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magine. E per farci capire che la sua donna era la sua mente, dice che la donna dormiva, perchè egli stesso dormiva; Amore desta la donna, ed ei si desta dalla visione. Nel Convito ei c'informa che i sogni da lui avuti nella Vita Nuova, erano sogni fatti per ingegno: e'l suo compagno d'esilio, Lapo Saltarelli, scrisse,

Così m'ha travagliato accorta cosa,
Cioè Amore, che a vegliar dormendo
Mi face straniar ov' io son conto,

Che spesse volte chiamo Fior la Rosa.

E l'arte segreta insegna che i proseliti della setta dormono vegliando, e vegliano dormendo. Dopo quel sogno fatto per ingegno, Dante si destò, e scrisse un sonetto enigmatico, ch'ei mandò a tutt'i fedeli d'Amore per farselo interpretare. E ciascun di quelli in fatti rispose con altro sonetto, per dirne quel che ne pensava, e fra gli altri Guido Cavalcanti.

Se fossi stato io uno di coloro, gli avrei risposto così: Messere, scrivi prima il sogno con que'tre oggetti che immaginasti, e poi l'innamoramento che arzigogolasti, quando que'tre spiriti parlarono dentro te; e questi spiegheranno quelli. Ma voglio darti un consiglio. Lascia queste scimierie almanaccate da Manete, dopo che già da tre secoli e più la nostra religione trovavasi stabilmente fondata sopra un santo dogma di realità, oh quanto diverso da quella teologia di fantasmi, in cui il Persiano era sì consumato! Misero te se fossi capito! Vedi là que' Riverendi intorno a quel rogo, ve' come agitano i tizzoni accesi per appiccarvi la fiamma! Que' frati han tutt'altro che amor fraterno, e ne han già bruciati vivi migliaia di migliaia. A che servono queste fantasticaggini? esse son soffj d'aura impotente incontro alla pietra inconcussa su cui è fondata la Chiesa di Cristo. Furberie inventate tre secoli dopo posson mai cangiar l'essenza d'una dottrina rivelata tre secoli prima› E da chi rivelata? Da chi non può ingannarsi, e non poteva ingannarci. Voglio anche credere che le idee della tua scuola, di tanto omai allontanata da quella di Manete, non sien triste, se si appoggiano alla similitudine che vi è tra la fattura e'l fat

tore*; voglio anche credere che zelo di desiderabil riforma ti ponga in tanto repentaglio; ma questa appunto è quella che Roma non vuole: ella teme perdere il suo potere, e il suo timor più che vigilante si cangia in crudeltà più che ferina. Compiango quel povero Cecco d'Ascoli con cui carteggi!

Or riflettiamo: Dante di nove anni vede Beatrice di nove anni, e sente in due camere e in una parte, che sono dentro a lui, parlare tre spiriti; scorsi altri nove anni, la rivede la seconda volta, ed è da lei salutato, alla nona ora del giorno; dopo ciò egli ha un sogno bislacco, e scrive un sonetto per mandarlo ai più famosi poeti e letterati di Toscana e farsi spiegare il significato di quella stravaganza! E chi fa cio? Un giovanotto di diciotto anni! E tutti que' letterati anziani que'letterati con altrettanti sonetti gli rispondono seriamente, per dirgli che quel sogno chiudeva un gran significato! Qual concerto di cose è mai questo! Udiamone alquante parole. "Quasi al principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi al fine del mio anno nono." Qui parlan latino que'tre spiriti nelle due camere e nella parte che son in lui. "Poichè furono passati tanti dì che appunto eran compiuti li nove anni appresso l'apparimento soprascritto, nell'ultimo di questi dì (che compivano i secondi nove anni precisi) avvenne che questa mirabil donna apparve a me-mi salutò virtuosa mente, tanto ch' egli mi parve allora vedere tutt'i termini della beatitudine: l'ora che il suo dolcissimo salutare mi giunse era fermamente nona di quel giorno." Qui ha quella visione e la narra. Appare manifestamente che l'ora della visione fu la prima ora delle nove ultime della notte. Pensando a ciò che m'era apparito, proposi di farlo sentire a molti li quali erano famosi trovatori in quel tempo; e conciofossecosachè io avessi già veduto per me l'arte del dire parole per rima, proposi di fare un sonetto, nel quale io salutassi gli fedeli d'Amore, pregandogli che giudicassero la mia visione." Segue il sonetto;

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*Vedremo che la dottrina di Dante in ultimo analisi è questa; ed ei chiaramente lo dice nell' esprimere che cosa figura Beatrice per similitudine, dico, son le sue proprie parole.

"A ciascun ALMA presa e gentil CORE,
Nel cui cospetto viene il dir presente,
In ciò che mi riscrivan suo parvente,
Salute in lor Signor, cioè Amore."

Fece benissimo Dante a scrivere questo suo sonetto (il primo da lui fatto in Vita Nuova) appunto dopo que' nove anni. Prima di nove anni non bisognava cantar d'Amore; così la pensava anche il Notar da Lentino, fedele d'Amore in tempo di Federico.

Amor non vuol ch' io clami
Mercè, com'uomo ch'ama;
Nè ch'io m'avanti ch' ami,
Ch'ogni uom s'avanta ch'ama.
Chè lo servir ch'ogni uomo
Sape far non ha nomo,
E non è pregio laudare

Quel che sape ciascuno.

Perciò l'Amor m'insigna (insegna)

Ch'io non guardi all' altra gente,

Non vuol ch'io rassembri a scigna (scimia)

Ch'a ogni viso tene mente.

Perciò, donna mia,

A voi non dimanderia

Mercè nè pietanza;

Chè tanti son gli amadori

Ch'esta sorte di favori

Meno è pro' per troppa usanza.-
Perchè paiano gioie vere
In nulla parte sien trovate,
Nè dagli amatori chiamate,
Infin che compia anni nove.
Senza mercè, potete
Saver, bella, lo meo disio,
Chè assai meglio mi vedete

Ch' eo medesmo non mi vio.

Cioè, "O bella, senza ch'io chieda mercè, potete sapere il mio desio; chè mi vedete assai meglio ch'io medesimo non mi vedo:" sentimento espresse da Dante varie volte riguardo alla donna sua, sentimento verissimo, perchè quella donna altro non era che la sua mente. Ma siccome la fingevano o nel regno degli spiriti (onde nacquero le tante donne morte prima

degli amanti, e salite al terzo cielo), o da lor lontana (onde nacquero i tanti lamenti per l'assenza dell'amata*), così facean vista di parlare ad una donna, mentre parlavano alla mente loro. Questo medesimo Jacopo da Lentino a colei che lo vedeva meglio ch'ei non vedea sè stesso, e che già era lungi da lui, dice nel componimento che tosto segue:

La rimembranza

Di voi, aulente Rosa,

Gli occhi m' arrosa (mi bagna)
D'un'acqua d'amore.

O potess' eo,

Amore meo,

Come Romeo (pellegrino)

Venire ascoso.

Ben mi par morte

Non veder, Fiore,

Vostro valore

Che adorna e invia

Donne e donzelle.
L'avvisatore

Di voi, donna mia,
Son gli occhi belli.
Pensa tu, o Core,
Quando vi vedia
Con gio' novelle.

Oi tu, meo Core,
Perchè non ti muore?
Rispondi che fai?

Perchè duoli così?

Non ti rispondo †,

Ma ben ti confondo,

Se tosto non vai

Là 've vuoi con mi.-
Così, bella, si favella

Lo mio Cor con meco,
Di null' altra persona
Non mi ragiona.

* Non vi è quasi rimatore, fra questi primitivi amanti platonici, che non abbia un piagnisteo per la lontananza dell'amata donna.

Il core è quello che ciò risponde.

Chè s' io viglio (veglio)

O sonno piglio

Lo mio Core non insonna:

Sonno schietto sì m' ha stretto

Pur di voi, Madonna.

Dottrina e Benvolenza (Amore)
Mi dona conoscenza

Di servire a piacenza

Quella che più m'agenza (piace).—
Tal è lo mio coraggio (core, segreto)
Ch'altre parole non vuole,

Ma duole delli parlamenti
Delle genti;

Ed aggio veduta

Per lasciare

La mia tenuta

Dello mio dolce pensare,

Sì como noi che somo (siamo)

D'uno Cor dui,

Ed or piùi (cioè tre)

Che ancora non fui.

Dante, dopo aver riferita quella sua prima visione avuta per ingegno in Vita Nuova, e dopo averla descritta nel sonetto ch'ei mandò ai fedeli d'Amore, o sia

A ciascun Alma presa e gentil Core,

soggiunge: "Il verace giudicio di detto sonetto non fu veduto allora per alcuno." Ciò dice chiaro che quella era una figura significativa, e non già una visione vera; ma di sì difficile congegnamento che non si trovò Edipo per quella Sfinge! Dopo ciò ei segue a indicare che non solo nascose il vero oggetto della sua mira, ma fè credere esser uno in vece di un altro ; ossia che la sua visuale intellettiva mirava ad un bersaglio ben diverso da quello a cui fingeva dirigerla. Udiamone le parole.

"Molti, pieni d'invidia, già si procacciavano di saper di me quello ch'io volea del tutto celare ad altri. Ed io, accorgendomi del malvagio addomandare che mi facevano, per la volontà d'Amore il quale mi comandava secondo il consiglio della Ragione*, rispondeva loro che Amore era quegli che m'avea

* Ha dichiarato che Anima e Ragione son sinonimi.

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