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Con essa, e con Amor in quella piaggia
Sola venisse a stars'ivi una notte;

E'l dì si stesse, e 'l Sol sempre nell'onde!

(SEST. VI. P. I. Non ha tanti animali ec.) Così nel Sonetto 50. (Quando giunse a Simon ec.) Pigmalion, quanto lodar ti dei

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Dell'immagine tua, se mille volte

N'avesti quel, ch'i'sol una vorrei (*).

Questi passi non lascian luogo da supporre quel puro platonico affetto, il quale si pretende, che un giovine virtuoso possa senza biasimo nutrire per la moglie di un altro. Io non prendo ad esaminare, quanto possa una teoria di questa sorta conciliarsi colla rigida morale; e se quella specie di assidua attenzione, quella distinta stima e preferenza, che almeno debbon esser compensate con una simpatia corrispondente, e col rispettare la persona che l'esprime e il dimostra, siano al sacro vincolo dell'amor conjugale considerabilmente meno ingiuriose di un disegno meditato di seduzione, intrapreso per i suoi fini ordinarj. Forse deciderebbe un moralista, che dove l'effetto di ambedue è lo stesso, cioè l'alienazione dell'affetto di una moglie; l'aspetto di virtù e decenza, che si assume nel primo caso, serve solamente ad aggravarne il delitto. Ma è cosa superflua il discutere siffatta questione, dove non può, come abbiamo veduto, essere ammessa la supposizione di platonico amore.

come

(*) È cosa diverte vole l'osservare, come anco questo luogo sia stato stiracchiato per dargli una interpretazione coerente all' amor platouico, che alcuni Comentatori han desiderato di attribuire al nostro Poeta. I piaceri, dicono essi, i quali il Petrarca desidera in questo luogo di godere, erano quegli, dei quali avrebbe potuto gode re, se il ritratto di Laura fosse stato dotato, l'immagine d'avorio di Pigmalione, della parola e dell'intendimento. Confessano però nel tempo stesso, che siccome generalmente si crede i piaceri di Pigmalione essere stati meno puri, così il Poeta ha scelta un' allusione inopportuna; e che il vero e chiaro senso del testo è tutt'altro che platonico.

Siami qui permesso di osservare per incidenza quanto poco debbano aver conosciuto gli scritti del Poeta quegli scrittori, che hanno dubitato in tutto della realtà della sua passione, e sonosi espressi di credere, che la Laura del Petrarca fu solo una finzione che esercitò la sua favorita vena di poesia; allegando, per confermare questa opinione, l'improbabilità della sua supposta costanza verso l'oggetto del suo amore per sì lungo tempo dopo la morte di esso. Abbiamo veduto per le precedenti citazioni, estratte da quei serj e morali componimenti, nei quali egli intende di aprir tutto il suo cuore, che la sua passione per Laura fu la sua predominante sensazione per gran parte della sua vita; nè vi è giusta ragione di sospettare in lui esagerata l'asserzione, con cui dichiara, averla egli amata per ventisei anni dopo la di lei morte. Strettamente parlando, può anco esser vero che la passion d'amore non possa sussistere senza un oggetto o in isperanza o in possesso; ma il Petrarca non parlò in questo come filosofo, ma si espresse come uomo. Dopo che fu abbattuta la violenza del suo dolore, e che si cambiò in tenero rincrescimento, egli enumera e si spazia nelle di lei perfezioni, non co' desiderj ardenti di un amante, ma con un sentimento di forza non inferiore; cioè a dire, la rimembranza di quel che aveva perduto per sempre, ed il paragone tra la felicità passata, e il doloroso opposto del tempo presente. Non è contrario alla natura il dar nome di amore a quel sentimento che si prova per la perdita di una persona adorata mentre era in

vita.

8. Siccome perciò abbiamo ogni motivo di credere, che l'amore del Petrarca per Laura era una reale, onorevole e virtuosa passione, così pure le opere del Poeta fanno bastante testimonianza, ch'egli desiderò ardentemente di essere unito a Laura in matrimonio, e trovossi anche vicino a divenire a tal segno felice:

Amor con quanto sforzo oggi mi vinci !

la speme,

E, se non ch'al desio cresce
I' cadrei morto, ove più viver bramo.
(SON. 56. P. I.)

Amor mi manda quel dolce pensiero,

Che secretario antico è fra noi due;

E mi conforta, e dice, che non fue

Mai, com'or, presto a quel, ch'i' bramo e spero. (SON. 115. P. I. ) (*)

Già incominciava a prender securtade

La mia cara nemica a poco a poco
De' suoi sospetti; e rivolgeva in gioco
Mie pene acerbe sua dolce onestade:
Presso era il tempo, dove Amor si scontra
Con Castitate; ed agli amanti è dato
Sedersi insieme, e dir che lor incontra.

(SON. 47 P. II. Tutta la mia fiorita ec.)
Tempo era omai di trovar pace o tregual
Di tanta guerra, ed erane in via forse.
(SON. 48. P. II. )

Tranquillo porto avea mostrato Amore
Alla mia lunga e torbida tempesta ...
Già traluceva a' begli occhi 'l mio core,
E l'alta fede non più lor molesta.

Ahi Morte ria, come a schiantar se' presta
Il frutto di molt' anni in sì poche ore!

(SON. 49. P. II. )

(*) Lo stesso Abate di Sade confessa che questo Sonetto lo imbarazza. Egli non può nè accordare che il Petrarca amasse Laura con impuro peccaminoso amore, nè ch' egli desiderasse di ottenerla in matrimonio; e poichè la sua ipotesi si oppone a queste due supposizioni, egli si riduce ad un terribil dilemma, ed è forzato di venire a questa conclusione, cioè, » Que les amans ne savent ni ce qu'ils veulent, ni ce qu'ils disent . » ( Mém. de Pet. T. 2. p. 280.)

A queste autorità ricavate dal Canzoniere del Petrarca si può aggiungere, per modo di supplemento, l'aneddoto che prevaleva al suo tempo, o almeno tra' primi scrittori che in qualunque maniera parlarono della vita del Poeta, cioè che il Papa, il quale teneva il Petrarca in grandissima stima, e che gli aveva conferiti varj e ricchi benefizj ecclesiastici, era molto ansioso di vederlo unito a Laura in matrimonio, ed in tal caso gli offrì di dargli una dispensa a fine di ritenere i suoi benefizj. Se tal fatto è vero, il Papa, di cui qui si parla, bisogna che sia stato Clemente VI, perchè è il solo Pontefice contemporaneo al Petrarca, a cui l'aneddoto si possa applicare. Il Cardinal Fleury nella sua Storia Ecclesiastica fa un manifesto sbaglio nell'attribuire questa proposizione a Benedetto XII predecessore di Clemente; perchè il Petrarca non fu debitore di alcun favore a questo Pontefice, il quale egli satireggiò in varj luoghi de' suoi scritti, come un uomo di barbara natura, vile e sordido, e la cui crassa ignoranza degradava l'alto posto ch'egli occupava. Questo aneddoto è menzionato dallo Squarciafico; come lo è altresì da uno dei più antichi Editori del Petrarca nella Prefazione all'edizion di Verona del 1473, benchè questo secondo Scrittore chiami per isbaglio questo Pontefice Urbano V, il quale non occupò la sede papale che qualche anno dopo la morte di Laura, Peraltro questa incertezza a riguardo della persona non è sufficiente a screditare il fatto, che il Papa cioè, chiunque egli fosse, abbia per amor del Petrarca desiderato di vederlo unito coll'oggetto del suo amore.

Lo stato chericale del Petrarca non devesi considerare come obbiezione al supposto, ch'egli ardentemente desiderasse di essere unito a Laura in matrimonio. Quantunque egli fosse in possesso di benefizj ecclesiastici, non ne aveva però accettato alcuno che ingiugnesse cura d'animne, nè aveva mai presi gli ordini sacri. Era stato frequen

XCVI

RIFLESSIONI SOPRA M. LAURA

temente sollecitato, e con premura, ad accettare un vescovado; ma egli ricusò costantemente, o fosse persuasione dei suoi demeriti bilanciati con le qualità che giudicò richiedersi per quel sacro carattere, o più probabilmente (come egli stesso ne dà veramente indizio ) fosse ciò per desiderio di conservare la sua libertà, e proseguire senza ritegno quel tenore di vita ch'egli trovò più coufacente alle sue naturali inclinazioni. È probabile perciò, che le sue mire in riguardo di Laura avessero influenza sopra questa sua determinazione; poichè in tal guisa egli era sempre in libertà, mediante solo il sagrifizio di qualche tenue emolumento, di cangiare il suo stato ogni volta che potesse giudicar proprio di farlo. Comunissimi erano a quel tempo gli esempi di questa fatta; e l'aneddoto sopraccitato è una prova, che i Pontefici avean per uso di dispensare dalla rinunzia dei benefizj i loro favoriti in simili casi.

Ma di qualunque peso vogliamo considerare quest' aneddoto, esso serve totalmente al nostro proposito, se, mentre da una parte abbiamo dimostrato, non esservi la menoma solidità in tutta quella elaborata fabbrica di argomentazione, ch'è stata eretta per provare che Laura era una donna maritata, abbiamo dimostrato dall'altra col tenore universale degli scritti del Petrarca, sola testimonianza inerente al soggetto, che il suo affetto per Laura era una fiamma onorevole e virtuosa. La riflessione del Signor de la Bastie sopra il soggetto medesimo è egualmente bella e come sentimento morale, e come osservazione giusta sopra la natura umana: » Il n'y a que la vertu seule qui soit capable de faire des impressions que la mort n'efface pas ».

FINE DELLE RIFLESSIONI SOPRA M. LAURA

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