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riunivano presso i presidenti e modificavano lo schema a seconda dell' osservazioni del maggior numero e di quelle fatte anco da un solo, se stimate buone e giuste. Lo schema così riformato era distribuito ai Padri e discusso novamente in Congregazion generale. Il segretario scriveva al solito le osservazioni: poi i Deputati si riunivano un'altra volta, e modificavano, colle norme indicate di sopra, lo schema, il quale di nuovo era presentato al comune esame. Così proseguivasi lo studio finchè non riuscisse trovare una formola che contentasse tutti o almeno la più gran parte. Quod toties fit (scrive il Massarelli), quousque vel ab omnibuș, si fieri potest (quod omni cura, studio ac diligentia præsidentes et Deputati procurant), vel saltem a longe maiori parte comprobetur 1.

Quando il più gran numero dei Padri disapprovava del tutto il proposto schema o un Capo di esso, i Deputati presentavano una nuova formola; e ciò, finchè non si giungesse a ottenere il suffragio di tutti o della parte maggiore 2. E

>> tissimam fuisse, id mihi fuit optimus testis: nam, in fine sanctissimi » Concilii et munificentia et iussu illustris simorum dominorum præsiden» tium, illud mihi dono perbenigne datum fuit, quod numquam animus. » excogitasset. Hæc dixisse volui, non sane ex animi elatione, sed ut potius nationem meam efferam, quæ non modo vulgari sermone, sed » etiam latina lingua prolationis dulcedine alias nationes (quod dictum » volo pace omnium) antecellat, atque operis mei diario aliquid adiun» gam testimonii, quod rei iam scriptæ una secum comprobet verita» tem » (Vedi il MARTÈNE, Veterum scriptorum et monumentorum historicorum, dogmaticorum, moralium amplissima Collectio, Parisiis, 1733, tom. VIII, col. 1222-23). Il Diario del Fola è così intitolato nella collezione Marteniana: Diarium actorum sacri Concilii Tridentini sub Pio IV pontifice, auctore Torello Phola de Puggio (leggi Puppio), cathedralis ecclesiæ Fesulanæ canonico.

1 Vedi il § VIII del Doc. LV.

2 La prudente economia osservata dai presidi del Concilio Tridentino, di fare ogni sforzo per ottener quasi unanimi le sentenze dei Padri, non pare che sempre andasse a verso di tutti, come io argomento da una lettera di monsignor Muzio Calini, arcivescovo di Zara, al cardinale Luigi Cornara, riportata dal Baluzio nella sua Miscellanea (ediz. di Lucca, 1761-64, tom. IV, pag. 333), ma ch' io trascrivo, nella parte

avvenne alcuna fiata che, prima di giungere a questo risultato, molti mesi passassero in dibattimenti; onde conveniva prorogare più e più volte le intimate Sessioni. Quod quidem aliquando, ob Patrum contentiones, adeo difficile factu fuit ut Decretorum expeditio ad multos menses, Sessionem iterum atque iterum prorogando, producta fuerit; aliquando etiam (producta) ita rei de qua agebatur gravitate expostulante: uti evenit in Decreto de iustificatione, cuius examinatio, omni licet diligentia ac studio suscepta quotidieque fere bis in die habitis Congregationibus, non nisi decimo mense absolvi potuit 1.

che mi bisogna, dal citato Diario, perchè più corretto, di monsignor Beccadelli; il quale, essendo stato per alcun tempo assente dal Concilio, riempi i vuoti della sua narrazione con gli appunti dell' amico Calini, ivi presente. Questi dunque, sotto la data del 13 settembre 1563, scrive: « Quello che si è dubitato da alcune settimane in qua, che oggi la Sessione non si dovesse fare, è finalmente riuscito vero. Tutti questi giorni i signori Legati hanno fatto molti uffizi per vedere se almeno si avesse potuto celebrare con i decreti del Matrimonio; e ogni diligenza ed uffizio loro è stato vano. La difficoltà è nata principalmente da questi matrimoni clandestini, li quali, sebbene di dugento Padri i centocinquanta hanno tenuto che la Chiesa possa e debba annullare, nondimeno l'autorità di cinquanta, che sono di contraria opinione, è stata di tanta forza che ha impedito, contro ogni ragione, la definizione di quest' articolo. La qual cosa, che è malissima per essere stata causa di prorogare la Sessione, dubito che nel tempo avvenire debba essere anco più dannosa per l'esempio, perchè potrà parere che la forma tenuta fin qui sempre dai Concili nel giudicare secondo la sentenza della maggior parte non sia legittima e sicura regola che debba essere servata in questi giudizi » (Op. cit., tom. II, pag. 121).

1 Vedi il § vi del Doc. LV. - I Legati pontificii lasciavano che i Padri si estendessero a lor grado nel dimostrare le ragioni delle loro sentenze: il che talora cagionava gran perdita di tempo, specialmente per le digressioni e gli argomenti intempestivi dei dicitori. Più e più volte i presidenti invitarono alla brevità, e respinsero da sè la taccia d'esser causa, essi, di proroghe delle Sessioni. « Cras (diceva ai Padri il Seripando, nell'assenza del cardinale di Mantova primo presidente, alla » fine dell' adunanza del 25 novembre 1562) iuxta decretum vestrum, » sanctissimi Patres, habenda esset Sessio, quæ quare non habeatur multi ex vobis nos Legatos et præsidentes accusant. Nos autem, ut hanc

Allora che i Deputati incontravano qualche grave difficoltà nell'eseguire il loro mandato, facean ricorso, nei tempi di Paolo III e di Giulio III, ad una ristretta congregazione di Padri, composta di coloro che in modo speciale coltivavano le dottrine teologiche e la cui autorità era grande appo il Concilio. Se neppur questi riuscivano a intendersi,

» maculam eruamus, nihil habemus, nisi ut culpam omnem in vos reiicia» mus. Nam sententiarum vestrarum, vel potius lectionum, prolixitas fa» cit ut non solum non potuerimus huc usque habere Sessionem, sed » nesciamus qua die eam habere possimus: de quibus sententiis mode» randis alias agetur. Dicam tamen quod, in lectionibus, prolixitas vitu»peratur; in sententiisque brevitas summopere laudatur. Nobis autem. >> in hoc omni studio elaborandum esset ut toti orbi christiano ostende» remus, nos non secundum carnem sed secundum spiritum ambulare. » Nam, ut inquit Paulus, si lites et contentiones inter vos sunt, nonne se» cundum hominem ambulatis? Parvam quidem spem concipere possu» mus de abusibus a populo christiano tollendis, si in hoc uno abusu » tam fœde labimur, ut tempus (quod est omnium rerum præciosissi>> mum) teramus in quæstionibus tam levibus et inutilibus. De tempore igitur Sessionis, propter has et alias causas, dum deliberaremus, nihil » certi statuere potuimus: propterea totum hoc onus in vos reiicimus. » Cogitavimus tamen, si ita vobis placeret, hanc prorogationem fieri posse » ad libitum sanctæ Synodi; quæ, si voluerit, brevi se expedire pote» rit; quod nos maxime optamus: sin autem, nos excusati erimus. Hoc >> unum certum est: si Patres, ut hactenus fecerunt, ea prolixitate in sen» tentiis dicendis usi fuerint, nihil profecto certi de die futuræ Sessio» nis deliberari potest. Dicant igitur Patres quid eis faciendum videatur » (Acta ecc. sub Pio IV, Pars II, c. 95t, 96).

Nella Congregazione del 2 dicembre dello stesso anno, il primo presidente ripetè l'esortazione alla brevità: « Ante omnia Patres vacare » debent brevitati sententiarum, si eas, quas dixi, materias paratas ha» bere volumus. Et licet nos sæpe de hac re admonuerimus Domina» tiones vestras, nihil tamen profuit admonitio nostra. Non cessabimus » tamen iterum vos admonere verbis Ecclesiastici: In multitudine presby» terorum noli esse loquax. Quod profecto fiet si extra rem Patres non » loquentur, et ea quæ ab aliis dicta sunt non repetent » (Ivi, c. 106). Simiglianti esortazioni furon fatte in altre adunanze allorchè era mestieri differire la celebrazione delle Sessioni per non essere stati detti tutti i pareri. Ciò avvenne, a modo d'esempio, nelle Congregazioni dei 16 e 30 dicembre 1562, e in quelle de' 15 gennaio e 3 febbraio 1563.

si portava l'affare dinanzi all' intero Sinodo; la qual cosa, nel terzo periodo del Concilio di Trento, faceasi addirittura, nel caso indicato di sopra, senza ricorrere alla ristretta congregazione summentovata.

Simile al metodo seguito nella discussione delle materie dommatiche fu quello tenuto per la riforma dei costumi. A

<< Pudet nos (diceva il cardinale di Mantova nell' adunanza del 15 gen» naio) a decimaseptima septembris usque ad hanc diem nullam habi» tam fuisse Sessionem >> (Ivi, c. 198 t). Può vedersi il Pallavicino in vari luoghi della sua storia, esempigrazia, lib. XIX, cap. IV, n. 7; cap. v, n. 7; cap. VIII, n. 7; ecc.

Ma prima di por fine a questa Nota mi piace riportare le parole del Seripando nella Congregazione del 16 dicembre 1562, e poi il lettore potrà da tutto questo dedurre come sia difficile, e forse impossibile, ottenere per via di persuasione da una numerosa assemblea la discrezione nel dire: « Illustrissimi et reverendissimi domini, clarissimi » Oratores, reverendissimi Patres, orandum est etiam atque etiam ut in » hac die, qui est dies ieiunii nostri, non inveniatur voluntas nostra; » non inveniatur, inquam, ut quisque amittat eam et eum derelinqua» mus Spiritum, quem paulo ante invocavimus. Memini me diebus præ» teritis egisse de tot prorogationibus Sessionis huius; meminique a me » et ab aliis dictum esse has prorogationes arguere lites et dissensio» nes, et innuere immobilitatem. Per has enim prorogationes quæsive» runt amici nostri quod laudarent, et non invenerunt: inimici quæsi> verunt quod vituperarent, et invenerunt. Memini etiam me dixisse. » tunc, ad tollenda hæc scandala et de nobis non bona iudicia, an vi» deretur diem non certum statuere, sed decernere ut is statueretur » qui sanctæ Synodo, post discussionem materierum quæ in Sessione » promulgandæ sunt, commodus videretur. Non placuit hoc Paternitati» bus vestris: quibus nos morem gessimus, ut semper facere soliti su» mus. Nescio quo die postea ab illustrissimo domino meo cardinali » Mantuano dies certus propositus est. Tuncque, post varias sententias, » tandem dies crastina pro Sessione celebranda statuta est. Insanirem » autem si disceptarem an die ipsa crastina Sessio haberi possit. Quid > ergo agendum? Dicam ego quæ mihi illustrissimi domini mei Legati » mandarunt, eaque quæ ab ipsis accepi proponam. Vellem tamen vos » in hac re esse præsidentes et Legatos, ut unusquisque proponeret quid » ei videretur. Si interrogaretur autem cur Sessio die crastina non ha» beatur, nos accusamus et accusamur. Ego autem non possum aliud di» cere quam alias dixi. Accusamur enim quod non reprimamus longitu

queste discussioni però non premettevansi le congregazioni dei teologi minori; ma si nominava una deputazione di Padri, cui davasi l'incarico di compilare un elenco degli abusi relativi a qualche punto di disciplina ecclesiastica, e si procurava che gli argomenti disciplinari corrispondessero via via a quelli che stavansi esaminando intorno al domma.

I Deputati presentavano alla Congregazion generale l'elenco da essi formato, sul quale aprivasi, col solito metodo, il dibattimento. Quindi si eleggeva una nuova Deputazione, o confermavasi l'antica, per istendere uno schema di Decreto, il quale era esaminato e discusso dai Padri col metodo espresso di sopra. A tempo di Pio IV, su questi schemi relativi alla riforma era chiesto talvolta, prima che ne fosse fatta la presentazione ai Padri del Concilio, il parere degli oratori de' Principi: idque (scrive il Massarelli) ea ratione fiebat, ut negocia citius et facilius expedirentur 1. È noto infatti di quante lungaggini e noie fosser causa nel Concilio di Trento le esigenze di tali personaggi.

Se poi la materia disciplinare non avea relazione con qualche domma da definirsi, i presidenti stessi mettevano insieme l'elenco degli articoli da presentare alla prima discus

» dinem sententiarum, prohibeamusque ne ea dicantur quæ extra rem » propositam sunt, sicuti maxima cum humilitate et patientia hactenus » persæpe audivimus: sed iuvat nos accusari de humilitate et patientia. » Sed dicam, profecto, quid opus erat tam longa oratione ab aliquibus >> residentiam necessariam ostendi? Quis enim id ignorat? quis id ne» gat? quis non millies hic id dictum audivit? Venit mihi in mentem » carmen, nescio cuius, Pastorem (Tytire) pingues pascere oportet oves. >> Dum cum ovibus vestris eritis, eas docete; non est opus ut nunc coe» piscopos vestros doceatis (neminem enim ignorare credendum est quæ >> sui muneris sint). Ea autem dicere in sententiis vestris tantum debe» tis, quæ circa rem propositam Spiritus suggesserit vobis. Nonne scie» batis cras habendam Sessionem? Quare ita dilatastis sententias vestras? Misereamini, Patres, et vestrum et nostrum; misereamini, Patres, ite» rum dico, et vestrum et nostrum >> (Ivi, c. 144-45).

1 Vedi il § VIII del Doc. LV.

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