Di nere cagne, bramose e correnti, Come veltri che uscisser di catena. In quel che s' appiattò miser li denti, 127 E quel dilaceraro a brano a brano; Poi sen portar quelle membra dolenti. Presemi allor la mia scorta per mano, 130 E menommi al cespuglio che piangea, Per le rotture sanguinenti, invano. 'O Jacomo,' dicea, 'da sant' Andrea, 133 Che t' è giovato di me fare schermo? Che colpa ho io della tua vita rea?' Quando il Maestro fu sopr' esso fermo, 136 Disse Chi fusti, che per tante punte Soffi con sangue doloroso sermo?' Ed egli a noi: O anime che giunte Siete a veder lo strazio disonesto Ch' ha le mie fronde sì da me disgiunte, Raccoglietele al piè del tristo cesto : Io fui della città che nel Batista Muto 'l primo padrone: ond' ei per questo Sempre con l' arte sua la farà trista: 145 E se non fosse che in sul passo d' Arno Rimane ancor di lui alcuna vista; Quei cittadin, che poi la rifondarno Sopra il cener che d' Attila rimase, Avrebber fatto lavorare indarno. Io fei giubbetto a me delle mie case.' CANTO DECIMOQUARTO. Poichè la carità del natio loco 139 142 148 151 O vendetta di Dio, quanto tu dei 16 19 Che piangean tutte assai miseramente, E parea posta lor diversa legge. Supin giaceva in terra alcuna gente; 22 Alcuna si sedea tutta raccolta, Ed altra andava continuamente. Quella che giva intorno era più molta, 25 E quella men che giaceva al tormento, Ma più al duolo avea la lingua sciolta. Sopra tutto il sabbion d'un cader lento 28 Piovean di foco dilatate falde, Come di neve in alpe senza vento. Quali Alessandro in quelle parti calde 31 D' India vide sopra lo suo stuolo Fiamme cadere infino a terra salde; Perch' ei provvide a scalpitar lo suolo 34 Con le sue schiere, acciocchè il vapore Me' si stingeva mentre ch' era solo : Tale scendeva l' eternale ardore ; Onde l'arena s' accendea, com' esca Sotto focile, a doppiar lo dolore. Senza riposo mai era la tresca 37 40 Delle misere mani, or quindi or quinci Iscotendo da sè l' arsura fresca. Io cominciai: Maestro, tu che vinci 43 Chi è quel grande, che non par che curi 46 49 64 La tua superbia, se' tu più punito : Dio in disdegno, e poco par che il pregi: 70 Che parton poi tra lor le peccatrici, 79 82 Che tien volte le spalle inver Damiata, E Roma guarda si come suo speglio. La sua testa è di fin' oro formata, 106 Si com' ei fece alla pugna di Flegra, 58 E puro argento son le braccia e il petto, Poi è di rame infino alla forcata: Da indi in giuso è tutto ferro eletto, 109 61 Tanto, ch' io non l' avea si forte udito: 'O Capaneo, in ciò che non s'ammorza Salvo che il destro piede è terra cotta, E sta in su quel, più che in sull' altro, eretto. Ciascuna parte, fuor che l' oro, è rotta 112 121 125 130 Flegetonta e Letè, chè dell' un taci, El' altro di' che si fa d' esta piova?' 'In tutte tue question certo mi piaci,' 133 Rispose; 'ma il bollor dell' acqua rossa Dovea ben solver l' una che tu faci. Leté vedrai, ma fuor di questa fossa, 136 Là dove vanno l' anime a lavarsi Quando la colpa pentuta è rimossa.' Poi disse: Omai è tempo da scostarsi 139 Dal bosco: fa che diretro a me vegne : Li margini fan via, che non son arsi, E sopra loro ogni vapor si spegne.' CANTO DECIMOQUINTO. 142 E chinando la mia alla sua faccia, Risposi Siete voi qui, ser Brunetto?' E quegli: 'O figliuol mio, non ti dispiaccia Se Brunetto Latini un poco teco 32 Ritorna indietro, e lascia andar la traccia.' Io dissi a lui: ' Quanto posso ven preco ; 34 40 43 Avanti che l' età mia fosse piena. Pure ier mattina le volsi le spalle : Questi m' apparve, tornand' io in quella, E riducemi a ca per questo calle.' Ed egli a me: 'Se tu segui tua stella, 55 Non puoi fallire al glorioso porto, Se ben m' accorsi nella vita bella: E s' io non fossi si per tempo morto, Veggendo il cielo a te così benigno, Dato t' avrei all' opera conforto. 58 13 19 Alle lor grida il mio Dottor s' attese, Gittato mi sarei tra lor disotto, E credo che il Dottor l' avria sofferto. Ma perch' io mi sarei bruciato e cotto, 49 Vinse paura la mia buona voglia, Che di loro abbracciar mi facea ghiotto. Poi cominciai: 'Non dispetto, ma doglia 52 La vostra condizion dentro mi fisse Tanto che tardi tutta si dispoglia, Tosto che questo mio Signor mi disse Parole, per le quali io mi pensai Che qual voi siete, tal gente venisse. Di vostra terra sono; e sempre mai L'opre di voi e gli onorati nomi Con affezion ritrassi ed ascoltai, Lascio lo fele, e vo per dolci pomi 55 58 61 E i tre, che ciò inteser per risposta, Guardar l'un l'altro, come al ver si guata. 'Se l'altre volte si poco ti costa,' Risposer tutti, il satisfare altrui, Felice te, se si parli a tua posta. Però se campi d' esti lochi bui E torni a riveder le belle stelle, Quando ti gioverà dicere: "Io fui," Fa che di noi alla gente favelle.' Indi rupper la rota, ed a fuggirsi Ali sembiar le gambe loro snelle. Un ammen non saria potuto dirsi Tosto così, com' ei furo spariti: Perchè al Maestro parve di partirsi. Io lo seguiva, e poco eravam iti, 79 82 85 88 91 100 Che il suon dell'acqua n' era sì vicino Che per parlar saremmo appena uditi. Come quel fiume ch' ha proprio cammino Prima da monte Veso in ver levante 95 Dalla sinistra costa d' Apennino, Che si chiama Acquaqueta suso, avante 97 Che si divalli giù nel basso letto, Ed a Forlì di quel nome è vacante, Rimbomba là sopra san Benedetto Dell' alpe, per cadere ad una scesa, Ove dovea per mille esser ricetto; Così, giù d' una ripa discoscesa, Trovammo risonar quell' acqua tinta, Si che in poc' ora avria l' orecchie offesa. Io aveva una corda intorno cinta, 106 E con essa pensai alcuna volta Prender la lonza alla pelle dipinta. Poscia che l' ebbi tutta da me sciolta, 109 Si come il Duca m' avea comandato, Porsila a lui aggroppata e ravvolta. Ond' ei si volse inver lo destro lato, 103 112 Ed alquanto di lungi dalla sponda La gitto giuso in quell' alto burrato. E pur convien che novità risponda,' 115 Dicea fra me medesmo, al nuovo cenno Che il Maestro con l'occhio si seconda.' Ahi quanto cauti gli uomini esser denno Presso a color che non veggon pur l' Ma per entro i pensier miran col senno! Ei disse a me: Tosto verrà di sopra Ciò ch' io attendo, e che il tuo pensier sogna 121 Tosto convien ch' al tuo viso si scopra.' |