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SONETTO IV.

La memoria del passato, la vista del presente, e il timor dell' avvenice to turbano e lo sconfortano si, che brama morire.

La vita fugge, e non s'arresta un'ora;

E la morte vien dietro a gran giornate;
E le cose presenti, e le passate

Mi danno guerra, e le future ancora:
E'l rimembrar, e l'aspettar m'accora
Or quinci, or quindi sì, che ʼn veritate,
Se non ch' i' ho di me stesso pietate,
I' sarei già di questi pensier fuora.
Tornami avanti, s'alcun dolce mai

Ebbe 'l cor tristo; e poi dall'altra parte
Veggio al mio navigar turbati i venti:
Veggio fortuna in porto; e stanco omai

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Il mio nocchier; e rotto arbore, e sarte;
Ei lumi bei, che mirar soglio, spenti.

E la morte ec.: mors et fugacem persequitur virum, disse Orazio — L'aspettar, l'indugiare a morire — Se non fosse ch' io ho compassione di me stesso - Fuora, coll'essermi data la morte - Tornami avanti, mi torna alla memoria — Fortuna, qui per tempesta di mare: in porto, sul termine della vita: nocchier l'intelletto: arbore e sarte, le forze del corpo — I lumi bei, i begli occhi di Laura.

-

Chi ama la poesia spiritosa, e piena d'estro e di fuoco, passi oltre, che qui ci nevica alquanto. Ha del basso non poco, e qualche verso troppo facile; e cade stranamente a terra nel sesto. Tuttavia non è da sprezzarsi considerandolo per fattura di stile tenue; e in fatti a me non dispiacciono i sentimenti, e nell'ultimo terzetto vedo alzarsi alquanto lo stile. M.

Quantunque sappia molto del prosaico, la sua soverchia facilità è tuttavia da preferirsi all'affettazione ed alla stentatura di parecchi altri. Del resto non è condannabile l'opinion di coloro che tengono fatto questo Son. in vita di Laura, allorchè ella cominciava a passare; la qual cosa egli accenna coi bei lumi spenti, cioè smorti, e dice soglio e non soleva, come avrebbe dovuto dire, e come lo ha notato il Muratori. *

SONETTO V

Conforta l'anima sua a lasciare il vano pensiero di Laura,

e

a cercare il cielo.

Che fai? che pensi? che pur dietro guardi

Nel tempo, che tornar non pote omai,
Anima sconsolata? chè pur vai
Giuguendo legne al foco, ove tu ardi?
Le soavi parole, e i dolci sguardi,

Ch' ad un ad un descritti, e dipint' hai,
Son levati da terra; ed è (ben sai)
Qui ricercargli intempestivo, e tardi.
Deh non rinnovellar quel, che n'ancide;
Non seguir più pensier vago fallace,
Ma saldo e certo, ch' a buon fin ne guide.
Cerchiamo'l Ciel, se qui nulla ne piace;
Chè mal per noi quella beltà si vide,
Se viva e morta ne dovea tor pace.

Che pur, perchè tuttavia. Ho posto sempre l'accento sul che, quando vale perchè, affine di distinguerlo dal che pronome relativo Dietro, addietro ·Pote, v. a. puote — Giugnendo, aggiungendo, legne al fuoco, coll'andar rammemorando le bellezze ed i pregi di Ben Son levati da terra, non sono più a questo mondo Intempestivo, fuor di tempo- Non rinnovellar, non rinfre- Vago, incerto Mal, in

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Laura
lo sai
scar la memoria di quello che ci uccide
mal punto, disgraziatamente.

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-

S'alza non poco sopra i mediocri. Non ci osserverai già risalto alcuno; ma ciò non ostante i pensieri son belli; e lo stile naturale e facile dee dilettarti. Gli ultimi due versi a me pajono molto leggiadri. M.

Sonetto grave, ben condotto, scritto con stile conciso, e insieme disinvolto, e che spira da capo a piedi un dolcissimo patetico. Io per me l'ho per uno di quelli ove più domina il bello petrarchesco; non ci trovo alcuna visibile macchia; e quindi inchino a porlo non solo fra' migliori di stile piano, ma ancora presso agli ottimi del P.; e soprattutto lodo col Muratori la bellezza somma de' due ultimi versi. *

SONETTO VI

Si lagua col suo cuore, e l'incolpa d'ogni
suo male,
perchè continua a dar ricetto al pensiero di Lama.

Datemi

atemi pace, o duri miei pensieri:

Non basta ben, ch' Amor, Fortuna, e Morte

Mi fanno guerra intorno, e 'n su le porte,
Senza trovarmi dentro altri guerrieri?

E tu, mio cor, ancor se'
pur, qual eri,
Disleal a me sol; chè fere scorte
Vai ricettando; e sei fatto consorte
De' miei nemici sì pronti e leggieri.
In te i secreti suoi messaggi Amore,

In te spiega Fortuna ogni sua pompa;
E Morte la memoria di quel colpo,
Che l'avanzo di me convien che rompa:

In te i vaghi pensier s'arman d'errore:
Perchè d'ogni mio mal te solo incolpo.

Non basta che Amore ec. mi faccian guerra d'intorno, senza ch'io abbia a trovare anche dentro di me altri nemici? Guerrieri sta qui alla provenzale per nemici, gente che fa guerra. Così l'ha pure usato nel Sonetto XVII della Parte I. Fere scorte, genti dell'inimico: i secreti messaggi d'Amore — Consorte, compagno, complice - Si pronti e leggieri, quali sono i pensieri · In te Amore spiega i se creti suoi messaggi, le memorie, e gl'incitamenti amorosi; in te la nemica Fortuna spiega, ostenta, tutti gli effetti del suo trionfo sopra di me- Di quel colpo, della morte di Laura L'avanzo: perchè la parte migliore di lui morì con Laura — Vaghi, irrequieti, instabili. - D'errore, d'idee e di desiderj vani - Perchè, onde, per la qual

cosa.

-

Poeticamente finge d'esser egli una rocca assediata, che ha nemici di dentro e di fuori; e vagamente rampogna, e accusa di tradimento il proprio cuore, quasi sia fatto compagno de' suoi nemici. E felicemente conduce la presa allegoria, proponendo con forte e gentil maniera ne' quadernarii la sua sventura, e l'accusa contro il cuore; e poi ne' terzetti provandola. M.

Son. ingegnoso assai, che ha dell'estro, del brio, e del nervo. *

SONETTO VII

Cravagliato da suvi sensi cerca acquetarli
col pensiero dell'altra vita.

Occhi miei, oscurato è 'l nostro Sole;

Anzi è salito al Cielo, ed ivi splende:
Ivi 'l vedremo ancor; ivi n'attende;
E di nostro tardar forse li dole.
Orecchie mie, l'angeliche parole

Suonano in parte, ov'è chi meglio intende.
Piè miei, vostra ragion là non si stende,
Ov'è colei, ch' esercitar vi sòle.
Dunque, perchè mi date questa guerra?
Già di perder a voi cagion non fui
Vederla, udirla, e ritrovarla in terra.

Morte biasmate; anzi laudate lui,

Che lega e scioglie, e'n un punto apre e serra;
E dopo 'l pianto sa far lieto altrui.
1

Chi, gli spiriti celesti: meglio di voi e di me Piedi miei, voi non avete facoltà d'andare, dove è colei che vi tiene in esercizio- Già non fui cagione di perdere a voi, occhi, il vederla; a voi, orecchie, l'udirla; a voi, piedi, il ritrovarla. Ma è costrutto, e modo di dire vizioso, per esserci difetto d'articolo:, nè io consiglierei alcuno, dice il Muratori, ad imitar qui il P. perchè egli è ben maestro della lingua nostra, ma non convengono ai discepoli tutte le licenze de' maestri; e qui può temersi ch'egli non abbia potuto dire il vederla ec.,, Lui per colui, cioè Dio Che lega l'anima nel corpo, e la scioglie da esso: e in un punto apre e serra la corporea prigione, accennando così la brevità della vita di Laura Nell'ultimo verso il P. mostra la speranza di riunirsi presto con Laura in cielo. S.

-

Contra sua voglia andava tornando il P. al luogo dove Laura soggiorno in vita, quasi potesse quivi trovarla, vederla, ndirla. Laonde bizzarramente si rivolge agli occhi, agli orecchi e a' piedi suoi per disingannarli, e pregarli che non gli diano più tal noja. Vaghissimo è tutto il primo quadernario. M.

E questo pure ha i suoi distinti pregi: grazia,evidenza, ed affetto. *

1

SONETTO VIII.

suo ristoro

Si lamenta d'aver perduto in Laura l'unico
dei mali della vita, e di non esser morto seco .

Poi che la vista angelica serena,

Per subita partenza in gran dolore
Lasciato ha l'alma, e 'n tenebroso orrore ;
Cerco, parlando, d'allentar mia pena .
Giusto duol certo a lamentar mi mena:
Sassel chi n'è cagion, e sallo Amore;
Ch'altro rimedio non avea 'l mio core
Contra i fastidj, onde la vita è piena.
Quest' un, Morte, m'ha tolto la tua mano:
E tu, che copri, e guardi, ed hai or teco,
Felice terra, quel bel viso umano;
Me dove lasci sconsolato e cieco,

Poscia che 'l dolce, ed amoroso, e piano
Lume degli occhi miei non è più meco?

D'allentar, d'alleviare

Certo, certamente

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Chi n'è cagione, la Morte- Onde di cui—Quest'un, quest'unico rimedio, cioè la vista di Laura · Pieno, modesto, mansueto Lume ec.: traduzione del Lumen oculorum meorum et ipsum non est mecum del Salmista.

Concetti comuni comunemente detti. T.

Agli occhi miei non par componimento tanto comunale come lo pare al Tassoni. Nel secondo quadernario mi piace quell'improvviso dire: Sassel che n'è cagion ec.: e più mi piacciono i quattro primi versi de'ternarii per quelle affettuose apostrofi alla Morte, e alla terra dov'era sepolta Laura . M.

Certo non è gran cosa, ma pur merita lode per la buona condotta, per la facilità, e per l'affetto di che è pieno. *

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