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RELAZIONE

DELLO

STATO DI SAVOIA

DI

FANTINO CORRARO

1598.

(Libreria di S. Marco in Venezia, Classe VII, Codice DCLXXIII.. {. Codice non è autografo ma sincrono. Mani posteriori vi aggiunsero l'erroneo nome di Francesco Priuli).

APPENDICE.

45

AVVERTIMENTO

La presente Relazione di Fantin Corraro cade tra le ultime due di Savoia da noi pubblicate nel T. V della Serie II quando questa ci era ancora sconosciuta. La durata della legazione del Corraro fu di tre anni, come dice egli stesso fin da principio, i quali si comprendono tra la metà del 1595 e la metà del 1598, avvegnachè il suo predecessore Marino Cavalli ne tornasse nel giugno del 95, e il suo successore Simone Contarini vi andasse nel giugno del 98.

Il ritrovamento di questa Relazione, che dobbiamo al non mai abbastanza predicato Cavaliere Vincenzo Lazari, vien tanto più opportuna quanto più era desiderabile di avere compita la serie di questi documenti intorno la gran contesa del marchesato di Saluzzo, la cui rivendicazione segna un punto capitalissimo nella storia di casa Savoia. Avvegnaché nella Relazione del Cavalli noi avessimo l'esposizione del primo periodo di questa vertenza, cioè dalla occupazione del marchesato per fatto di Carlo Emmanuele fino alle prime tregue, e in quella del Contarini la narrazione degli ultimi conflitti fino alla pace di Lione del 17 gennajo 4604, che li conchiuse; e ci mancasse appunto la relazione dei casi intervenuti dopo la rottura delle tregue fino alla pace di Vervino del 2 maggio 1598 tra Francia e Spagna, che sospese nuovamente le ostilità tra Enrico IV e il duca di Savoja.

Queste tre Relazioni si collegano strettamente fra loro, rivelandoci ognuna qualche fatto particolare, che maggiormente illustra le diverse fasi di quella lotta memorabile, dalla cui conclusione la casa di Savoia, come altrove abbiam detto, cominciò veramente a contare come potenza italiana.

Dovendo io dar conto a questo Eccellentissimo Senato dello stato del signor duca di Savoia, che nel corso di tre anni, che mi sono fermato a quella legazione, ho veduto ed osservato in tempo di guerra, di tregua, e posso dir anco di pace, dividerò il mio ragionamento in tre parti; nella prima considererò il signor duca assolutamente in sè stesso, indipendentemente dalle aderenze e rispetti così di Spagna come di Francia; nella seconda, come congiunto col serenissimo re Cattolico, con il fine e disegno di questa unione; e nella terza, quello che da questa congiunzione sia seguito.

Lo stato del signor duca di Savoia si divide, conforme alla divisione fatta dalla natura col mezzo delle Alpi, in due parti, una di là e una di qua da' monti, chiamandosi quella Savoia e questa Piemonte. La Savoia, come paese aspro, montuoso e sterile, dovria produrre abitanti industriosi e bellicosi, tanto più che confinano con nazioni feroci e guerriere; con tutto questo, e contro il corso naturale delle cose, per la freddezza e umidità di quella regione, hanno un eguale abborrimento al negozio ed alle armi. Onde per questo, e per l'inclinazione che hanno grandissima alla corona di Francia, ne sogliono cavar quei duchi molto manco utilità di quello che fanno dal Piemonte.

Il Piemonte, sebben di cielo molto contrario alla Savoia, per esser d'aria assai temperata, ha però la medesima inabilità e poca disposizione ai negozj ed alle armi che ha la

Savoia; e ciò per una grandissima fertilità, che somministra abbondantissimamente il vivere non solo agli abitanti, ma ai confinanti ancora. Disegna bene S. A. d' introdurvi i negozj ed i commercj, ma non si può supporre in essi buona riuscita, con tutta l'opportunità che hanno quei popoli della navigazione del Po, del mare di Nizza, e della vicinità della Francia, col mezzo delle quali grandissime comodità potrebbero non solo estrarre dalla Francia e dalla Germania ancora quelle cose che loro mancano, e per le quali sono astretti a ricorrere a Genova e in altre parti d'Italia, ma incamminare di più i traffichi ed i commercj delle sete e delle lane, che con meno spesa degli altri potrebbono cavare dalla Spagna e dalla Provenza. E veramente non hanno quei popoli bisogno che dell'arte, avendo la natura supplito abbondantemente non solo nelle cose necessarie all'uso umano, ma abbondato ancora in miniere così di ferro e di rame, come d'argento e d'oro.

Cava S. A., in tempo di pace, da' suoi stati intorno a 700,000 scudi d'entrata, gran somma certo rispetto a quella che aveva l'avo suo di 70,000 solamente, e che si è anco accresciuta in tempo di guerra fino ad un milione e mezzo d'oro, la quale si disegna di far passare in entrata ordinaria, se però potrà reggerla e sostentarla il paese consumato ed impoverito per modo, che le imposizioni ed esazioni eccedendo per molti le utilità delle rendite, si contenterebbero piuttosto di rinunziare il fondo delle loro entrate. Il modo in vero che hanno questi principi di provvedersi di danari, è grandemente ristretto, prima, per il mancamento ordinario che è di essi in tutto quel paese, causato dal non esservi negogj o traffichi di momento, e poi per non aver entrate di beni proprj e particolari, coll' assegnamento delle quali potere come gli altri trovarne ad interesse, e finalmente perchè quando anco ne avessero, essendo quegli stati sottoposti all'armi ed alle spesse rotture delle due corone confinanti, difficilmente si troveria chi volesse avventurare i suoi capitali sopra cose poste in tanti anfratti ed esposte a si frequenti fluttuazioni. E queste difficoltà si fanno anco in occasione di guerra tanto più grandi, quanto che convenendo, per le conseguenze di essa, andar

mancando il fondamento delle gravezze, che consiste nelle entrate de' particolari e nelle facoltà de' sudditi, vien loro levata quelle via che sola rimarrebbe di cavar denari. Si trovavano bene raccolte nella casa di Savoia molte gioie, col mezzo delle quali potevano e solevano nelle loro urgenze trovar danari; ma parte di queste sono state donate dalla splendidissima generosità del signor duca, e parte restano impegnate a Genova e a Milano. Il duca padre, vigilantissimo, e che molte volte aveva provato come fosse principale istrumento a tutte le cose l'opportunità del danaro, diede, subito tornato in stato, principio ad accumularne; e con tutte le spese che avea fatte per riparare ai danni e jatture patite, e per provvedere ancora ai pericoli che potevano nella medesima maniera succedere, lasciò alla sua morte 1,500,000 scudi; ma il signor duca presente tutti li ha spesi e profusi con grandissima liberalità.

Soleva il governo quasi in tutte le cose passare conforme a quello di Francia, del quale era esso un piccolo modello e ritratto; ma rimesso che fu il signor duca padre in stato, pretendendo che fossero stati legittimamente spogliati dei loro privilegj quei popoli che si erano lasciati spogliare del loro natural signore, volle, quasi in stato più tosto acquistato che ereditato, restringendo la libertà ai sudditi, assumere nel dominio suo più assoluta potestà. Levò quindi molte cose che avevano apparenza di governo più comune, come la convocazione degli stati, e alcune forme di vivere quasi libero che erano in diverse città, come in Asti, e lasciò solamente i senati di Torino e di Ciamberi. Il governo di giustizia si tratta in questa maniera, che la prima instanza di tutte le cause così civili come criminali va ad un giudice, il quale o vien posto dal signor duca ovvero è feudatario; la seconda ai prefetti, che sono 14, sette in Piemonte e sette in Savoia; la terza al senato, e l'ultima a S. A, che la rimette poi all'istesso senato o al consiglio, capo del quale è il gran cancelliere, che serve di qua e di là da' monti con l'aiuto d'altri ministri a lui subordinati. Le cose poi di stato si terminano e si definiscono assolutamente per il parer solo del signor duca, il quale sebbene è solito di chiamare spesso il consiglio, oltre

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