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Miei pensieri la sera, turbamento allora e vista della campagna e sole tramontante e città indorata ecc. e valle sottoposta con case e filari ecc. ecc. Mio innalzamento d'animo, elettrizzamento, furore, e cose notate ne' Pensieri in quei giorni, e come conobbi che l'amore mi avrebbe proprio eroificato e fatto capace di tutto, e anche di uccidermi....

Riveduta la Brini senza sapere, ed avendomi anche salutato dolcemente (o ch'io me lo figurai), ben mi parve un bel viso, e perciò, come soglio, domandai chi era (che m'era passata alquanto lontano), e saputolo, pensa com'io réstassi; e più nel rivederla poco dopo a caso nello stesso passeggio: dico a caso, perchè io stava sulle spine per lasciare quella compagnia e zio Ettore che poi mi trattenne, affine di andare in luogo dove potessi rincontrarla; ma invano, finchè tornandomi, lasciata troppo tardi la compagnia e senza speranza, la rividi pure all'improvviso. Sogno di quella notte e mio vero paradiso in parlar con lei ed esserne interrogato e ascoltato con viso ridente, e poi domandarle io la mano a baciare, ed ella torcendo non so di che filo, porgermela, guardandomi con aria semplicissima e candidissima; e io baciarla senza ardire di toccarla con tale diletto ch'io allora solo in sogno per la primissima volta provai che cosa sia questa sorta di consolazioni, con tal verità che, svegliatomi subito e riscosso pienamente, vidi che il piacere era stato appunto qual sarebbe reale e vivo, e restai attonito e conobbi come sia vero che tutta l'anima si possa trasfondere in un bacio e perder di vista tutto il mondo, come allora proprio mi parve; e svegliato, errai un pezzo con questo pensiero, e sonnacchiando e risvegliandomi a ogni momento, rivedevo sempre l'istessa donna in mille forme, ma sempre viva e vera ecc. In somma il sogno mio fu tale e con sì vero diletto, ch'io potea proprio dire col Petrarca: « In tante parti e sì bella la veggio Che se l'error durasse altro non chieggio ». 1

Non manca neppure il diretto rimando al Petrarca! Di codeste sue prime impressioni il poeta si ricorderà ancora quando, sotto le sembianze del romantico Consalvo, anelerà tuttavia a quel bacio, in cui possa « trasfondere tutta l'anima, e perder di vista tutto il mondo »> »; e tuttavia invano!

1 Scritti vari inediti, pag. 285 e 287.

III.

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Composizione dei canti « A Silvia << Il Risorgimento » « Le Ricordanze », « Alla Sua Donna ».

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La Teresa nei Ri

« Alla sua donna »,

e la nota che vi appose il poeta.

A Silvia, la perfettissima tra le impeccabili poesie del Leopardi, fu composta a Pisa, il 19-20 aprile 1828; Le Ricordanze, dov'è il tenero ricordo di Nerina, furon composte a Recanati, dal 26 agosto al 12 settembre 1829. La canzone Alla sua donna è più antica, del settembre 1823.

Il 19 gennaio 1828, Giacomo annotava nello Zibaldone (VII, 248): « La privazione di ogni speranza, succeduta al mio primo ingresso nel mondo, a poco a poco fu causa di spegnere in me quasi ogni desiderio. Ora, per le circostanze mutate, risorta la speranza, io mi trovo nella strana situazione di aver molta più speranza che desiderio, e più speranze che desiderii ecc. ». E il 2 maggio, scriveva alla sorella: « Dopo due anni ho fatto dei versi quest' aprile, ma versi veramente all'antica, e con quel mio cuore d'una volta ». E il 12 giugno, a proposito d'una disegnata ristampa maceratese delle sue poesie, partecipava al Brighenti : « Due nuove canzoni aumenterebbero questa ristampa ». L'una era l'A Silvia, l'altra Il Risorgimento, composta anch'essa a Pisa, tra il 7 e il 13 aprile 1828.

« Molto più romanzeschi che veri gli amori di Nerina e di Silvia», ebbe a dichiarare il fratello Carlo; « amori, se tali potessero dirsi, lontani e prigionieri »'. In alcuni appunti autobiografici, Giacomo notava della Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere morta nel fiore degli anni.

Il Ranieri, scrivendo del suo grande amico alla principessa Giulia Bonaparte, il 5 dicembre 1880, le narrava: « I suoi amori erano quasi tutti unilaterali ed inavvertiti dalla persona amata; essi ne divenivano tanto più intensi ed ardenti ».

Gennaio del 1817, e lettura dell'Alamanni e del Monti nell'aspettazione della morte e nella vista di un bellissimo tempo di primavera passeggiando: nel finire di un di questi passeggi, grida delle figlie del cocchiere per la madre sul mettermi a tavola.

Mio spasimo, letto il Cimitero della Maddalena.

Odi anacreontiche composte da me alla ringhiera, sentendo i carri andanti al magazzino, e cenare allegramente dal cocchiere intanto che la figlia stava male. Storia di Teresa da me poco conosciuta, e interesse ch'io ne prendeva, come di tutti i morti giovani, in quello aspettar la morte per me.

Canto mattutino di donna allo svegliarmi, canto delle figlie del cocchiere, e in particolare di Teresa, mentre ch'io leggeva il Cimitero della Maddalena.

Teresa si afflisse pel caso della sorella carcerata e condannata di furto. Non era avvezza al delitto nè all'obbrobrio ecc., ed era toccata dalla confusione della rea, cosa orrenda per un'innocente. Suo bagno cagione del male. Suo pianto, ch'ella, interrogata, non sapea renderne ragione ecc., ma era chiaro che una giovanetta ecc., morire ecc. Come alcuni godono della loro fama ancora vivente, così ella per la lunghezza del suo male sperimentò la consolazione dei genitori ecc. circa la sua morte e la dimenticanza di sè e l'indifferenza ai suoi mali ecc. Non ebbe neppure il bene di morire tranquillamente, ma straziata da fieri dolori, la poverina.

Ecco dunque il fine di tutte le mie speranze, de' miei voti e degl'infiniti miei desideri (dice Werter moribondo, e ti può servire pel fine). Si suol dire che in natura non si fa niente per salto ecc., e nondimeno l'innamorarsi se non è per salto, è almeno rapidissimo e impercettibile. Voi avrete veduto quello stesso oggetto per molto tempo forse con piacere ma indifferentemente ecc.; all'improvviso vi diventa tenero e sacro ecc., non ci potete più pensare senza ecc., come un membro divenuto dolente all'improvviso per un colpo o altro accidente, che non vi si può più tastare ecc.

Vedeva i suoi parenti ecc. consolati anticipatamente della sua morte, e spento il dolore che da principio ecc.; ministrarle indifferentemente, e considerarla ecc. freddamente fra i dolori ecc.. parlarle ecc.

Così mi duole veder morire un giovine, come segare una messe verde verde, o sbatter giù da un albero i pomi bianchi ed acerbi.

Io era malinconichissimo, e mi posi a una finestra che metteva sulla piazzetta ecc..... Intanto la figlia del cocchiere ecc., alzandosi da cena e affacciatasi alla finestra per lavare un piattello, nel tornare dice a quei dentro Stanotte piove da vero. Se vedeste che tempo! Nero come un cappello -; e poco dopo sparire il lume di quella finestra ecc.... (12 maggio 1819). 1

E delle giovinette in generale egli scriveva nello Zibaldone (VII, 257-58):

1 Scritti vari inediti, pp. 274, 275, 278, 279, 280, 281, 283, 284.

Una giovane dai sedici ai diciotto anni ha nel suo viso, ne' suoi moti, nelle sue voci, salti ecc., un non so che di divino, che niente può agguagliare. Qualunque sia il suo carattere, il suo gusto, allegra o malinconica, capricciosa o grave, vivace o modesta; quel fiore purissimo, intatto, freschissimo di gioventù, quella speranza vergine, incolume che gli si legge nel viso e negli atti, o che voi nel guardarla concepite in lei e per lei; quell'aria d'innocenza, d'ignoranza completa del male, delle sventure, de' patimenti; quel fiore insomma, quel primissimo fior della vita: tutte queste cose, anche senza innamorarvi, anche senza interessarvi, fanno in voi un'impressione così viva, così profonda, così ineffabile, che voi non vi saziate di guardar quel viso; ed io non conosco cosa che più di questa sia capace di elevarci l'anima, di trasportarci in un altro mondo, di darci un'idea d'angeli, di paradiso, di divinità, di felicità. Tutto questo, ripeto, senza innamorarci, cioè senza muoverci desiderio di posseder quell'oggetto. La stessa divinità che noi vi scorgiamo, ce ne rende in certo modo alieni, ce lo fa riguardar come di una sfera diversa e superiore alla nostra, a cui non possiamo aspirare..... Del resto, se a quel che ho detto, nel vedere e contemplare una giovane di sedici o diciotto anni, si aggiunga il pensiero dei patimenti che l'aspettano, delle sventure che vanno ad oscurare e a spegner ben tosto quella pura gioia, della vanità di quelle care speranze, della indicibile fugacità di quel fiore, di quello stato, di quelle bellezze; si aggiunga il ritorno sopra noi medesimi, e quindi un sentimento di compassione per quell'angelo di felicità, per noi medesimi, per la sorte umana, per la vita (tutte cose che non possono mancare di venire alla mente), ne segue un affetto il più vago e il più sublime che possa immaginarsi. (Firenze, 30 giugno 1828).

Nerina e Silvia, disse già da par suo il De Sanctis ', « sono il tipo più accentuato delle donne sparenti. La loro vita è un sogno, un fantasma indefinito e muto, fuggente, fluttuante. I nostri antichi rappresentavano la donna anche così, considerando la vita come il velo o l'apparenza del divino o dell'angelico, come il raggio tremulo e sparente della vita eterna e fissa. Scorporavano, idealizzavano la vita, cercavano nell'umano il divino. Innanzi a Leopardi non c'è che l'umano e il naturale. La sua donna si compiace delle lodi, ragiona d'amore con le compagne, parla all'amante dalla finestra, si adorna a festa, ha sul seno il fiore, pensiero dell'amante. E non è perciò men bella e men pura e meno ideale. È un ideale umano che nasce dalla morte e dall'amore, i due grandi motivi di ogni poesia. La morte imprime sulla faccia di Silvia quel

1 Nuovi saggi critici, pag. 508 ss.

carattere muto e sparente che rende tutta la sua vita fuggevole, incorporea. L'amore empie di luce i sepolcri e vi risuscita i morti. Ciò che nei nostri antichi era effetto di fede, era realtà, qui è effetto dell'immaginazione poetica, consapevole di essere immaginazione. La vita è un'immaginazione; la realtà è il morire. L'idealismo antico aveva a fondamento la realtà dell'altro mondo. L'idealismo di Leopardi è una creazione del suo spirito; la sua donna è lui, è il suo riflesso, perchè la vita fu per lui un fantasma. Questi fantasmi bisogna guardarli di lontano. Se troppo vi avvicinate, li violate. Voi disputate se Nerina era figlia di un cocchiere o di un cappellaio. Ohimè! mi avete uccisa Nerina. La verità è che Leopardi rimaneva come incantato innanzi a ciascuna donna, perchè vedeva in ciascuna non questa o quella, ma la donna, anzi la donna sua..... Il sentimento reale della donna lo ha colui che, uscito dalla prima immaginazione giovanile e acquistata potenza di affetto, ama la tale donna: questo è amore, questo è il sentimento della donna. Leopardi poetizzava la donna, la trasformava, la faceva una sola creatura, e questa creatura della sua immaginazione gli fuggiva innanzi come un fantasma, come gli fuggiva la vita >>

Quanto alla canzone Alla sua donna, il Leopardi medesimo, nel Preambolo alla ristampa delle Annotazioni alle dieci canzoni stampate in Bologna nel 1824, pubblicate nel « Nuovo Ricoglitore » del 1825, avvertiva:

La donna, cioè l'innamorata, dell'autore, è una di quelle immagini, uno di que' fantasmi di bellezza e virtù celeste e ineffabile, che ci occorrono spesso alla fantasia, nel sonno e nella veglia, quando siamo poco più che fanciulli, e poi qualche rara volta nel sonno, o in una quasi alienazione di mente, quando siamo giovani. Infine è la donna che non si trova. L'autore non sa se la sua donna (e così chiamandola, mostra di non amare altra che questa) sia mai nata finora, o debba mai nascere: sa che ora non vive in terra, e che noi non siamo suoi contemporanei; la cerca tra le idee di Platone, la cerca nella luna, nei pianeti del sistema solare, in quei de' sistemi delle stelle. Se questa Canzone si vorrà chiamare amorosa, sarà pur certo che questo tale amore non può nè dare nè patir gelosia, perchè fuor dell'autore, nessun amante terreno vorrà far all' amore col telescopio.

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