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degli Uffizi. Aveva il pulpito ora a San Leonardo in Arcetri; e come lì in chiesa, avanti l'edificazione del palazzo, si radunarono per un certo tempo i consigli del popolo a cui Dante ha partecipato, da questo è nata la leggenda che da quel pulpito Dante abbia parlato. Infine nel quarto lato, addossata anch'essa alle mura, Badia, il gran convento benedettino del marchese Ugo, presso la quale si trovava la piccola, poco più che cappella, Santo Stefano del Popolo, in cui nel 1373 il Boccaccio lesse pubblicamente la Divina Commedia.

E dentro, nel massiccio dei caseggiati, chi può ricordare tutte le piccole e un po' più grandi, dai nomi belli o curiosi, spariti ormai dal parlare di tutti i giorni, o solo incisi melanconicamente sulla targa di qualche viuzza e piazzetta, quasi senza più senso al giorno d'oggi? Presso piazza della Signoria San Romolo abbattuto per l' ingrandimento di essa appunto; Santa Cecilia il cui nome resta a un vicoletto di Vacchereccia. Lungo via Calzaiuoli, o lì vicino, San Michele in Orto (dove dopo la sua distruzione sorsero la loggia del Grano tramutata poi di nuovo in chiesa, Or San Michele); San Bartolommeo con il suo bell' atrio bianco e nero; Santa Maria Nipotecosa, ingoiata dal tempo col suo nome e tutto; San Michele in Palchito detto delle Trombe perchè nel suo popolo erano stretti ad abitare i trombettieri del Comune, di cui è ancora visibile da via Santa Elisabetta la torre ovale; e a due passi Santa Maria degli Alberighi, nome conservato da una piazzetta nascosta. Presso

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il Duomo San Pietro in Celoro, San Benedetto di cui la piazza rimane, San Cristofano. Di là dal Duomo, San Michele Visdomini, trasportato nel suo posto attuale quando la sua area fu dovuta occupare per la muratura di Santa Maria del Fiore. Proprio in piazza del Mercato c'erano Santa Maria del Campidoglio, San Piero Buonconsiglio, San Tommaso e lì intorno San Leone, San Donato dei Vecchietti, San Miniato fra le torri, Sant' Andrea, Santa Maria degli Ughi.

Insomma una turba. E non le nomineremo certo tutte. Ma non possiamo tacere di due a cui si connettono vivi ricordi danteschi: San Martino del Vescovo, quasi in faccia alle case degli 'Alighieri, parrocchia degli Alighieri; e poco più in là Santa Margherita che fu parrocchia di Beatrice e chiesa di patronato dei Donati; in essere tutte e due.

Di quante n'abbiamo ricordate dentro e fuori le mura, i soli Battistero e San Miniato sono intatti. Santi Apostoli hanno conservata la parte migliore della loro architettura, prototipo alle ideazioni del Brunelleschi insieme col Battistero, cioè la navata centrale con le belle archeggiature su colonne. Frammenti di facciate hanno San Salvatore, Santo Stefano al Ponte, Sant'Jacopo sopr' Arno, sebbene forse posteriori di qualche po' al tempo di Cacciaguida. Tutte le rimanenti o prima o poi, o in parte o per intero, sono state rifatte e han cambiato faccia.

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Nella seconda metà del secolo XII Firenze soffocava « dentro dalla cerchia antica >>).

Firenze s'era fatta e più andava facendosi città industriale e di gran commercio. Si impiantavano allora i fondamenti di quelle arti di Calimala e della Lana che dovevano essere la sua più grande ricchezza. Callemala e Garbo (via Condotta), che prendeva nome appunto da una speciale qualità di panno, erano ormai quasi per intero occupate da quell' industrie: e in Calimala sorgeva il palazzo dell'Arte. Por Santa Maria tendeva già a diventare la sede dei setaiuoli: e lì presso in Terma avrà luogo il palazzo di quest'altra Arte. Dietro il Duomo una via aveva il nome di « Balla » per le operazioni di imballatura e spedizione che vi si facevano. Le gualchiere e le tintorie cominciavano a farsi fitte. E i traffici si propagavano tutti i giorni per ogni dove. Pisa era l'emporio marittimo di Firenze, che già vi aveva un ospizio e fondaci propri riconosciuti ufficialmente dai pisani. L' Arno era la via principale di scambio, e oltre il porto di Signa, fino a cui potevano arrivare navi d'una certa grandezza, porticcioli erano anche nei pressi delle mura, alle Grazie, a Ognissanti, a San Frediano. E più lontano a Messina, a Genova, in Francia si annodavano relazioni ingenti di mercature, cui seguivano, coi loro grassi gua

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