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Mercato Vecchio: con la colonna della Dovizia, il tabernacolo di S. M. delle Trombe,

e in fondo il torrione dell'Arte della Lana

(dal codice Rustichi)

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(pag. 125 e segg.)

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molti però s'eran dati a qualche operazione lucrosa e avevan fondate, associandosi, quelle grandi compagnie di alta mercatura e di banca che facevano affari per tutta la Cristianità, in Levante, in terra d'infedeli. In quanto mercanti e banchieri facevano parte anch'essi delle Arti.

Una classe assai compatta e omogenea dunque. Invece sotto la denominazione generica di « Popolani », si nascondevano vari aggregati cittadini i più diversi tra loro di ricchezza, di abitudini, di vita, di tendenze. Oggi si direbbe grassa borghesia, piccola borghesia, proletario. Allora si diceva: popolo grasso, cioè i grandi industriali, commercianti e professionisti, radunati e stretti nelle 'Arti maggiori; una classe intermedia senza nome specifico, esercenti, artigiani, piccoli industriali, che erano raggruppati nelle Arti Minori; popolo minuto, la gran massa degli operai a salario e, fuori di città, dei contadini. Si intende che tutte queste divisioni, sostanzialmente vere sono per necessità di chiarezza un po' troppo rigide, e ciascuno può correggerle pensando alle sfumature di relazioni nella vita economica d'oggi.

Quello che giocavano nella vita politica queste classi di cittadini, lo abbiamo visto. Consideriamo un momento ora come essi provvedevano alle loro necessità economiche.

Il popolo minuto viveva giorno per giorno, impiegato nelle fabbriche, ne' fondachi, nelle botteghe; e tenuto da meno era il contadino, allora all'ultimo gradino della scala sociale. Un guadagno di quattro soldi di libbra,

(all'incirca una lira nostra, ma il denaro aveva allora triplo il potere d'acquisto) era una buona giornata.

La piccola borghesia, quella delle Arti minori, per un lato confinava, di mezzi e di vita, con il popolo minuto, per l'altro con la borghesia grassa, in una quantità di gradazioni dovute in parte alle Arti varie che esercitava, in parte alla varia prosperità individuale del proprio lavoro. Le Arti minori variarono spesso di numero, furono fino a 25, ma si stabilizzarono poi in quattordici. Fra le più importanti erano i Beccai, emeriti truffatori alla gabella delle carni macellate, quando potevano; i Vinattieri, tenutari di povere e sudice taverne, dove pure dovevan fare affari d'oro, se la gabella del vino a minuto fruttava 58.000 fiorini, un sesto della rendita totale del Comune; gli Albergatori malfamati per la poco buona qualità della clientela nelle loro locande (le classi alte più che altro viaggiando andavano in case di amici, o avevano alberghi loro propri come l'arte di Calimala per i suoi consoli e fattori); i Fornai, che al tempo del Villani erano centoquarantasei, famosissimi per non rendere la misura della farina macinata, e combinare nel pane le più straordinarie miscele; i Maestri di pietra e di legname da cui uscivano i grandi architetti e scultori, Andrea Pisano come Arnolfo (i Pittori, tra cui dopo Cimabue dominava Giotto, grandi frescanti di mura, e facitori di pale per le chiese, d' altaroli per i privati, erano aggregati all'Arte maggiore dei Medici e degli Speziali; e gli Orafi a quella della Seta); e poi giù giù

i Calzolai numerosissimi, i Fabbri e Maniscalchi, i Linaioli e Rigattieri, i Pizzicagnoli, i Cuoiai e Galigai, i Corazzai, i Correggiai, i Legnaioli, i Chiavaioli. Le altre corporazioni minori si aggregavano in <«<<compagnie» a una di queste.

Per esercitare era obbligatorio essere iscritto all'Arte : che aveva i suoi statuti, le sue magistrature, si intrometteva in mille modi nell'esercizio del mestiere, come vedremo, e a cui erano assegnate molte attribuzioni che oggi son del Comune, della Provincia, dello Stato, specie in riguardo alla disciplina del lavoro, e alla lotta contro le frodi e le disonestà. Ma il fulcro della vita economica fiorentina, quelli che avevano portata e più porteranno la città alla sua potenza tanto invidiata; poichè l'agricoltura (terre a affitto pagato in denari o in natura, terre a mezzadria), sebbene assai sviluppata non riusciva a sopperire a tutti i bisogni del Comune, e i Magnati vivevano come abbiamo detto di rendita; i fattori veri della ricchezza fiorentina erano le Arti maggiori, il Popolo grasso.

La meno importante era quella de' Pellicciai, che lavoravano su tutto pelli di volpi e pelli di vaio, una sorta di scoiattolo orientale, bigio nel dorso, bianco nel ventre, e dorsi e pance venivan cucite alterne e a scacchi; e che avevano un discreto commercio d'importazione dal Mar Nero, e di esportazione di prodotti lavorati anche fuori del territorio. Due arti erano di professionisti : quella de' Giudici e Notai; in dignità, la prima, nelle ce

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