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Inquanto alla condizione dei vari testi delle diverse opere di Dante, è da giudicarsi in modo molto differente. Alcune sono state già sufficientemente lavorate per la cura e le ricerche altrui. Abbiamo dunque ripetuto quasi letteralmente il testo Wittiano della Vita Nuova e della De Monarchia. Per il permesso di servirci di questi due testi e ristamparli quasi tal quale, i distinti ringraziamenti dei Direttori e dell' Editore sono dovuti alla cortesia dei Signori Brockhaus di Lipsia, e Braumüller di Vienna. Similmente le Epistolae, la Quaestio, ed i Poemi Minori sono stati riprodotti con piccolissime variazioni sul testo del Fraticelli; ed anche della licenza conceduta loro a questo fine dai Signori Barbèra e Cia di Firenze essi sono obligatissimi.

Nel De Vulgari Eloquio, adottando generalmente il testo del Fraticelli, l' abbiamo corretto coll'aiuto del Codice di Grenoble, recentamente riprodotto in facsimile dal Dr. Prompt, tenendo conto inoltre delle sue note critiche, che si trovano nel Proemio di quest' opera. Anche la punteggiatura assai confusa del Fraticelli è stata riveduta.

L'indice è stato compilato dal Signor Paget Toynbee; e di questo corollario utilissimo all' edizione sono molto tenuti i Direttori a questo egregio e benemerito Dantofilo, siccome di certo lo sarà anche ciascun lettore. Resta a dire del Canzoniere, della Divina Commedia, e del Convito.

Il testo del Canzoniere è virtualmente quello del Fraticelli, ma questo è stato ritoccato, ed anche la disposizione delle composizioni riordinata, dal valente Dantofilo Signor York Powell.

Il testo della Divina Commedia abbiamo fondato e chi potrebbe farne altrimenti, se non volesse 'far ritroso calle'?-su quello del Witte, Berlino, 1862. Ma l'illustre editore di quel testo sarebbe stato il primo a confessare di non potersi vantare di completezza su questo lavoro, non ostante ch' esso sia un avanzamento importantissimo sopra tutte le edizioni anteriori. Lo stesso Witte dice nei suoi Prolegomeni (p. lxxx), 'Quattro testi formano l' unico fondamento della presente edizione. Non vi è parola, non sillaba, che non si appoggi sull' autorità di almeno uno di quei testi.' E soggiunge un po' di sotto che alcune (benchè rarissime) volte si sia attenuto ad una lezione di questi manoscritti quantunque non fosse quella che esso credeva certamente da preferirsi. Ma non si devon chiudere gli occhi all' immenso spoglio di varianti che la diligenza di parecchi Dantofili ha tratto da diversi codici in questi ultimi anni. Fra altre mi son servito dappertutto delle varie lezioni già pubblicate nel mio lavoro sul Textual Criticism of the Divina Commedia, e di moltissime altre da me accumulate da qualche anno dopo la pubblicazione di quello. Nè sarebbe in alcun modo derogare all' eccellente testo del Witte, fondato sul principio insufficiente sopradetto, se dopo le ricerche fatte da tanti e tanti studiosi per una trentina d' anni è stato necessario d' introdurvi un numero considerevole di emendazioni..

Ma è sopra il testo del Convito che la più grave difficoltà è sopravvenuta, ed in questa parte il testo qui stampato si trova interamente riveduto e ricostrutto, coll' aiuto dei sussidi dei quali parleremo più avanti. Quanto

ai testi a penna, gli errori madornali degli amanuensi-uomini sovente ignoranti e trascurantissimi-hanno lasciato in parecchi luoghi un pretto garbuglio di parole stravolte nell' ordine e perfino nella forma. Ma per quanto sia scorretto il testo nei codici, è stato reso molto peggiore dalla licenza sfrenata delle congetture degli editori. Questi, trovandosi qui liberi dalle restrizioni imposte da ritmo e da rima (come sono imposte, per esempio, nella Commedia), hanno trasmutato e rifatto il testo in tal modo che molte e spesse volte l'autore stesso non lo riconoscerebbe. Basta leggere qualche pagina delle note del Giuliani, al quale tocca principalmente una tal censura, e se ne troverà la prova dappertutto. In minor grado si potrebbero rimproverare similmente gli editori Milanesi: e neppure il benemerito Dr. Witte, nelle sue emendazioni del testo del Convito, ha imposto alle sue congetture il solito 'fren d'arte.'

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Per la revisione del testo così depravato, i sussidi soprannominati sono sventuramente assai scarsi, almeno per un editore Inglese. Non esistono in Inghilterra che due codici del Convito. Dell' uno il presente editore è il fortunato possessore; l'altro appartiene alla Collezione detta Canonici' nella Biblioteca Bodleiana ad Oxford. Il testo presente è fondato (1) sulla fede di questi due codici, ora per la prima volta confrontati; (2) sulle notizie delle lezioni di parecchi altri codici autorevolissimi, somministrate in molti luoghi difficili qua e là dalle note critiche delle edizioni priori, e principalmente di quelle del Fraticelli e del Giuliani; (3) ci siamo anche serviti delle nuove e delle vecchie Centuriae correctionum del Dr. Witte, e del Saggio degli editori Milanesi, ecc.

I due codici Inglesi meritano una breve descrizione. Il primo porta la data di 1463 0 1493, essendo la posteriore probabilmente la data vera. Apparteneva anticamente a Pier Antonio di Benedetto di Piero Buonaparte, il cui autografo si legge sul frontispizio, e che visse sul principio del cinquecento. È fortunato che i testi di questi due codici non paiono essere di stretta parentela; piuttosto appartengono, a mio avviso, a famiglie differenti. Il mio accorda spesse volte coll' eccellente codice Riccardiano, tanto lodato dal Fraticelli, ed anche col codice Kirkup citato dal Witte e dal Nannucci1. Eppure l'ordine delle parole differisce dappertutto dal testo volgare, e questi cambiamenti frequentissimi, ma di poca importanza, hanno l' aria d' essere stati introdotti dal capriccio dell' amanuense. In somma, mi pare che sia copiato trascuratamente da un buon tipo originale. Il codice Bodleiano tiene più del testo volgare, come lo si trova registrato dagli editori e critici È sopradetti. senza data, ma pare che sia anteriore all' altro.

Nella riformazione del testo il mio principio fondamentale è stato questo. Per quanto fosse possibile, non ammettere nel testo nessuna parola, o che non si legge in alcun codice, o almeno che non si può derivare da ciò che vi

1 Qui si riferisce ad una raccolta di varianti di questo codice nei due primi Trattati, postillate di proprio pugno del Prof. Nannucci sul margine di un esempio del Convito nella Biblioteca Tayloriana ad Oxford.

si legge, seguendo le regole della critica razionale. Per esempio: quando occorre qualche lacuna, cosa comunissima, per errore proveniente dagli Sμolotéλevta, questa può sovente essere riempita con abbastanza sicurezza. Di più, certe locuzioni o lettere si trovano abitualmente confuse o cambiate a vicenda nei codici; come, per esempio, le quattro seguenti:-e, è, a, ha; e particolarmente e, o è, sono sovente assorbite nell' e finale della parola precedente, ed in tal caso si crede per fermo d' avere il diritto di restituirle. In cotali e molti altri consimili casi è lecito azzardarsi un poco nella congettura senza trapassare i limiti della critica legittima. Ma le congetture arbitrarie, senza sostegno di sorta diretto od indiretto somministrato dai codici; le alterazioni capricciose, addottate soltanto per più eleganza di stile o facilità d'espressione (usanza frequentissima degli editori, e sopra tutti del Giuliani); tutte queste sono senz' altro da rigettarsi. Ma rarissimamente ho trovato, perfino nei passi più intralciati, che non si potesse cavarne senso sufficiente con aiuto piccolissimo di congettura, comparando linea per linea i diversi testi di due o tre codici, e scegliendo un punto qua e un altro là, o forse cambiando un po' l' ordine delle parole. Che rimangano nonostante alcuni passi d' una enorme difficoltà di costruzione o rozzezza d' espressione è innegabile, ma non segue perciò che non siano Danteschi. Si deve sempre tener conto dell' età dello scrittore, e della novità del suo soggetto, almeno trattandolo nel Volgare. Le difficoltà della sua impresa sono francamente riconosciute da Dante stesso più d' una volta nel Convito. Si scusa lungamente d'aver scritto di una cosìfatta materia nel Volgare invece del Latino, ed ammette schiettamente che lo Latino molte cose manifesta concepute nella mente che il Volgare fare non può1. È riconosciuto dunque che

L'acqua ch' ei prende giammai non si corse;

e ben potrebbe esso scolparsi di qualche rozzezza dello stile, come lo fa nell'Inferno, quando dice,

Qui mi scusi

La novità, se fior la penna aborra.

Di fatti dunque cotali difetti o difficoltà sono da aspettarsi ; e per conseguenza il modernizzare e il ripulire il proprio stile di un tal autore, è rifare il suo componimento, non ristorarlo.

Finalmente raccommandiamo questo lavoro al benevolo giudizio degli studiosi, confortandoci colla riflessione che, per quanti ne siano i difetti, non sono sottentrati per mancanza nè di lungo studio' nè di 'grande amore' delle opere tutte quante dell' Autore incomparabile.

1 Conv. I. c. v. 1. 85. Cf. IV. c. xxi. l. 54.

E. MOORE.

2 Restano pochissimi luoghi dove ci è sembrato assolutamente necessario giovarsi un po' dell' aiuto della congettura. Ma affinchè il lettore possa giudicarne da sè, parole così introdotte si trovano incluse fra i segni che di sotto s' indicheranno (vedi p. 237).

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