mondo "la propria inferiorità. Appena letto quel Romanzo, ne fui ra66 pito. (Lett. a G. L. dei suoi parenti, p. 258),,. E un giudizio che ci par degno del suo Giacomo.

(3) V. Napoli Letterari (antica serie) Anno I, Num. I, Napoli 17 febbraio 1884.

(4) V. CONTESSA T. T. LEOPARDI, op. cit., pag. 9 op. cit., pag. 265.

e AvÒLI,

L'interdizione di Monaldo, scrive l'Avòli (op. cit. 268), cessò di diritto il 10 febbraio 1820. Ma non paro che lui, che aveva sciupato troppo, sapesse o potesse poi sottrarsi, in fatto di amministrazione, all'autorità quasi assoluta della moglie, che amministrava, del resto, egregiamente. Tuttavia malgrado la sua posizione personale verso la moglie e le condizioni non floride della propria famiglia, Monaldo qualche soccorso, ogni tanto, lo mandava al suo Giacomo; e lo fece soccorrere piuttosto convenientemente, per rispetto ai tempi, negli ultimi cinque anni in cui questi visse lontano da Rocanati.

Dopo tanti inutili sforzi, negli ultimi di novembre 1822, Giacomo potè finalmente ottenere che i genitori lo mandassero, lontano da loro, a Roma; e li rimase ospite dello zio marchese Antici, e su per giù a spese della famiglia. Nelle successive peregrinazioni da Milano a Bologna, Pisa e Firenze fino al luglio 1832, il povero Giacomo dalla famiglia non ricevè che qualche piccolo sussidio. Monaldo però (che a noi pare sinceramente addolorato di non poter soccorrere il figlio come voleva), malgrado i tempi, come lui si esprime, veramente funesti, e la moglie che lo teneva non solamente in dieta, ma in un perfetto digiuno, pur ricordava spesso al suo Giacomo se si fosse trovato in urgenza, di scrivere liberissimamente al padre suo, che, per quanto gli anni fossero cattivi, avrebbe saputo sempre trovare il modo per accorrere ai suoi bisogni. (Lett. di G. ai parenti, cit., pag. 202, 217 e 224). Ma il figlio, non solo perchè aveva trovato a vivere col proprio lavoro, ma anche perchè persuaso che il padre non voleva o forse non poteva mantenerlo fuori della famiglia (Epist. II, 122), non chiese nulla.

Pur troppo, però, dopo gli estremi sforzi che aveva fatti per sette anni, affine di procurarsi i mezzi di sussistere

da se stesso, la speranza di ottenere un' occupazione conciliabile con la sua salute, già abbastanza logorata, gli venne meno; ed egli fu costretto, per vivere fuori di Recanati, a domandare al padre, con lettera del 3 luglio 1832, un assegno di 12 scudi al mese. (Epist., II, 195). Monaldo, naturalmente, non rifiuto; ma consigliò a Giacomo di scriverne auche alla madre; e lui gliene scrisse il 17 novembre 1832. (PIERGILI, Nuovi Dr cumenti su G. L., Firenze, 1882, pag. 231). L'assegno mensile gli fu conceduto; e pare che egli lo percepisse fin dall'agosto 1832. (Epist., II, 199). È da credere che le condizioni di famiglia oramai venissero migliorando, perchè Giacomo, da quəl tempo in poi, oltre all'assegno dei 12 scudi mensili, ebbe, non di rado, sussidi straordinari fino a raggiungere, non, come dice l'Avòli, (Op. cit., 306), la somma complessiva di scudi centoventicinque in un anno e mezzo, ma la somma di scudi centotrentacinque in un anno e quattro mesi, dai primi di febbraio 1836 al 10 giugno 1837. E di questi sussidi, il penultimo, di dieci scudi, dimenticato dall'Avoli, lo ricevè nel maggio 1837; e ne ringrazia il padre e la mamma con l'ultima lettera che egli scrisse da Napoli alla famiglia sua. (Epist., II, 236); e l'ultimo sussidio, di scudi trentacinque, fu riscosso, con cambiale firmata dal Ranieri, il 10 giugno 1837, quattro giorni prima della morte del povero Giacomo! ( Nuovi Dɔc. cit., pag. LI).

(5) V. CONTESSA T. T. LEOPARDI, op. cit., pag. 8. (6) V. Op. cit., pag. 8 Anche il PIERGILI nel citato fascicolo della Nuova Antologia, a pag. 592, scrive che proprio nell'anno della famosi tent ita fuga di Giacomo per uscir da Recanati, la casa Leopardi " toglieva a prestito in Roma 2000 "scudi all'8 per cento ; e la contessa Adelaide "faceva ven"dervi, non certo per adornarsi con altre di nuova foggia, 1 "residuali sue gioie pel valore di oltre 1000 seudi

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(7) V. CONTESSA T. T. LEOPARDI, op. cit., pag. 13-e AvòLI, op. cit., pag. 266.

(8) V. CONTESSA T. T. LEOPARDI, op. cit., pag. 6.

(9) Op. cit., pag. 14.

(10) Op. cit., pag. 29.

(11) Op. cit., pag. 29.

(12) V. Due lettere inedite di MONALDO LEOPARDI, pubblicate da Emilio Costa nella Napoli Letteraria, (nuova serie) A. terzo, N. XI.

(13) V. ap. Lett. cit.

(14) V. Autobiografia cit., pagg. 31, 33 e 36.

(15) V. DE SANCTIS, Studio su Giacomo Leopardi, Napoli, Morano, 1885, pagg. 25 e 104.

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Orba la vita, e di gentili errori,

È notte senza stelle a mezzo il verno,

Già del fato mortale a me bastante

E conforto e vendetta è che su l'erba

Qui neghittoso immobile giacendo,

Il mar, la terra e il ciel miro e sorrido.

(V. LEOPARDI, Poesie, Livorno, Vigo, 1869, pag. 125,)

(17) V. LEOPARDI, Epist., Firenze, Lemonnier, 1864, vol. 1, pag. 193.

(18) V. Nap. Lett. cit.

(19) V. Lettere scritte a G. LEOPARDI dai suoi parenti, Firenze, Succ. Le Monnier, 1878, pag. 263.

(20) V. Epist. cit., vol. I, pag. 200.

(21) V. Op. cit., pag. 211.

(22) V. DE SANCTIS, op. cit., pag. 157.

(23) V. Lettere scritte a G. L. dai parenti, cit., pag 55. (24) V. Epist. cit., vol. II, pag. 82.

(25) Op. cit., pag. 84.

(26) V. Lettere scritte a G. L. dai parenti cit., pagg. 252 € 254.

(27) V. Epist. cit., vol. 11, pag. 89.

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(28) Mi piace a questo proposito, di riportare alcuni brani, estratti dall' Autobiografia e da lettere di Monaldo a Giacomo, Sono un po' lunghetti, ma in compenso sono belli; e credo che i lettori troveranno gusto a leggerli. Il padre di Monaldo a veva ordinato per testamento, che il figliuolo non dovesse amministrare il patrimonio fino all'età di venticinque anni com. piuti. Ma," coll'accordo scrive Monaldo "di tutta la famiglia "si supplicò il Papa di derogare alla disposizione paterna, au"torizzandomi ad amministrare il patrimonio nella sola età di "diciotto anni, e si fecero panegirici dei miei talenti e della "mia condotta; e per verità, nè questa era cattiva, nè man66 cavano quelli ma mi mancavano il giudizio e l'esperienza, che non si acquistano se non con l'età E prosegue: Non ci era però bisogno di tanto, essendo oramai triviale, alme

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no in questo Stato, che i vivi non rispettino e non osser"vino le disposizioni dei morti. Che qualche volta con ragioni preponderanti e calcolate severamente si prescinda dagli or"dini dei testatori, sta bene, perchè anch'essi, vivendo, a"vrebbero cambiati gli ordini loro in vista di quelle ragioni; ma che il Principe supremo tenga bottega aperta di deroghe, e che con cinque scudi si compri da ognuno liberamente l'annullamento inconsulto delle disposizioni testamen"tarie più sagge e provvide, è un abuso di potere, una su"perchieria praticata con tutto il genere umano defonto, ed

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un sovvertimento dell'ordine sociale. Se le leggi umane, dalle "quali soltanto emana il diritto di testare, vogliono mode"rarlo, lo facciano alla buona ora, e dicano che tali e tali di"sizioni non verranno riconosciute. Ma se le volontà dei tra"passati si vogliono sacre in diritto, lo siano ancora in fatto, 66 e cessi il prurito scandaloso di accordare tante dispense scongliate. Una riforma d'idee in questo punto, ed una osser

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vanza di rispetto costante per le disposizioni dei maggiori, "conforterebbero la fiducia dei maggiori, conforterebbero la fi“ducia dei viventi nei loro posteri, invitarebbero tante utili "istituzioni che più non si fanno per tema ragionevole di ve"derle violate, e sottrarrebbero quantità di famiglie dalla rovina alla quale vengono condotte per la intemperanza at"tuale di deroghe. " (Autobiografia cit., pag. 27). E per un retrogrado, non c'è male. A Giacomo poi, a Bologna, il 29 ottobre 1825, scrive: "Per quanto ho sentito dal cav. Antici, 66 e per quanto ho letto nella lettera da voi scritta a lui, da "Roma vi offrono una cattedra, ed una speranza di farvi Vi"ce-Presidente della Università. Di quest'ultima cosa, "sarebbe pure qualche cosa più del volgare, non abbiate alcuna lusinga, perchè Roma dà solamente ai temerari ed

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che

agl' importuni, e voi, non essendo l'uno nè l'altro, non lo avrete. Credo che potrete contare sulla prima, perchè piccola, perchè la temerità non basta a sostenerla, e perchè in "fine hanno essi più bisogno di darla che voi di riceverla. In "ordine all'accettarla, non so se bramate il mio consiglio; e 66 se lo voleste non saprei darlo. Quanto a me ohe.... sono stato sempre vaghissimo e superbissimo della mia ingenuità ed in"dipendenza personale, sceglierei meglio una capanna, un li"bro e una cipolla in cima a un monte, che un impiego su"balterno in Roma, dove chi non è prelato o avvocato, છે

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"niente; e dove credo che tutti gli altri impieghi sappiano di
"staffieri, e quelli che li sogtengono, debbono essere gli umi-
แ lissimi, adulantissimi servitori di tanti asini vestiti da abati,
"che, incassando la testa in collare rosso o pavonazzo, hanno
"acquistata l'infusione di tutte le scienze (Lett, scritte a
G. L. dai parenti, cit., p. 137). E fin dall' aprile 1823, a
proposito di un altro posto desiderato da Giacomo, gli scriveva
in Roma: "I posti graziosi, che non son troppi, sono riser-
"vati ai beniamini della Corte o della fortuna, ovvero ai petu-
"lanti che sanno concquistarli a smisurato dispendio di fiato
"e di pudore. „ (Op. cit., 106). E per un clericale, non c'è
neppur tanto male, ci pare.

(29) V. Autobiografia cit., pag., 32.

(30) Op. cit., pag. 113.

(31) Op. cit.; particolarmente pagg. 163, 175 e 218.

(32) Op. cit., pag. 209.

(33) V. CATERINA PIGORINI BERI-Giacomo Leopardi, Poesie
e Prose scelte ed annotate per le giovanette, Firenze, Suce.
Lemonnier, 1886, pag. 7.

(34) V. A. TRAVERSI. Una nuova edizione delle poesie di
G. Leopardi, Lucania Letteraria, An. I, Num. 50.

(35) V. DE SANCTIS, Studio su Giacomo Leopardi, Napoli,
rano, 1885, pag. 71.

(36) Op. cit. pag. 72.

(37) Cfr. innanzi a pag. 4.

(38) V. DE SANCTIS, op., cit. pag. 173.

(39) V. LUCA, Cap. VIII, 6 e 8.

(40) V. Epist. cit., I, pag. 86.

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(41) V. C. ANTONA TRAVERSI Notizie e Aneddoti scono-
sciuti intorno a Giacomo Leopardi ed alla sua famiglia,
Roma, Tip. Eredi Botta, 1885, pag. 6.

(42) V. La Domenica del Fracassa, A. II, 23 e 30 agosto
1885, N.i 34 e 35.

Bisogna notare che l'opuscolo Un'ultima difesa di Monal-
do Leopardi, del quale ci occupiamo, fu estratto dal perio-
dico La Rassegna Italiana de' 15 decembre 1885.

(43) V. C. ANTONA-TRAVERSI Notizie e aneddoti, cit.
(44) Ecco testualmente l'aneddoto, come il Pieretti, che “ri-
cordava di averlo udito, quand'era fanciullo, in Recanati lo
scrisse al Traversi:

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"Nel tempo che il Leopardi, infermo d'occhi e di nervi, a-

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