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SONETTO I

Si duole della sua perdita per l'improvvisa morte di Laura, e fa l'elogio di Lei.

Oimè il bel viso; oimè il soave sguardo;
Oimè il leggiadro portamento altero;

Oimè 'l parlar, ch'ogni aspro ingegno e fero
Faceva umìle, ed ogni uom vil, gagliardo;
Ed oimè il dolce riso, ond' uscìo 'l dardo,
Di che morte, altro bene omai non spero;
Alma real, dignissima d'impero,

Se non fossi fra noi scesa si tardo.

Per voi convien, ch' io arda, e 'n voi respire:
Ch'i' pur fui vostro; e se di voi son privo,
Via men d'ogni sventura altra mi dole.
Di speranza m'empieste, e di desire,
Quand' io parti' dal sommo piacer vivo:
Ma 'l vento ne portava le parole.

Ingegno, spirto, animo- Gagliardo, valoroso, generoso - Onde uscio, da cui uscì, il dardo, che mi piagò il cuore, dalla qual piaga amorosa non spero omai altro bene che la morte-Alma realec. questo è un salto mortale. * Se non fossi nata in tempi si scaduti E se, e poichè, son privo di voi, poco mi duole d'ogni altra sventura Quand' io presi l'ultimo congedo da Laura ancor viva. Parti' per partii - Ma furono gettate al vento quelle sue cortesi parole, che m'aveano riempito di speranza e di desio .

e corrotti

È sonetto fatto dal poeta in Verona, allorchè intese la nuova della

morte di Laura. T.

Questi parlari tronchi, questo ripeter le parole, questo lasciare i nomi isolati, questo saltare d'uno in altro oggetto, non sono errori, ma finezze, ed espressioni proprie degli animi concitati da gagliardo affanno. Con tutto questo non mi par componimento da cavarsegli la berretta. Comincia con aria di gran dolore, e lo ritiene nei quadernarii; ma non mi si fa sentire il medesimo tuono ne' terzetti. M.

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Che debb'io far? che mi consigli, Amore?

Tempo è ben di morire;

Ed ho tardato più, ch'i' non vorrei.
Madonna è morta, ed ha seco 'l mio core;
E volendol seguire,

Interromper convien quest'anni rei:
Perchè mai veder lei

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qua non spero; e l'aspettar m'è noja;
Poscia ch' ogni mia gioja,

Per lo suo dipartire, in pianto è volta,
Ogni dolcezza di mia vita è tolta.

E volendo seguire il mio cuore, che se n'è andato con Madonna, mi conviene interrompere, troncare di per me stesso, questa mia vita infelice Madonna vale mia donna E m' è noja, mi spiace, l'aspettare a seguir lei, continuando a vivere.

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Avendomi io proposto di cercar la luce nelle tenebre, e non le tenebre nella luce, (come tal altro recente interprete, il quale dopo aver osservato un silenzio arciprudentissimo ne' luoghi più difficili, s'è poi studiato d'imbrogliare i più facili a forza di ciarle ), non starò a commentare quello che non ha bisogno di comento alcuno; ed il lettore dovrà così sapermi grado di trovare alquanto vuota qualche pagina, anzichè riempita di borra.

Con una teneríssima immagine dà incominciamento il Poeta a questa canzone; poi segue con quel natural desiderio di morire, che hanno i veramente e gravemente addolorati, affatto diverso da quell'affettato, che si spesso ne' drammi ci fanno udire certi freddi innamorati, quando sono davanti alle loro amate. M.

Amor, tu 'l senti, ond' io teco mi doglio,
Quant'è 'l danno aspro e grave;

E so, che del mio mal ti pesa e dole,
Anzi del nostro; perch' ad uno scoglio
Avem rotto la nave;

Ed in un punto n'è scurato il Sole.
Qual ingegno a parole

Poria agguagliar il mio doglioso stato?

Ahi orbo mondo ingrato!

Gran cagion hai di dover pianger meco;

Chè quel ben, ch' era in te, perdut' hai seco.

Tu'l senti, tu vedi e conosci quanto è grave ed acerba la mia perdita; onde, per la qual cosa, io mi lamento teco, come con quello che ha piena conoscenza della cagione del mio lamentarmi · - Ad uno, ad un medesimo, scoglio Avem, v. p. abbiamo In un punto, in uno stesso punto ; n'è scurato, si è oscurato ad ambedue noi. L. A parole, con parole: agguagliar, esprimere adeguatamente * - Orbo, cieco, che non vedi la gran perdita che hai fatta nella morte di Laura, e non ne conoscesti mai i sommi pregi mentre viveva: ingrato, perchè viva non l'onorasti; morta, non la piangi.

Ritorna il Poeta all'immagine ed apostrofe d'Amore, e nobilmente si figura che anch'esso abbia fatto una gran perdita nella morte di Laura. Poi salta ad esagerare il proprio affanno con due versi. E quindi improvvisamente si volge al mondo, e immagina ancor felicemente, ch'egli abbia perduto troppo in perder lei, e che abbia gran motivo di piangere. Tutto bene. M.

Caduta è la tua gloria; e tu nol vedi:
Nè degno eri, mentr' ella

Visse quaggiù, d'aver sua conoscenza,
Nè d'esser tocco da' suoi santi piedi;
Perchè cosa sì bella

Dovea 'l Ciel adornar di sua presenza.
Ma io, lasso, che senza

Lei, nè vita mortal, nè me stess' amo,
Piangendo la richiamo:

Questo m'avanza di cotanta spene;

E questo solo ancor qui mi mantiene.

D'aver sua conoscenza, di conoscerla

Questo, il chiamarla piangendo, solo mi resta di tanta speranza, che avevo posta in lei. Mi mantiene, mi tien vivo.

Continua a parlare col mondo, e ne'sei primi versi, che sono bellissimi, esalta e magnifica il merito di Laura. Quindi salta di bel nuovo a contemplare la propria miseria. M.

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