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1822. VENEZIA
EDITORE GIUSEPPE GNOATO.

COI TORCHI DI ANTONIO CORDELL'A

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Quantunque nella Lirica Poesia si vegga oggi

mai sbandito da tutta l'Italia l'uso d'Iperboli smoderate, di traslati lontanissimi, di metafore viziose, d'immagini false, di pensieri stravaganti, di contrapposti affettati, di locuzioni sregolate e barbare, di bisticci, di acutezze o poco sane, o totalmente fondate sul falso, delle quali cose fu prodigo maestro l'Abate Tesauro nel suo Canocchiale Aristotelico, ed infelice promotore il Marini, e cent' altri della sua scuola in tanti loro Volumi; avviene nondimeno che sì fatti. Volumi sieno i primi a cader nelle mani de' Giovani, i quali mal potendo di per sè stessi discernere il grano dalla mondiglia, e l'orpello dall'oro, tanto si lasciano da quelle false bellezze sedurre, che formandosi in capo certe regole alla diritta ragione contrarie, quelle come primi principj sieguono poscia nel poetare; catti sdegnando per isconci, bassi e difettosi que' componimenti, che con essi non ben si accordano, o da essi si allontanano totalmente.

Non sarebbe adunque cosa desiderabile, ch'eglino, mentre ancora non hanno guasta da verun pregiudizio l'immaginativa, avessero un libro nel quale, per entro alle varie maniere di poetare, s'incamminassero a trovar quel Bello, in traccia di cui l'anime nostre sono nat gmente indirizzate ?

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