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Formelle del fonte battesimale di Dante

(Museo dell'Opera del Duomo)

(pag. 14)

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Come davanti agli occhi di Dante, vissuto ai tempi del grande rinnovamento edilizio della città, si animavano di vita e di poesia i ruderi degli edifici antichi, ormai crollanti sotto il piccone dei nuovi edili, così, accanto alla realtà di fiere discordie contemporanee, agivano nello spirito del cittadino le memorie della prima comunanza civica ai tempi di Cacciaguida. Il Comune artigiano che, come quercie superba sfidava nel primo trecento la violenza delle tempeste, aveva avuto modesti principî; quale umile arboscello, cresciuto in una primavera di pace e di virtù, esso appariva alla fantasia di una generazione vissuta sotto più dura legge, e il cui orizzonte storico s'allargava oltre l' età che fu sua. A quei principî giova riportare anche la nostra curiosità, se vuole appagarsi più tardi in una meno incompleta conoscenza dei tempi del Poeta, che son quelli di un ciclo storico chiuso e definito, del fastigio più alto di una delle più intelligenti democrazie, e non già l'iso

lamento artificioso di una serie d' anni, giustificato con la contemporaneità di un uomo d' eccezione.

Tempi lontani, che rischiarati dall' indagine dei moderni storiografi, avidi di scoprire le origini remote e segrete di tanta grandezza, oggi sembrano a noi più chiari di quel che non apparissero ai contemporanei di Dante. Infatti, la conoscenza della società comunale in tutte le fasi di uno sviluppo complesso, fino all' estrema corruzione demagogica ed al suo epilogo nella dominazione signorile, ci rende particolarmente sensibili ai primi progressi dei popolani e ai primi indizi di una vocazione economica nella città nuova. La quale, alle falde del colle fiesolano, esce dalle nebbie della leggenda quando la rinata fiducia nelle forze del lavoro umano chiude l' età barbarica, quando dai feudi ormai dissolventisi per la crisi della terra, per la ribellione dei vassalli, per la rivoluzione delle plebi, e dai castelli non più sorrisi dalle forti tradizioni cavalleresche, la vita torna a fluire nei centri civici, che l'incrocio delle grandi vie designa organizzatori sapienti di ogni moto di emancipazione, sintesi ultima delle autonomie risorgenti sulle rovine del feudo.

Sulle rive dell'Arno è più lento che altrove il progresso delle nuove forze, più fievole l'eco delle grandi contese della feudalità e dell' Impero, più sorde le plebi al richiamo della lega lombarda contro il nemico comune; ma qui più intenso il periodo di raccoglimento all'ombra dell' autorità marchionale, più omogenea la

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Pulpito di San Piero Scheraggio (sec. XIII)
(ora a San Leonardo in Arcetri)

(pag. 16)

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