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inibi sine querela conversari. » Un Benedettino che ragione aveva di scrivere così?

Si aggiunga che nell' Imitazione la parola devotus ha lo stesso senso che nei testimonî già riportati di Tommaso e del Busch, indica cioè un'associazione particolare e determinata, qual' era quella dei devoti di Gerardo Magno. Il primo libro, c. 14, ce ne offre un'esempio: << Propter diversitatem sensuum et opinionum satis frequenter dissentiones oriuntur inter amicos et cives, inter religiosos et devotos:>> amici, cittadini, religiosi, sono particolari e determinate società, dunque anche i devoti. Perciò nel 3o libro, c. 52, dicesi : « Nec decet me inter tuos devotos commemorari. » E nel 4° lib. c. 9: « Offero quoque tibi omnia pia desideria devotorum, necessitates parentum, amicorum, fratrum, sororum, omniumque carorum meorum: » quei devoti, messi nel primo posto, non possono essere altri che i fratelli della vita commune. Nella lettera De pia defunctorum memoria Tommaso scrive: < Multum iam tempus praeteriit, ex quo decreveram aliquid, pro pia memoria defunctorum, charitati tuae insinuare; et maxime parentum nostrorum et amicorum specialium omniumque devotorum etc. »

Si rammenti che Tommaso prima d'entrare al Monte s. Agnese, passò molti anni nella Congregazione di Radewyns, dove la disciplina e lo zelo erano ancora in fiore. (1) E la memoria di quei devoti frateli, suoi primi compagni nella vita religiosa, lo richiama spesso a pie riflessioni e calde aspirazioni. Si legga il c. 14° del 4° lib. dell'Imitazione intitolato : « De quorumdam devotorum ardenti desiderio ad corpus Christi. » « Quando recordor devotorum aliquorum ad sacramentum tuum, Domine, cum maxima devotione et affectu accedentium tunc saepius in me ipso confundor et erubesco, quod ad altare tuum et sacrae communionis mensam tam tepide et frigide accedo. » Si noti che pochi dei divoti ordinavansi preti. Ce lo dice il Kempis lui stesso nella vita di Giacomo di Vianen: « Eo siquidem tempore

(1) Il Kempis descrive così quella santa Congregazione: « Grata admodum et Deo dilecta Congregatio in domo reverendi patris domini Florentii ad laudem Dei collecta, magnis refulsit virtutibus, et sublimium meritorum actibus extitit decorata. Ibi humilitas, omnium virtutum prima, exquisita fuit a maiore usque ad minimum, faciens de terrena domo paradisum, et transferens homines mortales in coelestes margaritas tamquam lapides vivos in templo Dei glorificandos. Ibi obedientia, mater virtutum et discretionis lucerna, viguit sub tanta disciplina, ut summa esset sapientia obedire sine mora, et nefas foret horrendum praeterire senioris consilium aut minimum verbum. Ibi charitas.... ibi spiritualis militiae armatura contra singula vitia.... ibi antiquorum patrum memoria, et Aegyptiorum monachorum fervida conversatio, quae quasi semimortua iacuit in terra, ad vitam rediit, et clericorum status ad summae perfectionis normam secundum Ecflesiae primordia surrexit... ibi inter quotidianas meditationes sacrosancta et dolorosa passio Salvatoris nostri Iesu Christi crebrius et affectuosius est repetita et masticata. >>

apud devotos sacerdotium rarum erat et pretiosum. » Inoltre fra i Canonici regolari i preti in certi giorni determinati non celebravano, ma ricevevano la santa Communione come gli altri fratelli. Ciò spiega le parole << quod ad altare tuum et sacrae communionis mensam tam tepide etc. >>

Ancora un argomento per dimostrare che i devoti di cui parlasi nell'Imitazione sono appunto i Canonici ed i fratelli della vita commune, e non già tutte le persone pie, come altri vorrebbe far credere. Al capo 1° del lib. 4° si legge: « Potest enim quilibet devotus omni die et omni hora ad spiritualem Christi communionem salubriter accedere: et tamen certis diebus et statuto tempore corpus sui Redemptoris, cum affectuosa reverentia, sacramentaliter debet suscipere. » Se si parlasse dei devoti in genere e non di quelli di Gerardo Magno, coteste parole difficilmente potrebbero spiegarsi; perchè non è vero che le persone pie debbano communicarsi sacramentalmente in certi giorni stabiliti e al tempo prescritto; ma era ciò verissimo dei devoti o fratelli della vita commune.

Riconferma mirabilmente quanto abbiamo detto il c. 18 del 1° lib. De exemplis sanctorum patrum, dove l'autore afferma categoricamente ch'egli appartiene ad un'Ordine che conta ancora pochi anni d'esistenza. O quantus fervor omnium religiosorum in principio suae sanctae institutionis fuit.... O teporis et negligentiae (1) status nostri, quod tam cito declinamus a pristino fervore. >>

In bocca a Tommaso questa frase esprime una verità storica; in bocca al Gersen, che avrebbe scritto l'Imitazione verso l'anno 1230, questa frase medesima non sarebbe vera. L'Ordine di s. Benedetto esisteva già da sette secoli, nè il Gersen poteva parlare della sua decadenza come di cosa nuova e recente; era essa un fatto doloroso ma compiuto fin dal tempo di s. Bernardo. Al contrario l'Istituto di Windesheim era giovane ancora, nè era morto il suo fervore primitivo sebbene incominciasse a raffreddarsi un poco.

E nel Prologus libri de discipulis Florentii noi ascoltiamo il Kempis che ripete quasi il lamento dell'Imitazione: « Sed, jam, proh dolor! aliqui sunt qui primo fervore derelicto, evagationes diligunt, vaniloquiis delectantur etc. » Conchiude il citato capitolo dell' Imitazione: Utinam in te penitus non dormiret profectus virtutum, qui

(1) Altro neerlandismo innegabile. Il Becker e il p. Gietmann assicurano che la frase è genuina; e il Rosveido non era tanto materiale quanto lo dice il Veratti. Nella lettera già citata scrive il Becker che avendo communicata al Sig. De Vries l'asserzione del Veratti che cioè in nessuna lingua l'esclamazione è seguita dal genitivo (cosi deve tradursi quel suo « un periodo composto di soli genitivigli è stato risposto esser quello un infingardo sotterfugio (une lâche échappatoire) del Veratti.

multa saepius exempla vidisti devotorum! » Espressione che quadra perfettamente a Tommaso ed ai suoi compagni che aveano realmente veduto gli esempi illustri dei fervorosi devoti di Gerardo Magno e del Radewyns. Si può dunque ragionevolmente affermare che la terminologia dell'Imitazione sta per un Canonico regolare di Windesheim e non per un Benedettino del XIII secolo. (1)

Studiamo ora l'Imitazione in rapporto all'ambiente esterno che suppone e cui si riferisce. Chi scrisse quel libro ci fa intendere che i costumi del suo paese erano corrottissimi, e che la disciplina monastica languiva in una mortale tepidezza; piange esso gli scandali popolari e i disordini claustrali. Ebbene; leggete gl'istoriografi neerlandesi, e vedrete che tra gli ultimi anni del XIV ed i primi del XV secolo, dominavano ovunque l'intemperanza, il giuoco, e la guerra civile continua e terribile. La città di Zwolle nel 1416 fu spettatrice di fatti sanguinosi, dei quali noi risentiamo quasi un' eco nel c. 14 del 1o lib. dell' Imitazione: « Propter diversitatem sensuum et opinionum, satis frequenter oriuntur dissentiones inter amicos et cives, inter religiosos et devotos. Antiqua consuetudo difficulter relinquitur; et ultra proprium videre nemo libenter ducitur. » Parole che indicano chiaramente la sommossa del 1416 a Zwolle, come fa rilevare ottimamente lo Spitzen.

Fra tanta corruzione, i pellegrinaggi avevano preso il posto di tutte le altre pratiche religiose; forse perchè essi « ont ordinairement l'avantage d'être a la fois une pratique pieuse et une agreable distraction, et pour un grand nombre de personnes un voyage de plaisir. (2) Il Mande e Kempis si opposero a cotesta troppo comoda e spesso infruttifera divozione; applicando il Kempis ai suoi concittadini le parole di s. Agostino: « Qui multum peregrinantur raro sanctificantur. » Nel 1° cap. del 4° libro dell'Imitazione si parla di pellegrinaggi che avevano per iscopo non la Terra Santa, meta ordinaria a quelli del tredicesimo secolo, ma le reliquie dei santi. < Currunt multi ad diversa loca pro visitandis reliquiis sanctorum: et mirantur, auditis gestis eorum, ampla aedificia templorum; inspiciunt et osculantur, sericis et auro involuta, sacra ossa ipsorum. >>> La storia contemporanea dei Paesi Bassi e delle provincie vicine al Reno, spiega queste parole. Assai prima del secolo XV, meta ai grandi pellegrinaggi di quelle contrade erano le reliquie insigni di Colonia, Aix-la-Chapelle, Cornelimunster, Maestricht, Tongres. E riflettiamo che il Kempis aveva quasi ancora sotto gli occhi l'ultimo grande pellegrinaggio del 1412, quando scrisse le

parole ci

(1) Becker, seconde partie, ch. II.
(2) Lecker, seconde partie, ch. III, pag. 121.

tate. (1) Parimenti nel c. 15 della sua Cronaca, raccontando la morte di Giovanni Ummen, il primo fondatore del Monte s. Agnese, parla dei pellegrinaggi in termini analoghi all'Imitazione. « Huius mater, Reghelandis nomine, Deo devota fuit; et saepe cum filio coeco, (Giovanni Ummen era cieco) ad loca sanctorum visitanda longius migravit.... Praedicante ergo in Zwollis venerabili magistro Gerardo Magno, et, inspirante Deo, cum multi homines compungerentur, huius etiam servi sui Dominus cor aperuit et accendit. Unde, relicta peregrinatione saeculari, Deo studuit in tranquillitate servire. »

La corruzione del popolo era una conseguenza quasi necessaria della morale decadenza del clero regolare e secolare. Il Busch scriveva: «Pudet dicere mala pessima in dissolutis monasteriis actualiter subsecuta.» (Chron. Wind. p. 268.) Gli scritti del Ruysbroeck, del Brugman e d'altri potrebbero confermare l'asserzione del Busch. La riforma di Gerardo, a mezzo il secolo XV, migliorò di molto una parte del clero e del popolo neerlandese. I Canonici regolari e i devoti erano esemplari di santità. Quando il superiore generale Vos van Heusden si presentò con alcuni dei suoi al concilio di Costanza, i cardinali, mossi dalla loro edificante condotta, dicevano altamente: << Isti sunt vere patres religiosi quos dudum videre et audire desideravimus. » E il Busch poteva con tutta verità scrivere: « Tanta denique divinorum carismatum abundantia monasterium nostrum tune exuberare cernebatur, ut non immerito Paradisus delitiarum Dei esse crederetur, et in eo commanentes Angelico nomine appellari digne mererentur etc. » Angelici erano detti anche i Religiosi di molti altri monasteri del Capitolo Vindesemese, quelli particolarmente del Monte s. Agnese. Busch racconta a proposito (Chron. pag. 31) che gli abitanti dei dintorni dei monasteri di Windesheim, d'Arnhem, d'Hoorn, del Monte s. Agnese e di Nazareth in Westfalia, assicuravano d'aver veduto apparizioni misteriose nei luoghi dove poi sorsero questi monasteri. Angioli, biancovestiti, facevano là delle processioni e celebravano i divini officî. Tommaso nella prefazione alla Cronaca narra la stessa cosa del suo monastero. È una leggenda nata dal fatto reale della santità, della purezza di quei Religiosi agli angeli simili. (2)

Ora possiamo comprendere quelle parole dell'Imitazione lib. 31, c. 45: « Sed homines sumus, nec aliud quam fragiles homines su

(1) Tommaso ha scritto i primi capitoli del 4 libro dell'Imitazione poco dopo la sua elevazione al sacerdozio, come apparisce chiaramente dal cap. 5. Sia dunque il 1412, o il 1413 la data della sua ordinazione, è sempre rigorosamente esatta la riflessione del Becker.

(2) « Au milieu de la corruption universelle, les pieux chanoines avec leur habit blanc parurent aux yeux du peuple comme des Anges descendus du ciel; le fait réel devint ainsi l'origine de la légende.» (Becker, seconde partie, ch. III, pag. 125.)

mus, etiamsi angeli a multis aestimamur et dicimur. « On sait, dice il Becker, (1) qu'au treizième siècle, aprês la réforme de Citeaux et la fondation des Frères Mineurs et des Frères Prêcheurs, les Bénédietins n'avaient pas précisément la réputation d'être des anges. >>

Tanto era il fervore dei Religiosi di Windesheim e del Monte 8. Agnese, che in alcuni toccò gli estremi anche a scapito dell'obbedienza. Il Busch ne riferisce due esempî. « Duo fratres in Windesem, propter huiusmodi rigidam abstinentiam et occultam alimentorum subtractionem, cerebrum et naturalia conturbantes, rationis facti sunt impotentes. Quorum primus, frater Bertholdus (ton Hove), cuius erat fundus in Windesem, ad subdiaconatus ordinem promotus, de rebus divinis, ingenii sui capacitatem excedentibus, frequenter meditare, et acute solitus erat disputare El et Eloi, aliaque perplura inusitata Dei vocabula, corde et voce simul saepe revolvens. Unde tandem mente captus, ut semifatuus incessit. » L'altro fu « Nicolas de Sconovia, >> già professore alla celebre Università di Parigi. Per quanto facessero i superiori non riuscirono a persuaderli che si nutrissero convenientemente, ed ambedue se ne morirono nel loro stato di mentale alienazione. Chi negherà l'accordo mirabile di questa narrazione del Busch con ciò che leggesi al 7 cap. del 3o lib. dell' Imitazione? « Quidam incauti propter devotionis gratiam se ipsos destruxerunt, quia plus agere voluerunt quam potuerunt, non pensantes suae parvitatis mensuram, sed magis cordis affectum sequentes quam rationis iudicium. Et quia maiora praesumpserunt quam Deo placitum fuit, idcirco gratiam cito perdiderunt. Facti sunt inopes et viles relicti, qui in coelum posuerunt nidum sibi, ut humiliati et depauperati discant non in alis suis volare sed sub pennis meis sperare. Qui adhuc novi sunt et imperiti in via Domini, nisi consilio discretorum se regant, faciliter decipi possunt et elidi. Quod si suum sentire magis sequi quam aliis exercitatis credere volunt, erit eis periculosus exitus: si tamen retrahi a proprio conceptu noluerint. »

Nel 1° lib. c. 3 dopo aver ripreso le vane sottigliezze, e i grandi cavilli su ciò ch'è occulto, l'autore dimanda quasi improvviso: << Et quid curae nobis de generibus et speciebus?» A noi è oscuro il senso di queste parole, ma era chiarissimo ai compagni del Kempis. Dalla vita di Wessel Gansfort, amico intimo di Tommaso, inserita nell' « Effigies et vitae professorum Accademiae Groningae et Omlandiae » (Groningue, 1657), il Becker riporta questo brano: « Sub hoc tempus (2) cepit Parisiis oriri contentio inter theologos Reales, Nominales et Formales.... Adiunxit se (Wessel) formalibus illis Professoribus, donec

(1) Becker, seconde partie.

(2) Le dispute dei Nominalisti, Realisti e Concettualisti sono ben più antiche; ma è certo che nel XV secolo si agitarono con nuovo e maggiore ardore.

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