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I priori delle Arti dal 1282 avevano avuto residenza qua e là in case prese a fitto, e dal 1290 nella casa di Gherardino de' Cerchi bianchi dietro San Procolo. I Consigli vari della Repubblica, generalmente si radunavano per le chiese, specie a San Piero Scheraggio. D'un palazzo comunale c'era dunque veramente bisogno. Anche Siena proprio nello stesso tempo, pensava a farsi il suo. Dopo lungo pensare fu scelto il luogo dove fino dal 1210, forse avendovi risieduto la magistratura fiorentina, esisteva una « placza communis ». « E colà dove puosono il detto palazzo, racconta il Villani, furono anticamente le case degli Uberti, ribelli di Firenze e ghibellini; e di que' loro casolari feciono piazza, acciocchè mai non si rifacessono. E comperarono altre case di cittadini, come furono Foraboschi, e fondaronvi su il detto palazzo, e la torre de' Priori, fondata in su una torre ch'era alta più di cinquanta braccia ch' era de' Foraboschi, e chiamavasi torre della Vacca. E perchè il detto palazzo non si ponesse in sul terreno de' detti Uberti, coloro che l'ebbono a fare il puosono musso, che fu grande diffalta a lasciare però di non farlo quadro, e più discostato dalla chiesa di San Piero Scheraggio ». Anche per il Palazzo è stato fatto il nome di Arnolfo, ma nessuna testimonianza precisa ce ne fa fede. In ogni modo meno che per la cattedrale avrebbe potuto lavorarvi: tre anni appena. E quei tre anni furono con probabilità impiegati più che altro in lavori di riduzioni e di riordini delle case acquistate, dove i priori abitavano già nell'aprile del 1299. Certo che

il palazzo fu tirato avanti a pezzi e bocconi, comprando via via altre case per ingrandirlo. Nel 1304 c'era già una cappella, e si pose la campana grossa sulla torre della Vacca: «La Vacca muglia » continuarono per secoli a dire i Fiorentini. Nel 1309 si parla in deliberazioni ufficiali, del tetto e della copertura; e si provvede alla elezione di commissari per la muratura della torre. La quale quindi è probabile che fosse già a un discreto punto, se non finita, quando Dante morì. E così in quegli anni finalmente si poteron dipingere in un palazzo solo tutti gli stemmi che le vicende fortunose della storia fiorentina avevan fatto sorgere e vigoreggiare a simbolo delle varie forze politiche che l'inalberavano. Il vecchio stemma del Comune, giglio bianco in campo rosso e il nuovo, giglio rosso in campo bianco (« per division fatto vermiglio » dice Dante); lo scudo bianco e rosso dell' unione con Fiesole; lo scudo azzurro con su scritto a oro « Libertà »; quello bianco crociato di rosso del Popolo; le chiavi d'oro della Chiesa; l'aquila che artiglia il drago, della Parte Guelfa.

Continuavano intanto le altre fabbriche incominciate, come Santa Maria Novella e Santa Croce, lontane però ancora dal compimento. Se non era già stata fatta, come abbiamo accennato, si metteva mano ora alla ricostruzione di Santa Maria Maggiore. Il Comune nel 1301 murò, su terreno dei Cavalcanti, le carceri che dai primi messi dentro, abitanti del castello delle Stinche in Val di Greve, si chiamarono appunto le Stinche.

È probabile che si incominciassero i lavori, o almeno vi si pensasse, a Santa Trinita e a San Remigio, che dovevano ridurle nello stato attuale. Insieme ognuno che potesse, congreghe religiose e privati, si davano attorno ad abbellire, a ingrandire, a far più comoda, e tutta se gli riesciva a bei filaretti di concio, la propria residenza, fosse chiesa, convento o palazzo. E i pittori, Giotto e i suoi scolari, colorivano a gran fresco pareti e volte; e gli scultori Arnolfo, Andrea Pisano, l'Orcagna, scolpivano portali, tabernacoli, fonti, cibori. Cosicchè Dino Compagni poteva scrivere che a Firenze erano «‹i ̧ casamenti bellissimi, pieni di molte bisognevoli arte oltre all' altre città d'Italia. Per la qual cosa molti di lontan paesi la vengono a vedere, non per necessità, ma per bontà de' mestieri e arti, e per bellezza e ornamento della città ». La tradizione di mèta turistica era già cominciata per Firenze. E Giovanni Villani insisteva: «Ell'era dentro bene situata e albergata di molte belle case, e al continovo in questi tempi s'edificava migliorando i lavori di fargli agiati e ricchi, recando di fuori begli esempi di ogni miglioramento. Chiese cattedrali, e di frati di ogni regola, e magnifichi monasteri......». E anche nei dintorni fin d'allora Firenze cominciava a prendere quell'aspetto tutto a ville e giardini, che è una delle sue gran bellezze : « .... Non v'era cittadino popolano o grande che non avesse edificato o non edificasse in contado grande e ricca possessione e abitura molto ricca, e con begli edifici e molto meglio che in città: e in

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