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Quanto per grazia di conoscimento,
E dell' Amor di sè è sentimento:
E ciò fa l'Alma di virtù fiorita.
Chi ha fioriť' Alma di quel Fior desia,
L'intimo Disio 'ndia (india);

E nel savorar d' esta conoscenza,
Onor, Valor, Amore e quanto dia*,
Tutto intero là fia;

Ed ogni, in quel saver, fia Sapienza.
Ella (la Sapienza) ha sì gran potenza
Che può ben solo interamente fare
Del suo piacer; ne si potria contare:
Dio lo sa sol, cui è in sè ciausita (scelta).
Se sur l'altezza dir che non si puòe,
Il dir sovra va soe (va su)

Di chi 'l può dica dire el sur possale † ;

Chè Dio, per l'amor suo che in essa foe (fu),
Uom sè simil crede,

E di Dio Uom, e d' Uom Dio fece eguale;

E s' amar tanto vale,

Che fè il Creator sè creatura,

E fè umana amorosa natura ‡,

Dio dà a lei del suo onor laude infinita.

Da quella conoscenza vertuosa,

Che tanto è valorosa

Che d'Amore ciausì la deitate §,
Falla cortese Cortesia graziosa ||,
La qual essa (la Cortesia) amorosa
Face, sè dimostrando in sua clartate.
Con tanta puritate

Fu l'allegrezza di quello splendore,
Ch'ogni Disio sovabbondò d'Amore;

E dir più non si può: tanto è su gita ¶.

Amore, e quanto Amor dia, o possa dare.

Non so che si voglia dire, nè qui nè in qualche altro luogo. Il testo n'è sì scorretto che non sempre mi è riuscito raddrizzarlo. Chi vuol veder come giace lo troverà nel vol. ii. delle Rime Antiche del Primo Secolo, p. 370.

Torna all'idea con cui cominciò la Ballata.

§ Che la deitate d'Amore ciausì, scelse.

#Del Sire della Cortesia, o uso di Corte, parla Dante nella Vita Nuova. [ "That we to work may go in time,

And up the sacred ladder clime.....

Three principal steps in our ladder there be,

A mystery to all but those that are free." (Ahiman Rezon.)

Tanto è su gita nella scala misteriosa, che dir più non si può. Dante espresse quest'alto punto della scienza d'Amore non solo nel settimo pianeta del suo Paradiso, ma anche al principio di una sua canzone, che altri sognò fatta per Madonna Pietra.

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L'uomo fornito della parte incorruttibile ed immortale, non che della mortale e corruttibile, è dal poeta rassomigliato all' orizzonte, il quale in sè collega e separa insieme l'emisperio superiore e l'inferiore. Gli antichi mitologi figuravano ciò in Pan quasi bipartito, con parte inferiore o terrestre, e superiore o celeste; e l' adombravano ancora nel segno de' Gemelli, uno de'quali è visibile su, l'altro giù invisibile; onde favoleggiarono che l'uno de' Dioscuri è nel Cielo e l'altro nell'Averno, con alterna vicenda perpetua. Appena il poeta ha nel settimo cielo (che risponde al settimo grado) trascesa la scala che là vede, ecco che trovasi appunto nel segno de' Gemelli, i quali presedettero (com' ei dice) alla sua nascita, cioè a quella in vita nuova*, nella quale ei si concepiva essere su e giù; onde scriveva: Homo solus, in entibus, tenet medium corruptibilium et incorruptibilium, propter quod recte a philosophis assimilatur horizonti, qui est medium duorum hemisphæriorum.-Si ergo homo medium est quoddam corruptibilium et incorruptibilium, cum omne medium sapiat naturam extremorum, necesse est hominem sapere utramque naturam†." "Ils exprimaient l'opposition entre la lumière et les tenèbres: il fallut que l'un d'eux [de' Gemelli] fût caché sous la terre, tandis que l'autre brillait dans le ciel :" scrive Beniamino Constant di que' Dioscuri, nati dai mistici Cabiri, “qui désignent dans la langue des prêtres payens les deux grandes forces opposées, la terre et le ciel, le corps et l'âme, la matière inerte et l'intelligence vivifiante: ils étaient tantôt hermaphrodites, et tantôt chacun d'un sexe différent :" tali eran Dante e Beatrice.

* Ecco su qual fondamento i biografi fecer nascer Dante nel mese di Maggio! e sul fondamento medesimo Boccaccio lo fece innamorare nel mese stesso; volendo dire in quel gergo che, appena nato in vita nuova, la parte inferiore di lui vide la parte superiore, la donna della mente.

De Monarchia, verso la fine.

De la Réligion, etc. vol. ii. p. 432.

Poichè il proselito ha già varcato il settimo grado, detto settimo cielo (Saturno), e che dalla scala sormontata passa al segno de' Gemini (ove precisamente si trovò Dante con Beatrice nel passar dal settimo all'ottavo cielo) dà un'occhiata a tutt' i gradi che ha scorsi (come appunto Dante dice aver là fatto); e li vede naturalmente più chiari, eccetto la stella di Amore, o Venere, che per una significazione occulta pare velata*. Or ecco come il poeta comincia la sua canzone a quella che fu detta Madonna Pietra; e ricordiamoci che il suo cielo è da lui offerto in forma d' una gran ruota.

Io son venuto al punto della ruota

Che l'orizzonte, quando il sol si corca,

Ci partorisce il geminato cielo †.

E la stella d'Amor ci sta remota

Per lo raggio lucente che la inforca,

Sì di traverso che le sì fa velo;

E quel pianeta che conforta il gelo (Saturno)

Si mostra tutto a noi per lo grand'arco
Nel qual ciascun de' sette fa poc' ombra;

E però non disgombra

Un sol pensier d'Amore, ond' io son carco,
La Mente mia ch'è più dura che pietra

In tener forte immagine di Pietra ‡.

* E perciò Dante fà lì sparire Beatrice dagli occhi suoi, la quale ha seggio appunto nel terzo circolo. Vedi il rito qui accennato nel più volte citato Light on Masonry, e propriamente nel grado di Kadosh, dove vedrai che il proselito ascende la scala, riconsidera tutt' i gradi precedenti, ecc.; e così Dante, pervenuto al segno de' Gemelli, scrive:

"Col viso ritornai per tutte e quante

Le sette sfere." (Parad. xxii.)

+ L'orizzonte personificato in Leda dai mitologi partorì il geminato cielo, cioè i Gemini, superiore ed inferiore. Chiederemo a chi sta alla lettera, che significa esser Dante venuto al punto della ruota in cui "l'orizzonte ci partorisce il geminato cielo"? Solve et eris mihi magnus Apollo.

Questa magistral canzone pare scritta dal poeta in età ben matura; e pure ei segue a presentarci in essa la sua donna di picciol tempo, e pargoletta, quasi che ella non si fosse mai mossa da nove anni. Ei vi adombra un'epoca assai critica all'Amore: augelli che fuggono, altri che lascian di cantare, o cantan guai; animali sciolti da Amore, e gelo universale, come quello ch'ei dipinse in fondo all' Inferno, prodotto dall'aura maligna che spande colle ali "l'Imperador del doloroso regno." Indica anche il suo

Qual talismano era mai questo gergo! Chi ne ignorava il valor convenzionale credea leggere erotiche lezie e delie venustà; e chi lo conosceva potea distinguere finanche il grado a cui lo scrittore era pervenuto. Ora può vedersi, una volta di più, perchè Roma l' avesse a morte con chi professava astrologia e trattava delle stelle e de' loro influssi; e perchè perseguitasse quella setta di mistici che confondevano l'Amore con la Religione; e perchè tanti e tanti uomini gravissimi, e filosofi e teologi e poeti e giureconsulti e medici e letterati d'ogni guisa, e signori d' ogni fatta, delirassero tutta la lor vita per questo Amor-latria o Amor Platonico, o Amore qualunque ei sia. Che qualche persona di annosa età, e fin di vita scientifica, e di gran mente e gran cuore, soggiaccia talvolta a irresistibil forza d'Amore (come noi l'intendiamo), ciò si concepisce; ma che per parecchi secoli successivi, e in quasi tutt'i paesi d'Europa, personaggi dottissimi, ben sovente canuti, non di rado ecclesiastici, sieno stati presi da simil morbo morale, questo ha dell' incredibile più che del ridicolo, a meno che non si dimostri essere l'Amore stato a que' dì una specie di colera morbus, o di febbre

uscir dall'Abisso, per quel cammin sotterraneo ove scorre un rivo che scende da vena superiore, e che va a perdersi in quel lago, per freddura gelato, "ch'aveva di vetro e non d'acqua sembiante." Eccone alcuni versi.

"Versan le vene le fumifer' acque

Per li vapor che la terra ha nel ventre,

Che d'Abisso gli tira suso in alto,

Onde il cammino al bel giorno mi piacque,

Che ora è fatto rivo (il cammino), e sarà, mentre

Che durerà del verno il grande assalto:
La terra fa un suol che par di smalto,
E l'acqua morta si converte in vetro
Per la freddura che di fuor la serra:
Ed io della mia guerra

Non son però tornato un passo indietro,
Nè tornerò; chè se il martiro è dolce,
La morte dee passare ogni altro dolce.
Canzone, or che sarà di me nell' altro

Dolce tempo novello, quando piove
Amore in terra da tutti li cieli,
Quando per questi geli

Amore è solo in me, e non altrove?"

gialla. E sia pur tale; ma che tanti ne facessero sì vana pompa agli occhi del mondo, che in un linguaggio sì misterioso e bislacco ne schiccherassero chi canzoni, chi ballate, chi sonetti, chi tutte queste cose; e con dozzine e dozzine di effervescenze ed estasi, cantando la vita e la morte delle loro donne per anni ed anni, volessero esporsi così volontariamente agli scherni altrui, oh questo poi eccede ogni umana credenza.

E come non vi fu alcuno che a quel nostro vate soavissimo, il quale dopo aver, anni ventuno ardendo*, sempre d'Amor cantato, seguì pure a cantarlo per tutta la lunga vecchiezza, finchè, come cigno, cantando cantando morì; a lui che il più ammirato sapiente dell'età sua, coperto di chiesastico paludamento continuava sempre a fare que' leziosi omei, e che declinando alla sera della vita scrivea vergognando che per quell'Amore era divenuto favola al popol tutto; come non vi fu alcuno che gli dicesse: E perchè dunque non amasti tacendo? Perchè non taci almeno ora ? Un eloquente sogghigno sarebbe stata forse l'unica risposta a questa domanda.

Quand' anche non sapessimo ancora che cosa fosse un tale Amore; quand' anche non avessimo della sua fallacia tante pruove, e della sua natura tanta dimostrazione, nell'osservare in esso la cagione di stranezze e d'inconseguenze sì palpabili, dovremmo entrare in qualche sospetto che non è quello stesso che noi diciamo Amore. E qual ei sia apparirà sempre più ne' capitoli seguenti, che sotto varj titoli son pure una continuazione di questo.

CAPITOLO SETTIMO.

DELLE CHIAVI DEL GERGO.

RIENTRIAMO per un solo istante nelle scuole de' misteri pagani, e guardiamone il limitare e 'l santuario. Quell' ierofante che nel primo passo lega l'altrui intelletto con gli enigmi, quello stesso nell'ultimo con le spiegazioni il discioglie: sfinge

* E' il sette triplicato de' dottori trilingui, come vedremo.

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