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1. MUTAMENTO DE' COSTUMI NELLA SECONDA METÀ DEL SEC. XII.

Tanti rivolgimenti, e soprattutto tanta crescita di ricchezza, non erano stati senza conseguenze nella vita di tutti i giorni.

Dacchè c'erano i mezzi si voleva star meglio, quanto a case, quanto a vitto, e ammobiliamenti e vestiario e feste e divertimenti. Questa era la morale. E del mutamento avvenuto durante il secolo a poco a poco, ma sensibilissimo se si confrontano le condizioni della città a cento anni di distanza, la più autentica testimonianza ce la dà Dante stesso con ciò che egli fa dire a Cacciaguida della Firenze dei suoi tempi in confronto a quella del pronipote :

Fiorenza, dentro dalla cerchia antica

ond' ella toglie ancora e terza e nona,
si stava in pace, sobria e pudica.

Non avea catenella, non corona,

non donne contigiate, non cintura
che forse a veder più che la persona.
Non faceva, nascendo, ancor paura

la figlia al padre, chè il tempo e la dote
non fuggian quinci e quindi la misura.

Non avea case di famiglia vôte;

non v'era giunto ancor Sardanapalo
a mostrar ciò che in camera si puote.
Non era vinto ancora Montemalo

dal vostro Uccellatoio, che, com'è vinto
nel montar su, così sarà nel calo.
Bellicion Berti vid' io andar cinto

di cuoio e d'osso, e venir dallo specchio
la donna sua senza il volto dipinto;
e vidi quel del Nerlo e quel del Vecchio
esser contenti alle pelle scoperta

e le sue donne al fuso ed al pennecchio.

O fortunate! ciascuna era certa

della sua sepoltura, ed ancor nulla
era per Francia nel letto diserta.
L' una vegghiava a studio della culla,
e consolando usava l'idioma

che pria li padri e le madri trastulla;
l'altra traendo alla rócca la chioma,
favoleggiava con la sua famiglia

dei Troiani, di Fiesole e di Roma.

E il Villani, quasi commentando per molti lati Dante, ci fa questo quadro de' costumi del «Popolo vecchio >> di Firenze: «Nota che al tempo del detto Popolo, e in prima e poi a gran tempo, i cittadini di Firenze vivevano sobrii e di grosse vivande e con piccole spese, e di molti costumi e leggiadrie grosse e rudi; e di grossi drappi vestieno, loro e le loro donne, e molti portavano le pelli scoperte senza panno, e colle berrette in capo, e tutti con gli usatti in piede. E le donne fiorentine co' calzari sanza ornamenti, e passavansi le maggiori d' una gonnella assai stretta di grosso scarlatto d' Ipro o di Camo, cinta su d'uno scaggiale all'antica e uno mantello foderato di vaio col tassello sopra, e portavanlo

in capo; e le comuni donne vestite d'uno grosso verde di Cambragio per lo simile modo: e lire cento era comune dota di moglie e lire dugento o trecento era a quegli tempi tenuta isfolgorata; e le più delle pulcelle aveano venti o più anni anzi che andassono a marito. Di sì fatto abito e di sì grossi costumi erano allora i fiorentini, ma erano di buona fe' e leali tra loro e al loro comune, e colla loro grossa vita e povertà feciono maggiori e più virtudiose cose che non son fatte a' tempi nostri con più morbidezza e con più ricchezza ».

Vediamo dunque di fissare, per linee generali, quali erano le condizioni e le maniere di questa vita, a cavallo tra il secolo XIII e il XIV, che sembrava a Dante e al Villani così «isfolgorata »).

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La vita dentro le case, fossero di poveri o di ricchi, aveva un carattere fondamentale e comune: la ristrettezza dello spazio in cui si svolgeva. C'era naturalmente una bella differenza tra una catapecchia e un palazzo, ma neanche qui si sguazzava nel largo. L'angustia era grande principalmente nella pianta. Le case de' poveri con il terreno solo o un piano, coperte magari di legname o di paglia, le case dei ricchi a parecchi piani uno su l'altro come permettevano i fondamenti e i muri maestri più resistenti. Ma anche per le abitazioni maggiori, in quel fitto della città c'era da stendersi poco. Se

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