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pito; laddove i coltivatori per lo contrario dello stile maturo, che non esce in parole mirabili, ne risplende per immagini vivissime, ma gli animi tacitamente, signoreggia colla sodezza, coll' evidenza e coll'affetto, non curano le stil fiorito, e se fosse in lor poter, lo sbandi. rebbono dal Parnaso. A schivar però questo disordine, e mettersi in istato di giudicar rettamente d'ogni Scuola, debbono i Giovani considerare, che fonte essendo del Bello poetico il Vero nuovo e maraviglioso; e potendo questo Vero nuovo e maraviglioso trovarsi in ogni componimento lavorato sul tornio del Petrarca, o su quello del Chiabrera, in istile o umile, o mezzano, o magnifico, resta evidente che à ogni Componimento si può dare i Bello poetico. Egli è ben certo però, che il Vero nuovo e maraviglioso, acciocchè in noi cagioni quel piacere e godimento gratissimo, che prova ognuno nell'imparare, da molte qualità, dice il Muratori, debbe essere necessariamente accompa'gnato; e primieramente, come di sopra accennammo, da una chiara, ornata, ma non affettata Elocuzione, e secondariamente da onestà utilità, proporzione e probabilità. Imperciocchè

e

per quanto si ravvisi
vera amen-

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te descritta, come può mai ella un intelletto sano e benfatto dilettare, ravvisi o laidag, o inutile, od improbabile ? Certamente il Sonetto può trattare d'ogni materia; ma il giu dicio, il buon costume dee regolare per modo l'ingegno del Poeta, sicchè quelle sole materie egli scelga, che ad uomo onorato e di raziocinio guernito non disconvengono. Nel che il Marini, uomo per altro dotato di grand' ingegno, inciampò, e con esso lui tutti gli altri della sua Scuola, i quali oltra il decoro e l'onestà, che per essi non rade volte si vede offesa, riempiono per lo più i loro Componimenti di ridico

llusioni, di puerili contrapposti, di vane as

cutezze, e di pensieri totalmente fondati sul falso. Quindi, perchè i Giovani schifino, quant più per essi si può, somiglianti sciocchezze, che sono il vero veleno della Poesia, io dirò che allora si pensa male, quando il nostro intelletto fonda qualche suo raziocinio sopra una metafora, supponendo per vero e reale ciò che non è se non finto e figurato, e attribuendo un effetto vero ad una causa metaforica. I Poeti a cagion d'esempio chiamano Stelle gli occhi delle lor Donne; questa è una metafora raddolcita dall'uso, e praticata ancor dal Petrarca: ma se lavorando su questa metafora io dicessi, che anche di notte buja camminando, senz' altra fiaccola io non temo d'inciampare, perchè a me fan lume gli occhi della mia Donna, io direi uno sconcio e falso concetto, e in vece di destar maraviglia, moverei a riso piuttosto il mio uditore; il quale si avvede subito che un tal raziocinio troppo s'allontana dalle regole della Logica, mentre fondandosi sovra una metafora attribuisce agli occhi altrui le qualità delle Stelle. Lo stesso dee dirsi delle allusioni ai Nomi, ai Cognomi, alle insegne della famiglia, e di cento altre fanciullesche, acutezze, che nel secolo prossimo passato furono il maggior patrimonio di molti ingegni, e il più vivo solletico dell' altrui ammirazione, e che oggi giorno unicamente si debbono lasciare alle materie piacevoli e da scherzo, nelle quali altro non si,mira, che a rallegrare colla novità d'un pensiero, che a bella posta dalle premesse discenda, il Lettore, e a stuzzicargli il riso; giusta ciò che ne scrisse Cicerone nel Lib. 2. de Oratore: scitis esse notissimum ridiculi genus, cum aliud expe&amus, aliud dicitur. Hic nobismetipsis noster error risum movet. Ma se nelle Poesie serie, e nel Sonetto massime debbonsi schivare queste false acutezze, non si dee porre minore studio in regolare per sì fatta maniera lo stile, che

troppo voler grandeggiare non dia nel turgida Claudio Achillini fu quegli, che a' tempi del Marino introdusse questa maniera di comporre, ponendo animosamente, per non dire con isfacciazaggine, in opera traslati arditi, iperboli incredibili, e cotali altre stranissime forme di verseggiare, le quali non solamente stancano l'intelletto di chi legge, ma in vece di recargli diletto, lo annojano. Abbandoni pertanto codeste scorte, chi vuol tenersi sul buon sentiero, e si rivolga a'veri Maestri, il primo de' quali è il gran Petrarca,

Che le Muse lattar più ch'altro mai..

Questo felicissimo ingegno, la cui propria lo de è, che nessun possa lodando accrescerlo, ne biasimando diminuirlo, come disse nelle sue lezioni poetiche il Varchi, favellando di Virgilio, condusse a tal perfezione la volgar Poesia, che senza taccia di presunzione può ella gareggiar giustamente colla Greca, e colla Latina. In fatti il suo Canzoniere,

da cui si toglie

Lo bello stile, che fa tanto onore

a chi imprende d'imitarlo, è lavorato con tanta purità di lingua, com tanta leggiadria di frasi poe tiche, e con tanta nobiltà di pensieri, che nè

Per volger d'anni o per girar di lustri

oper

si tralascierà mai di leggerlo, e considerarlo da chiunque à genio d'acquistare nelle cose poetiche qualche sapore, o di scriver rime con Qualche coltura e leggiadria. La sua scuola è ata sempre seguitata dagl' Intelletti più saggi, ael secolo del cinquecento, che può chiamar

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si con giustizia il secol d'oro della nostra poesia, fiorirono più che in qualunque altro i seguaci della sua bella maniera in comporre. Si vuol ciò non ostante avvertire che negl'impa reggiabili Versi del Petrarca non manca di esservi qualche cosa di quando in quando, che punto non merita il pregio di essere imitata. L'Opere de' gran Maestri, diceva Plutarco nel trattato d'ascoltar i Poeti, non sono templi, sicchè si debba venerare tutto ciò che in esse si trova. Vuolsi gustare quel molto che v'ha di bello, senza neppur fiutare quel poco, che vi è di cattivo. E per iscoprire nelle rime del Petrarca qualche piccolo difettuzzo sarà ben fatto che la Gioventù nella lettura di sì lodato Poeta și ponga dinanzi agli occhi le considerazioni del Tassoni, le annotazioni del Muzio, e le osservazioni del Muratori, che in un Volume in quarto si veggono raccolte.

Circa al 1530 Giovanni dalla Casa Fiorentino cominciò alquanto a deviare dalla dolcezza del Petrarca, e diede principio ad un novello stile; e fondò una seconda Scuola, la quale essendo tutta intenta alla gravità, ha ancor essa il suo pregio e le sue bellezze, che ben si meritano d'essere imitate. Ed in fatti in Napoli le rime di cotanto celebre Autore sono oggimai idea, e regola di liricamente comporre. Ma deesi por mente a ciò, che afferma il Tasso nella lezione sopra un Sonetto dello stesso Poeta, che per mostrarsi seguace di sì valoroso scrittore non basta imitare in esso la difficoltà delle desinenze, il rompimento de' Versi, la durezza delle costruzioni, la lunghezza delle clausule,e il trapasso d'uno in un altro quadernario, e di uno in un altro terzetto, e in somma la severità dello stile, ma bisogna principalmente imitare quel, ch'e in lui maraviglioso, cioè la scelta delle voci e delle sentenze, la novità delle figure, e particolarmente de' traslati, il nerbo, le grandezza e la maestà sua.

la

Sorse in terzo luogo Angiolo di Costanzo Napoletano, il quale non istando si religiosamente attaccato al Petrarca si studiò di ornare i suoi Sonetti di un certo vezzo particolare, e di far risaltar nelle chiuse con vivacità e garbo qual che nuovo sentimento, sempre però dedotto dalle cose antecedentemente dette. Sentási il giudizio che ne danno i giornalisti di Venezia: 5, merita lode (il Costanzo) principalmente per aver congiunta alla nobiltà dello stile anche la grandezza e la rarità del pensiero; e di aver unito in maniera ne'suoi Sonetti il cominciamento col mezzo, ed il mezzo col fine, che nulla vi sia di superfluità, o di mancanza. Procede quasi sempre con sommo giudizio, con buoni principj e con ottimo raziocinio. Concepiscę bene i suoi soggetti, e dà loro in progresso ta le spirito e lena, che quando sono alla conchiu sione tutto finisce di piacere, e niente resta a desiderare". Fin qui i Giornalisti. Noi intanto dopo aver parlato del Sonetto, e dopo aver additata a Giovani la maniera di ben condurlo speriamo, che imparando eglino dal Petrarca a cagion d'esempio, la purità della lingua, dal Casa la novità delle figure, dal Costanzo la dirittura del raziocinio, dal Redi e dallo Zappi la gentilezza de'pensieri, dal Filicaja e dal Gui di la maestà dell' elocuzione e i voli della fantasia, e da tutti in somma gli Autori, che com pongono questa Raccolta, qualche particolare lor pregio, e certi vezzi, che vengono dalla Scuola anacreontica e chiabreresca; speriamo dissi, che avranno giusto fondamento di prometsersi quella gloria, che ai coltivatori d'un si nobile, e si leggiadro Componimento è dovuta.

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