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cietà comunale; ma pretendono di rappresentarla per imporre una politica rispondente alla propria condizione di proprietari terrieri, di possessori di case e di banchieri. Il grande incremento demografico della città, due volte allargata in men di due secoli, aveva valorizzate le terre, dopo la crisi disgregatrice dei feudi, e per la strettezza del luogo aveva rialzato il costo degli affitti, creando una posizione di privilegio ai primi inurbati che, senza partecipare allo sviluppo dell' industria, traevano le fonti del guadagno da una ricchezza capitalizzata e straordinariamente redditizia per le rinnovate condizioni della vita industriale. I grandi banchieri, commercianti della moneta, fuori del tirocinio educativo delle arti produttive, partecipavano di quella condizione privilegiata, e dividevano almeno per ora i costumi altezzosi dei primi ceti, abituati al godimento di una ricchezza consolidata nella continuità del reddito fondiario e ad una sopravalutazione di profitti non proporzionati allo sforzo dell' operosità produttiva.

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Tutti quei ceti difendono una posizione di privilegio di fronte alle classi artigiane e tendono a svolgere una data politica tributaria e annonaria: quella perchè, in tempi di gravi arbitrî e di difettosi accertamenti riversi i pesi fiscali su altre categorie di contribuenti; questa perchè applichi in vantaggio dei produttori quel protezionismo che viziava, dal più al meno, tutta l'economia medioevale, e perchè, con la libertà delle esportazioni e il divieto delle importazioni, consenta il migliore sfrut

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tamento dei mercati agricoli accanto a quello della nuova situazione demografica che le industrie allettatrici hanno creato alla città.

A quest' azione vessatoria reagisce la popolazione lavoratrice, organizzata nelle Arti, che vuol creare le migliori condizioni all' industria, sia con la perequazione fiscale, sia col basso costo della vita e con la conseguente moderazione dei salari. Sono due economie a conflitto, due modi diversi di produrre e di spendere la ricchezza che nel Comune industriale per eccellenza, chiamato a fornire i bisogni dei mercati mondiali, armano popolani contro magnati e che prolungano la contesa fino a quando la confederazione artigiana non avrà conquistato lo Stato per volgerlo ai propri fini e per asservire ogni forma di attività economica alla grande industria; la quale, giusta la concezione esclusivista del tempo, non comporta collaborazioni proporzionali ed armoniche a chiudere il ciclo dei fattori produttivi.

Questo ceto soltanto è da intendersi sotto il nome di popolo e non la plebe minuta, esclusa da ogni organizzazione di classe e lavorante, senza diritto d' associazione, per conto dei maestri dell'Arte. Anzi, a chiarire il significato preciso della democrazia fiorentina, conviene riconoscere fin da ora una gradazione di valori economici e politici perfino fra le Arti organizzate che costituiscono il popolo. Ne variò il numero a seconda dei tempi, ma rimase costante la distinzione in 'Arti maggiori e minori. Quelle soltanto sfruttarono in definitiva la

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Santo Stefano al Ponte

(parte inferiore della facciata: primi del sec. XIII)

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(pag. 17)

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vittoria popolare, oscillando fra sette e dodici, in rispondenza alle alleanze strategiche e al rinforzamento del popolo imposto da ogni pericolo di reazione magnatizia. << Popolo grasso » e « Popolo minuto » chiamarono i cronisti quei due gradi distinti nella gerarchia delle Arti, qualificando con frase felice le diverse resultanze dell'attività economica degli uni e degli altri.

La conquista delle grandi fortune era aperta soltanto ai mercanti del cambio e di Calimala, della lana e della seta, delle pelli e delle spezie, a volta a volta che le oscillazioni dei mercati mondiali nell' acquisto delle materie prime o nella vendita dei manufatti all'una o all'altra forma di produzione facevano più larga parte nel commercio d'esportazione.

Infatti, il campo d'azione era ben diviso fra queste 'Arti maggiori, che regolavano senza rivalità i loro affari e che tutte vivevano d'un largo respiro incapace a comprimersi dentro la cerchia di un'angusta vita municipale. Dal centro civico traevano la protezione a un commercio privilegiato, ma qui perseguivano una politica lungimirante che spandesse la fama del nome fiorentino nel mondo.

Alle Arti rammentate si aggiungano le cosiddette professioni liberali: quelle dei medici e dei giudici riuniti agli speziali i primi, costituiti in arte autonoma coi notai i secondi e si avrà completo il numero delle sette Arti maggiori, tutte armoniche per affinità di condizione sociale, perchè anche l'abilitazione all' esercizio

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